Zero termico a quota troppo alta

La recente alluvione in Emilia Romagna, con due morti, centinaia di sfollati e milioni di danni non deve trarre in inganno: i problemi della siccità, della progressiva regressione dei ghiacciai e dell’aumento globale della temperatura persistono. Le scarse precipitazioni in alcune Regioni italiane, Piemonte in testa, negli ultimi due anni hanno provocato una carenza idrica senza precedenti. Il livello medio di fiumi e laghi è molto al di sotto della media degli ultimi decenni in qualunque stagione lo si consideri. Questo problema delle acque superficiali si ripercuote sulle acque sotterranee, le falde acquifere, che si abbassano progressivamente e si ricaricano in modo parziale e con difficoltà. Tanto che anche in montagna non sono poche le sorgenti che non emettono più acqua.

Non va certo meglio per i ghiacciai. I flussi meridionali di aria calda anche in quota, in ogni stagione dell’anno, sono stati accompagnati da cambiamenti di pressione atmosferica e soleggiamento più elevato sia sugli Appennini che sulle Alpi. L’effetto combinato di questi fattori, unito a moti verticali di masse d’aria discendenti che comprimono e riscaldano ulteriormente l’atmosfera, ha accelerato la fusione dei ghiacciai alpini come non si era mai visto negli anni precedenti.

ARPA Piemonte spiega cos’è lo zero termico

Il ghiaccio che fonde e si perde alimentando piccoli rigagnoli lungo il fronte glaciale (bacino ablatore) non è compensato, se non in minima parte da quello che si riforma nel bacino collettore, la zona in cui si verifica l’accumulo di neve che poi per compattazione e ricristallizzazione dà origine al ghiaccio.

Le condizioni climatiche descritte, soprattutto nei mesi estivi degli ultimi anni, hanno spinto lo zero termico (la temperatura di 0 °C) sempre più in alto. Fino ad una decina d’anni fa lo zero termico sulle Alpi era tra 3.000 e 3.200 metri di quota. Negli ultimi anni, le misurazioni dei parametri meteorologici in quota con i radiosondaggi hanno fornito dati drammatici. Nella cartina di sinistra (dati ARPA): Lo zero termico in Piemonte lo scorso 3 marzo, in inverno, ovunque oltre i 1.500 m.

L’Aeronautica Militare, con il suo Reparto per la Meteorologia (che ha consentito anche il logo e il link per le previsioni del tempo a questo blog, vedi la colonna di destra), effettua continue misurazioni automatiche di questo tipo presso gli aeroporti e le località di: Trapani, Galatina, Decimomannu, Pratica di Mare, Rivolto e Cameri. A questi dati si aggiungono quelli rilevati da palloni sonda provvisti di sistemi di raccolta dei parametri atmosferici (temperatura, pressione, umidità, velocità e direzione del vento) che, grazie a localizzatori GPS, inviano alle stazioni operative al suolo anche l’ora e la località.

Le rilevazioni dello scorso luglio hanno certificato che lo zero termico è salito oltre i 5.000 metri di quota! In particolare il 31/07/2022 lo zero termico risultava a 5.206 metri sul livello del mare, una quota mai registrata in passato per l’Italia. Anche in Alto Adige lo scorso agosto 2022 lo zero termico era a 4.400 metri di quota. Crediti immagine: https://www.altoadige.it/ . Vedi anche Libero Scienza.

Il problema dell’innalzamento dello zero termico non è solo italiano ma riguarda anche gli altri Paesi e gli altri Continenti. Un allarme estremamente preoccupante, una delle tante conferme del surriscaldamento globale in atto e dei mutamenti climatici correlati.

Documentario: Serpenti e uomini della Val Grande

La Val Grande è un parco nazionale situato in Piemonte ed è anche una Zona Speciale di Conservazione di livello europeo perché ospita specie di notevole interesse naturalistico.

Saettone

Qualche mese fa Marco Tessaro, autore di numerosi documentari, per conto del Parco Nazionale della Val Grande, ha realizzato il documentario “Serpenti e uomini della Val Grande”, selezionato anche da prestigiosi festival internazionali. Il documentario, oltre a descrivere caratteristiche e comportamenti di alcune specie di serpenti dell’area del parco, riprende e propone al pubblico gli antichi saperi della gente di montagna della zona, in parte comuni a quasi tutte le borgate alpine del nordovest d’Italia. Quest’estate è stato selezionato e proiettato con grandi apprezzamenti anche al Gran Paradiso Film Festival. Lo scorso settembre, il documentario è stato anche inserito tra le proiezioni del Carpathian Mountain International Film Festival e Eho Mountain Film Festival in Ucraina.

