I MOLTEPLICI RAPPORTI TRA PIANTE E INSETTI

di Dante Iagrossi

Il lungo percorso della vita sulla Terra è contrassegnato da una fitta rete di relazioni tra le varie specie, solo in parte esplorata, anche perché molti organismi risultano estinti (e tanti altri ancora da scoprire). Storie straordinarie e insospettate di amicizie serrate, scontri micidiali e camuffamenti astuti, determinate dalla continua lotta senza esclusione di colpi per l’esistenza. Un testo uscito di recente davvero illuminante ed accessibile è “Piante e insetti”, di due coniugi pugliesi, Nicola Anaclerio e Maria Elena Rodio, entrambi docenti di Scienze. I rapporti complessi e variegati tra vegetali ed insetti sono esplorati in maniera rigorosa, ma divulgativa, con spunti divertenti, mediante un’opportuna suddivisione, un buon numero di esempi significativi e con bei disegni.

L’evoluzione dei viventi, iniziata nel brodo primordiale, ha poi visto l’affrancamento dalle acque marine per arrivare alle piante terrestri ed agli insetti, che via via hanno sviluppato stretti legami tra loro e particolari adattamenti alle condizioni specifiche dei vari ambienti.

Fondamentale il viaggio di Darwin, che dalle molte osservazioni trasse i concetti-base e le prove decisive per la sua teoria sull’evoluzione dei viventi per selezione naturale, esposti nelle opere fondamentali “Origine delle specie” ed “Origine dell’uomo”, che all’epoca, metà 800, fecero davvero un gran polverone, contraddicendo alle tesi creazioniste della Chiesa ufficiale.

Orchidea cometa

Ma Darwin è stato anche un grande e appassionato botanico, che scoprì nuove specie vegetali e ne studiò anche la riproduzione. Egli intuì tra l’altro che l’Orchidea cometa del Madagascar, avendo uno sperone molto lungo, di ben 25 cm, doveva essere impollinata da una farfalla dotata di una spiritromba di lunghezza analoga, che poi fu effettivamente scoperta: la Sfinge di Morgan.

Senza le api ed altri insetti non sarebbe possibile l’impollinazione del 70% delle nostre coltivazioni: i fiori delle piante offrono nettare agli insetti amici, che in cambio, come postini ricompensati con dolcetti, imbrattandosi di polline, provvedono alla loro impollinazione incrociata.

Eppure ci sono tanti insetti che si nutrono di varie parti delle piante, cioè di linfa (afidi, cimici e cocciniglie), foglie (cavallette, farfalle), e legno (punteruolo delle palme, larve di farfalle e coleotterri, termiti). Inoltre vari insetti attaccano derrate di cibo sia vegetale che animale.

Ma le piante non restano certo passive all’attacco degli insetti nemici: adottano notevoli e specifiche strategie difensive, di tipo meccanico e chimico. Alcune arrivano persino ad allearsi con i nemici dei loro predatori, offrendo ad esempio a certe formiche alloggio e cibo, cioè nettare extrafoliare, con proprietà di droghe, capaci cioè in qualche misura di renderli persino dipendenti.

Addirittura le piante carnivore hanno creato varie strutture subdole ed efficaci per attirare gli insetti e nutrirsene, assimilando da essi un necessario apporto di azoto, che invece scarseggia nel loro ambiente. La Dionea muscipla possiede foglie composte da due lobi (ai bordi dei quali ci sono prolugamenti spinosi), che posseggono una sostanza zuccherina: tagliole che si chiudono a scatto, appena l’insetto tocca un paio di peletti sui lobi. Le Drosere, con circa 200 specie, presenti anche in Italia, invece sono dotate di foglie a racchetta di ping pong o molto sottili, tipo spaghetti. La Sarracenia e la Nepenthes presentano foglie tubolari, ascidi, eretti e penduli, anche di 50 cm di profondità, dalle pareti molto lisce: gli insetti, attratti e storditi dal nettare dolce e alcaloidi sul bordo, scivolano sul fondo, dove un liquido ricco di enzimi digestivi che ne consumano il corpo. Molti insetti sono veri e propri maestri di mimetismo, per difesa da predatori, di cui esistono varie forme:

batesiano (di inganno): mosche e farfalle che imitano vespe, o che producono feromoni di api;

muleriano (di avvertimento): colori vistosi, giallo, rosso e nero, per accenturare la pericolosità;

criptismo: insetti con colori e forme del corpo che sembrano foglie, fiori e rametti. L’esempio più noto è l’insetto stecco, che spesso non si riesce a distinguere sulle piante dove si trova.

