Terremoto in Turchia e Siria

Alcuni anni fa ci fu un’altra triste occasione per scrivere della situazione geologia della penisola anatolica (vedi Turchia: tra terremoti e faglie, del 24 ottobre 2011). Le scosse sismiche devastanti che hanno colpito il sudest della Turchia e il nord della Siria lo scorso 6 febbraio, confermano la grande instabilità geologica di quest’area.

Si tratta di una regione in cui c’è il movimento reciproco di diverse placche: quelle più piccole (relativamente) dell’Anatolia e dell’Egeo, quella più grande arabica e quelle gigantesche Euroasiatica e africana. A causa dei diversi movimenti di queste placche, la Turchia si sposta verso ovest di alcuni centimetri all’anno lungo la faglia dell’Anatolia orientale, a causa della spinta della placca arabica verso nordovest.

Per chi avesse bisogno di un richiamo sull’argomento, secondo l’ormai consolidata teoria della tettonica a zolle (o delle placche), la litosfera, formata dalla crosta terrestre e dalla parte più esterna del mantello superiore, globalmente è divisa in una ventina di porzioni rigide, dette placche o zolle, che “galleggiano” sul mantello sottostante fluido. Lungo i margini di queste placche, le masse rocciose si muovono l’una rispetto alle altre sotto la spinta del “motore” costituito dai moti convettivi che avvengono nel magma del mantello. Sono possibili vari tipi di movimenti:

a) Movimenti divergenti, di allontanamento di una placca rispetto ad un’altra. A queste zone di “distensione” dei moti convettivi del mantello, in superficie corrisponde ad un esteso sistema di fratture che “taglieranno” la litosfera e, se questo avviene tra due zolle oceaniche si avrà la formazione di dorsali e l’espansione dei fondali oceanici.

b) Movimenti convergenti, di avvicinamento e scontro tra due placche. In questi casi si può avere la formazione di catene montuose (orogenesi) se lo scontro è tra due placche continentali, oppure la subduzione e la scomparsa degli oceani se una delle due placche è oceanica.

c) Movimenti trascorrenti, nei quali due zolle contigue scorrono orizzontalmente l’una rispetto all’altra. Non si consuma crosta né se ne forma di nuova, si parla di “margini conservativi” o trasformi e si ha un “semplice sfregamento” tra i margini delle placche interessate. La faglia trascorrente più famosa è quella di San Andreas in California.

La teoria della tettonica a zolle spiega in modo convincente una serie di fenomeni: la formazione e l’espansione degli oceani; la formazione delle catene montuose; la riduzione e la scomparsa degli oceani; la migrazione dei continenti; l’attività sismica e vulcanica.

Il terremoto che ha colpito Turchia e Siria e che, in base ai dati attuali, ha provocato almeno 42.000 morti, è stato particolarmente devastante a causa di vari fattori:

1. La sua intensità, la prima scossa è ha avuto magnitudo di 7,8 nella scala Richter e la seconda 7,5. Un terremoto decisamente “forte”, anche se non si tratta delle intensità più alte perché nel 1960 in Cile la magnitudo della scossa arrivò a 9,5 e nel 2004 in Indonesia arrivò a 9,3 e il terremoto fu seguito da un maremoto che provocò oltre 220.000 vittime.

2. La maggioranza degli edifici erano vecchi o, se nuovi, costruiti senza regole antisismiche e/o con materiali scadenti. Tanto che le notizie di cronaca che provengono dalla Turchia riferiscono di almeno un centinaio di costruttori arrestati, alcuni mentre tentavano di lasciare il Paese. Se poi si tratta di capri espiatori per coprire responsabilità politiche e amministrative ai livelli più alti dello Stato, non possiamo saperlo.

3. La protezione civile in Turchia e in Siria è decisamente carente e i soccorsi, dove ci sono stati, sono stati tardivi e non sempre efficaci, anche per la carenza di attrezzature specifiche. Ma nelle zone che è stato possibile raggiungere, sono arrivate squadre di soccorso internazionali con mezzi, farmaci, attrezzature da campo e personale specializzato da decine di Paesi, da ogni parte del mondo.

4. Molte aree della Siria sono sotto il controllo del cosiddetto “stato islamico” e ancora in guerra con il resto del Paese governato dal presidente Assad. In queste zone i soccorsi sono stati ben pochi e anche tanti che potevano essere salvati, sono rimasti sotto le macerie.

Tutta l’area della Siria colpita dal sisma purtroppo è controllata da fazioni politiche e militari diverse che renderanno difficili e problematici gli aiuti umanitari che possono arrivare soprattutto dai Paesi più ricchi.

Poema sul disastro di Lisbona

     Mentre l’uomo, con le sue guerre sparse per il mondo e con gli atti terroristici (l’ultimo a Istanbul in questa notte di passaggio tra il 2016 e il 2017), persevera nella sua distruzione e in quella delle altre specie e dell’ambiente, segnalo un poema su un fenomeno naturale, il terremoto di Lisbona del 1755, ritenendo che l’instabilità del pianeta richieda già abbastanza sforzi ed energie da non sprecare in guerre e guerriglie di vario tipo.