Al documentario ha contribuito come referente scientifico Lorenzo Laddaga, un Naturalista esperto in erpetologia, che ha condotto diverse indagini sul territorio della Val Grande. Crediti: http://www.parcovalgrande.it/ . Ecco il video (durata 15 min.),

“Il futuro dei ghiacciai: Dal passato per i prossimi 100 anni”

mappa-ghiacciaialpini-italiani     Si tratta di un Simposio Internazionale al quale stanno partecipando i maggiori esperti mondiali di glaciologia. Si sta tenendo in questi giorni (18-21 settembre) a Torino in varie sedi. È stato organizzato per celebrare i 100 anni di pubblicazione del Bollettino del Comitato Glaciologico Italiano. Il tema del futuro dei ghiacciai è quanto mai attuale: molti ghiacciai alpini rispetto ad un secolo fa hanno dimezzato la loro massa, altri sono addirittura scomparsi.

Ma cos’è un ghiacciaio, quali sono i suoi elementi e come si forma? Sono masse di ghiaccio che si ottengono dalla compressione e dalla successiva trasformazione della neve che si accumula in alta quota alle nostre latitudini oppure anche a livello del mare a latitudini elevate, nelle zone polari. I ghiacciai si formano quindi in quelle zone dove il calore estivo non è sufficiente a determinare la fusione di tutta la neve accumulata nel periodo invernale. La neve fresca a mano a mano si compatta, seppellita da altri strati sovrastanti, fino a trasformarsi in nevaio, dove la percentuale d’aria contenuta, in volume, scende dal 90% al 20%. Perciò i ghiacciai si alimentano al di sopra del limite delle nevi persistenti. Viceversa, il loro ghiaccio fonde nelle zone più basse, nelle lingue glaciali che scendono sotto questo limite (zona di ablazione). La “vita” di un ghiacciaio è regolata dal rapporto tra la quantità di ghiaccio che annualmente si forma nella zona di alimentazione e la quantità che si scioglie nella zona di ablazione.

Gran_Pilastro_Glacier     Se il bilancio tra accumulo e fusione è in equilibrio, si ha un periodo stazionario. Se il bilancio è positivo si ha un maggiore accumulo e si parla di “glacialismo in progresso”, in caso contrario il glacialismo è in regresso ed è ciò che sta capitando ininterrottamente almeno negli ultimi trent’anni. Limitando il discorso ai ghiacciai montani, in Italia secondo alcuni dati, dagli inizi del 1900 ad oggi i ghiacciai alpini e appenninici italiani hanno subito una diminuzione di massa almeno del 40%.

Alcuni elementi caratteristici dei ghiacciai sono i crepacci e i seracchi. I primi si formano quando il ghiacciaio, nel suo lento ma continuo movimento verso valle determinato dalla gravità e dal suo stesso peso, deve superare un “dosso” presente nella valle in cui scorre: in superficie il ghiacciaio si inarca e si fessura più volte. A seconda delle caratteristiche della valle, le fessurazioni possono essere sia longitudinali che trasversali. I crepacci costituiscono, insieme alle valanghe, il maggiore pericolo per gli alpinisti. I seracchi sono blocchi irregolari e verticali di ghiaccio che si ottengono dai crepacci che si intersecano.

Spesso dalla lingua glaciale esce un corso d’acqua subglaciale, prodotto dalla fusione del ghiaccio. Con il loro incessante movimento verso il basso, i ghiacciai erodono le valli in cui scorrono sul fondo e lateralmente. L’azione erosiva dei ghiacciai o esarazione determina il distacco di detriti rocciosi anche di grandi dimensioni. Questi detriti si accumulano formando morene centrali e laterali che costituiscono lunghi cordoni trasportati più in superficie, morene di fondo che poi concorrono alla formazione delle morene frontali, un cumulo di detriti proprio di fronte alla lingua glaciale. Il continuo accumulo di detriti nelle morene frontali spesso nei millenni ha portato alla formazione degli “anfiteatri morenici” con un pendio più ripido verso la parte montana. Esempi di evidenti, antichi anfiteatri morenici si osservano ad Ivrea e a sud del lago di Garda.

L’ultimo catasto dei ghiacciai italiani è del 1989, realizzato per mezzo della restituzione fotogrammetrica digitale di fotografie aeree dell’arco alpino completo, sulla base del “Volo Italia 1988-89”.

Per chi vuole approfondire: Confronto tra i ghiacciai alpini censiti nel 1958 e quelli del 1989.

Breve video di TGcom24 (Paolo Brinis)

 

Muse, museo scientifico d’avanguardia

profilo_umano_Angrogna-280x300     Muse è il nuovo museo della scienza di Trento, con una superficie di oltre dodicimila mq articolati su sei piani di un palazzo di vetro e cemento progettato dallo studio dell’architetto Renzo Piano.

     La mission del Muse, come si legge dal sito web http://www.muse.it,

è di interpretare la natura, a partire dal paesaggio montano, con gli occhi, gli strumenti e le domande della ricerca scientifica, cogliendo le sfide della contemporaneità, invitando alla curiosità scientifica e al piacere della conoscenza per dare valore alla scienza, all’innovazione, alla sostenibilità.”

     Questo particolare museo propone attività didattiche per le scuole, ricerche sul campo, proposte di divulgazione scientifica e formazione, anche per i docenti. Circa quaranta studiosi delle varie branche della Scienza lavorano stabilmente in questo museo che ha ben poco di tradizionale. I settori della ricerca sono tutti affascinanti: Botanica, Limnologia ed Algologia, Zoologia degli Invertebrati ed Idrobiologia, Zoologia dei Vertebrati, Biodiversità tropicale, Geologia, Preistoria.