Insetto stecco su rametto

La Biston betularia, falena delle betulle, si è in qualche modo evoluta grazie alla rivoluzione industriale inglese: inizialmente di colore chiaro sui tronchi bianchi, al loro progressivo annerirsi per fuliggine, dovuta all’inquinamento atmosferico, in pochi anni hanno mostrato una variante scura per mimetizzarsi meglio. A loro volta, varie piante hanno adottato mimetismo d’inganno per favorire l’impollinazione: con odori putrescenti attirano ditteri (Arum, Aristolochia, Amorphophallus), altre che imitano vespe femmine per attirare i maschi, che così si imbrattono del loro polline (Ophrys bombyflora). Altre piante ancora addirittura sembrano sassi.

Purtroppo vari insetti sono dannosi per alberi e piante coltivate e l’uomo ha dovuto ricorrere a molti tentativi chimici per cercare di annientarli; questi però sono stati piuttosto negativi per l’ambiente e la nostra stessa salute. Quindi si ricorre da tempo all’agricoltura biologica, con insetti predatori di quelli nocivi,o a piante transgeniche, più resistenti.

Negli ultimi tempi molto grave è risultata anche la decimazione di ulivi pugliesi ad opera di un batterio, la Xylella fastidiosa, veicolata da un insetto, la sputacchina, con stadi giovanili immersi in massa schiumosa. Da un lato si sta cercando di limitarne l’epidemia, insieme ad un costante monitoraggio, dall’altro si ricorre a varietà di olivo resistenti geneticamente al batterio, come la Leccino. I risultati sono promettenti.

Comunque sia le piante che gli insetti ci possono aiutare a proteggere, a migliorare il nostro ambiente di vita e persino il nostro modo di alimentarci. Ormai già ben due miliardi di persone si nutrono di 1900 specie di insetti, come cavallette, formiche, larve di lepidotteri e coleotteri: se noi occidentali superiamo un certo disgusto iniziale, potremmo abituarci anche alla “carne” di cavalletta, poverissima di grassi e ricca di proteine, sali minerali e vitamine!

Alla fine, in ogni caso, dobbiamo renderci conto che le piante e gli insetti sono fondamentali per la nostra sopravvivenza e quella degli altri organismi. In natura, infatti, tutti i viventi sono collegati e interdipendenti tra loro. Nel caso di insetti particolarmente nocivi, bisogna adottare strategie adeguate e non controproducenti, che molto spesso è la natura stessa ad offrirci. Fonti fotografiche: https://www.ibs.it/ In stock/ https://www.euganeamente.it/ https://www.teleambiente.it/ .

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Video su LOTTA BIOLOGICA:

Dante Iagrossi, Caiazzo

Le sputacchine (Philaenus spumarius)

Sputacchina_01     Le sputacchine costituiscono una famiglia di alcune specie di insetti dell’ordine dei Rincoti. Quella delle foto è la sputacchina media (Philaenus spumarius).
Gli adulti producono le uova nel periodo estivo che depositano nella cortecce degli alberi dove, protetti, passano l’autunno e l’inverno. In primavera le larve si portano sulle piante erbacee e attraverso un apparato boccale pungente e succhiante si nutrono della loro linfa.
Sputacchina_02     In primavera le larve di questi insetti solitamente si proteggono con piccoli ammassi di schiuma (da cui il nome) che producono con ghiandole presenti nella regione addominale. Il liquido prodotto, che uno scarto dell’alimentazione, viene arricchito d’aria rilasciata dalle aperture bronchiali e assume l’aspetto schiumoso. L’adulto si muove saltando e ha dimensioni variabili dai 3 ai 12 millimetri, la specie spumarius è lunga circa 5 mm. Possono causare danni a piante ornamentali e orticole, ma spesso si trovano anche sull’erba dei campi incolti. Quindi non hanno una precisa pianta ospite ma possono “attaccare” molte tipologie di piante erbacee.
Sono insetti che passerebbero inosservati se non producessero la caratteristica schiuma che imbratta le piante rende invisibili e protegge le larve dai predatori e soprattutto dall’evaporazione, mantenendo l’ambiente delle larve con un’umidità elevata e una temperatura più bassa rispetto a quella dell’aria e delle superfici erbacee non coperte dalla schiuma.
Philaenus_spumarius adulto     Gli adulti possono essere vettori di alcune malattie delle piante: in Puglia è stato segnalato come uno dei possibili vettori della Xylella fastidiosa che ha colpito duramente gli ulivi di alcune zone del Salento.
Foto realizzate a San Gillio, nel torinese.
Video:
Le sputacchine e la Xylella, TGR PugliaSputacchina, di Romeo Trevisan, YouTube.