Poveri umani! e povera terra nostra! Terribile coacervo di disastri! Consolatori ognor d’inutili dolori! Filosofi che osate gridare tutto è bene, venite a contemplar queste rovine orrende: muri a pezzi, carni a brandelli e ceneri. Donne e infanti ammucchiati uno sull’ altro sotto pezzi di pietre, membra sparse; centomila feriti che la terra divora, straziati e insanguinati ma ancor palpitanti, sepolti dai lor tetti, perdono senza soccorsi, tra atroci tormenti, le lor misere vite.” 

     Inizia così il “Poema sul disastro di Lisbona” di François Marie Arouet de Voltaire (1694-1778), non un poema scientifico ma un testo di carattere storico e filosofico sui diritti umani, sul rapporto uomo-religione-natura. Secondo Francesco Tanini, che ha tradotto ed introdotto il Poema in italiano (Poema sul disastro di Lisbona, con introduzione di Francesco Tanini),  La tesi sostenuta da Voltaire è semplice (per noi che abbiamo da tempo assimilato, appunto, il suo pensiero): il male nel mondo non può essere opera di Dio, ché in tal caso non sarebbe un Dio buono e giusto, né può essere opera di altri, ché in tal caso non sarebbe un Dio onnipotente. Eppure il male esiste e ci dobbiamo fare i conti. Ma che il male appaia tale agli umani e che sia invece parte del bene universale, tesi ricorrente in certa teodicea e fulcro del pensiero leibniziano, è uno stravolgimento della realtà in quanto ne nega la sofferenza ed è un insulto a coloro uomini, donne, vecchi e bambini – che, senza alcuna colpa, sono stati schiacciati a Lisbona dalle pareti delle loro stesse case o sono stati, in generale, vittime delle leggi di natura. E se il Poema terminava ancora con una parola di speranza, Voltaire scriverà poco dopo il Candide, l’opera considerata il suo capolavoro letterario, in cui il suo pessimismo diverrà totale. Il male è rappresentato in tutte le sue manifestazioni possibili lungo l’avventura umana di Candide, così da rappresentare la più efficace denuncia del tutto è bene leibniziano, questa “filosofia crudele sotto un nome consolatorio” com’ ebbe a scrivere in una lettera del 18 febbraio 1756.”

     Propongo il testo (Fondazione Feltrinelli) e il fatto (il terremoto del 1755) perché già allora, nell’età dei lumi, molti si ponevano interrogativi sulle certezze asserite da filosofi e religiosi: la necessità e desiderabilità del dominio dell’uomo sulla Natura, sempre. Lo sfruttamento estremo delle risorse naturali senza una necessità, senza un reale bisogno, spesso con le guerre, da allora ha riguardato anche le fonti fossili di energia e l’immissione di inquinanti nell’ambiente.

     La recente elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti e le sue idee estreme e negazioniste sui problemi ambientali e sui cambiamenti climatici in atto, dimostrano quanto sia ancora lungo il cammino verso uno “sviluppo sostenibile”, rispettoso dei bisogni delle generazioni future e del ruolo attuale della Natura e della nostra instabile crosta terrestre.

     Sui terremoti, in pochi casi (Giappone, California) le politiche sono state lungimiranti e rivolte alla prevenzione di questi eventi catastrofici, con costruzioni di edifici adeguati a resistere alle scosse.

     Il Poema di Voltaire prende spunto da uno dei terremoti più catastrofici degli ultimi secoli. La magnitudo è stata stimata a posteriori fra 8,5 e 8,7 della scala Richter. Allora la scala Richter, basata sull’energia sprigionata dalla scossa sismica, non era ancora stata ideata: il geofisico statunitense Charles Richter la sviluppò nel 1935. Anche la scala Mercalli-Cancani-Sieberg che si basa solo sui danni provocati dal terremoto, perciò empirica, è successiva: 1883, con modifichenel 1902. Il terremoto di Lisbona del 1755 provocò almeno 60.000 morti, fino a 90.000 secondo altre fonti.

     Su Wikipedia c’è un’accurata descrizione del disastro che colpì la capitale portoghese , scritta dal famoso geologo scozzese Charles Lyell (1797-1875) che ebbe molta influenza anche su Charles Darwin e sulla pubblicazione de “L’origine delle specie”:  “Dapprima s’udì provenire dalle viscere della terra un rombo come di tuono, subito dopo una violenta scossa abbatté gran parte della città. Durante sei spaventosi minuti, morirono 60.000 persone. Il mare prima si ritirò, lasciando il molo e la riva a secco, con tutte le navi e le barche che vi erano ormeggiate, quindi tornò rombando, sollevandosi di quindici metri oltre il suo solito livello. …”  Crediti immagini: 1. Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ; 2. INGV Comunicazione ; 3. Semperinsima onlus

 

 

 


 

 

Terremoto di Rieti

     Questa notte l’Appennino dell’Italia centrale ha tremato ancora. Alcuni anni dopo L’Aquila, a poca distanza, altre faglie che caratterizzano tutta la catena montuosa appenninica hanno prodotto i loro effetti catastrofici: danni e morti.