Chi è interessato troverà informazioni più dettagliate sul sito, in particolare nelle schede: Visita, Esplora, Impara, Partecipa.

Nella foto: un profilo “umano” nelle rocce del comune di Angrogna, sulle Alpi Piemontesi.

 

Il CAI ha compiuto 150 anni

     Il Club Alpino Italiano è un’associazione nata poco dopo l’unità d’Italia. Da allora promuove e coordina scuole di alpinismo, seleziona guide alpine, si occupa della costruzione e manutenzione di sentieri e rifugi alpini, difende l’ambiente naturale, cura il soccorso alpino, si occupa di spedizioni in varie parti del mondo, pubblica materiali relativi al tema della montagna. All’art. 1 del suo statuto si legge che “Il Club alpino italiano (C.A.I.), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.”

     Il suo fondatore (1827-1884), oltre che politico (ricoprì per tre volte l’incarico di ministro delle finanze con severità) e ingegnere è stato anche uno scienziato, riconosciuto soprattutto per i suoi studi di matematica e geologia.

     In tutt’Italia sono state previste molte manifestazioni per festeggiare questa speciale ricorrenza, alcune ci sono già state, altre si terranno nei prossimi mesi.

     La sede sociale del CAI, con gli archivi storici, la biblioteca nazionale e il museo nazionale della montagna è a Torino, mentre la sede legale è a Milano. Il Club pubblica in formato cartaceo il mensile Montagne 360° e in formato elettronico Lo scarpone on-line.

Per saperne di più: http://www.cai.it/  http://www.museomontagna.org/it/home/index.php

Per consultare lo statuto: http://www.cai.it/uploads/media/Statuto_CAI_.pdf

Per consultare la mappa delle centinaia di sezioni nazionali e Gruppi locali: http://www.cai.it/index.php?id=477

Video di Giovanni Duca sull’impegno del CAI per la sicurezza in montagna.

L’immagine con lo stemma del CAI è stata tratta dal sito ufficiale ed è proprietà del CAI stesso.

 

ALP chiude

ALP-chiude-195x300      Dopo 288 numeri, 28 anni di attività e pubblicazioni, chiude anche la rivista mensile ALP, fondata nel 1985. Una rivista naturalistica, scientifica, per escursionisti. La casa editrice Vivalda che non ha mai ricevuto contributi pubblici, mentre alcuni “giornalini” legati a gruppi politici ne hanno ricevuti a iosa anche recentemente (vedi la “faccenda Lavitola”), non riesce a mantenere la pubblicazione.

È l’ennesima chiusura di una rivista a carattere scientifico-ambientale. Nei periodi di crisi, l’informazione e la formazione sono le prime ad essere tagliate. Del resto molte famiglie hanno anche problemi con le necessità primarie come l’alimentazione e la casa. Eppure c’è qualcosa di strano: sul sito http://www.alpmagazine.it/ compare ancora il link per abbonarsi e per gli acquisti.

Probabilmente a rendere difficile la sopravvivenza delle riviste scientifiche e a ridurre la vendita dei libri contribuisce anche la facilità di reperire informazioni, immagini e notizie in rete. Ma la bellezza di una buona rivista, i servizi giornalistici con ottime foto, la completezza e i controlli a cui vengono sottoposti i libri prima della pubblicazione, sono una garanzia che la rete ancora non può offrire. In Internet piuttosto bisogna fare molta attenzione ad accertarsi dell’attendibilità delle fonti, sia per i materiali di studio sia per eventuali acquisti.

Confesso che non è tra le riviste che acquisto o consulto con regolarità, lascia molto spazio alle arrampicate, alle escursioni e alla neve, cose in cui non sono bravo e a cui non ho mai dedicato molto tempo. Però dispiace che le montagne oltre ad aver ricevuto un’emorragia di abitanti, l’abbandono dei sentieri, delle borgate, dei terrazzamenti realizzati con i muretti a secco, vengano anche ignorate sul piano dell’informazione.

Ma come si sono formate le Alpi? Si tratta di un processo, durato milioni di anni, che non si può descrivere in poche righe. In generale però, le catene montuose e le pieghe di strati rocciosi che le accompagnano sono causate da un insieme di fenomeni che nel loro complesso prendono il nome di orogenesi. Questi fenomeni orogenetici nel corso della storia della Terra si sono verificati in più cicli. Quella che ha portato alla formazione delle Alpi si chiama orogenesi alpino-himalayana ed è avvenuta nel miocene e nell’oligocene. Ere e periodi in cui è suddivisa l’età della Terra e i fenomeni orogenetici saranno approfonditi in seguito.

In un prossimo post scriverò anche di un’importante iniziativa positiva, rivolta a potenziare ed arricchire alcune attività industriali ed economiche delle aree alpine europee.

http://it.wikipedia.org/wiki/Alp_(rivista)