SOS ulivi: arginare la diffusione della Xylella fastidiosa

     Come capita spesso, piove sul bagnato. L’annata 2014 per l’olivicoltura è stata una delle peggiori degli ultimi decenni, con una netta diminuzione della produzione. Non bastava l’attacco di Xylella fastidiosa che sta falcidiando gli olivi del Salento, in Puglia; l’annata particolarmente piovosa ha facilitato la diffusione della mosca Bactrocera oleae. Questo parassita ha praticamente dimezzato la produzione di olive e olio nell’Italia centrale.

     In queste Regioni però il problema della mosca olearia è temporaneo, stagionale, ben diverso dalla gravità degli attacchi di Xylella che rischiano di distruggere o far abbattere gran parte degli ulivi anche secolari della Puglia. La Xylella fastidiosa è un batterio (in realtà sono diverse varietà di batteri) che attacca l’ulivo e le viti, in grado di spostarsi su altre specie di piante, veicolato da alcuni insetti, soprattutto Philaenus spumarius. Come agisce la Xylella? Prolifera e si diffonde nei vasi xilematici delle piante colpite e li ostruisce fino a provocare la morte dei rami ad essi collegati.

     Il batterio è arrivato da pochi anni in Europa, si pensa nel 2008, determinando l’imbrunimento delle chiome e la conseguente morte delle piante colpite. Da una parte, il calo della produzione di olive ed olio ha determinato un aumento dei prezzi per i consumatori, dall’altra la rapida diffusione del batterio patogeno nel Salento sta cambiando il paesaggio delle zone colpite: decine di migliaia di ulivi morti, motoseghe che lavorano a pieno ritmo per l’abbattimento di quelli colpiti dall’epidemia.

     Per arginare l’infezione o ridurne la velocità di diffusione e consentire la ricerca di efficaci metodi di prevenzione e cura (oggi non ne esiste alcuna) delle piante colpite, alcuni comuni hanno deciso di eliminare le piante infette o in fase di infezione, con specifiche ordinanze. Si tratta di un piano anti-epidemia predisposto dal commissario Giuseppe Silletti che ha ricevuto il benestare delle varie Istituzioni e un finanziamento di circa 13 milioni di euro, da attuare fino al prossimo otto agosto.

     La zona definita infetta, più una zona “cuscinetto”, corrisponde al territorio di tutta l’ex Provincia di Lecce. Sperando che gli abbattimenti da una parte e i trattamenti chimici contro gli insetti che lo trasmettono dall’altra, siano efficaci. Le conseguenze di queste decisioni sono drammatiche sulle popolazioni che vivono di olive, olio e turismo, sul bellissimo paesaggio del Salento, ma non intervenire farebbe estendere il dramma al resto della Puglia e progressivamente alle altre Regioni.

     Intanto i centri di ricerca fitosanitaria si stanno attivando per cercare possibili rimedi chimici e biologici, per sperimentare l’utilizzo di varietà di piante autoctone e verificare se sono resistenti al batterio parassita. La riduzione della biodiversità agricola degli ultimi decenni purtroppo facilita la diffusione di eventuali specie dannose. Tra le pratiche agricole utili a contrastare la diffusione dei vettori del batterio si suggerisce anche l’aratura dei campi delle zone infette, o sospettate di essere infette, in tempi brevi. Sono stati predisposti anche interventi a base di insetticidi entro il 30 maggio e entro il 30 luglio. Il contrasto dell’epidemia potrebbe richiedere anni, anche perché alcuni ritengono che sia meglio non fare nulla, aspettando che la natura stessa permetta di sviluppare una resistenza nelle piante colpite. Mi ritorna in mente la diffusione della “grafiosi dell’olmo” della seconda metà del secolo scorso, provocata dal fungo ascomicete Ophiostoma ulmi che ha portato alla morte in Italia del 100% degli esemplari adulti di olmo campestre (Ulmus campestris, U. minor). Sopravvivono le piccole piante, arbustive e alcune specie esotiche, tra cui l’olmo siberiano, Ulmus pumila,utilizzato nelle alberate urbane e nei parchi.

     L’olmo però non ha la stessa importanza economica, paesaggistica, affettiva e agro-forestale dell’ulivo, perciò si spera che per difendere gli ulivi e le viti si attivi la ricerca di rimedi efficaci e che si pongano subito in atto idonee pratiche di prevenzione. Intanto la domenica delle palme, il prossimo 29 marzo, nel Salento sarà celebrata senza i tradizionali ramoscelli di ulivo, per non facilitare la diffusione del contagio.

Per approfondire: Opuscolo della Regione Lazio sulla Xylella fastidiosa .

Opuscolo della Regione Toscana .

Video:Zona di Parabita; video tutorial di Coldiretti Puglia;

In alto: foglie e rameti di ulivo sani; sotto: foglie, rametti e frutti secchi a causa della Xylella.