     Gli Appennini hanno incominciato a formarsi circa 18 milioni di anni fa e la loro emersione dal Mar Mediterraneo, insieme alla deriva verso est di quella che sarebbe diventata la Penisola italiana ha portato anche alla formazione del Mar Tirreno e al progressivo restringimento del Mar Adriatico. Per la loro origine sottomarina, gli Appennini risultano formati dalla sovrapposizione di vari strati o “fette” di crosta terrestre. Come sempre capita, dopo l’emersione è continuato il sollevamento a causa della spinta della placca africana verso la Regione balcanica ed è iniziata l’erosione.

     La conformazione appenninica attuale risale a non più di 7-8 milioni di anni fa, con il progressivo accavallamento e “scollamento” degli strati di rocce sedimentarie che costituiscono queste montagne.

     I fenomeni sismici, associati alle faglie primarie e secondarie, determinate da questi incessanti e lenti movimenti geologici ci sono sempre stati e, purtroppo continueranno ad esserci. La Regione Appenninica è geologicamente molto attiva, come molte altre aree del Pianeta.

     Il terremoto di questa notte ha avuto epicentro nella zona dei comuni di Accumoli (Rieti) e Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) ed è stato determinato da forze “distensive” che, come il terremoto dell’Aquila, hanno interessato le faglie del complesso appenninico laziale-abruzzese e umbro-marchigiano. Il sisma è stato registrato alle ore 3 e 36′ italiane, la magnitudo è 6,0 (Scala Richter) e l’ipocentro risulta essere a circa 4 km di profondità. Ha interessato decine di comuni delle Province di Rieti, Macerata e Ascoli Piceno, ma è stato avvertito in tutta l’Italia centrale, con danni segnalati anche nelle province di L’Aquila, Perugia e Teramo.

     In queste ore la sequenza sismica continua, anche se è improbabile che si manifestino scosse di magnitudo pari o superiore a quella principale che si è già verificata.

Per maggiori informazioni e per consultare la tabella degli eventi sismici di questa notte: INGV terremoti.

Video del Corriere di Rieti sulla situazione di una zona ad Accumoli.

 

Disastroso terremoto in Nepal

     Placca Indiana contro la Placca Euroasiatica, questo è lo scenario in cui si inseriscono i frequenti e forti terremoti che caratterizzano la regione himalaiana. Una regione caratterizzata dalle più alte catene montuose del pianeta, formate dall’orogenesi alpino-himalaiana iniziata nel lontano mesozoico e proseguita fino ad oggi con movimenti non continui e non uniformi tra le varie placche coinvolte. In genere la maggioranza delle zone sismiche coincide con le aree dei principali movimenti tettonici recenti.

     Il sisma che ha colpito il Nepal e le zone circostanti si caratterizza per la magnitudo elevata, 7,9 della scala Richter, e per la scarsa profondità del suo “focolaio” o ipocentro, solo 2 km. Un ipocentro estremamente superficiale quindi, non frequente nelle zone di corrugamento recente, ma tipico ad esempio dei terremoti che scuotono “l’anello circumpacifico”.

     Tra le città colpite, numerosi danni e vittime vengono segnalati dalla rete internet nella capitale Kathmandu: danni e crollo di interi palazzi (compresa la famosa torre Dharahara, patrimonio Unesco) e alcune centinaia (forse migliaia) di vittime. Il sisma ha causato anche valanghe nella zona dell’Everest, spesso meta di turisti e scalatori.

 

Breve video dell’Agenzia Vista.


Credit immagine 1: www.aepect.org ; 2: www.vialattea.net ; 3: www.meteoweb.eu .

Iran: terremoti e petrolio

Iran_terremoto-300x300      L’altro ieri l’Iran e il Pakistan sono stati scossi da un forte terremoto con epicentro nel sudest dell’Iran. Il sisma ha avuto magnitudo 7,8 della scala Richter e ieri una delle repliche ha raggiunto i 5,7 gradi. A due giorni di distanza il bilancio delle vittime è ancora incerto perché le notizie fornite dalle autorità sono poche. La regione è montuosa e scarsamente abitata e i danni umani dovrebbero essere limitati, ma le costruzioni sono in prevalenza di mattoni e argilla, realizzate senza criteri antisismici.

La magnitudo indica che il sisma è stato il più forte almeno degli ultimi 50 anni. Gli iraniani ormai sanno di dover convivere con una notevole fonte di ricchezza qual è il petrolio e con l’elevata instabilità tettonica del loro territorio. Il numero di terremoti degli ultimi 50 anni e la loro magnitudo ci fa capire che questo Paese è ai primissimi posti nel mondo per sismicità. Infatti oltre a quello di questi giorni, partendo dal 1960 ci sono stati terremoti forti nel:

–        1962, magnitudo 7,2, ha provocato circa 12.000 morti;

–        1968, magnitudo 7,2, con 11.600 morti circa;

–        1972, magnitudo imprecisata, con 5.000 morti circa;

–        1978, magnitudo 7,7, ha provocato 25.000 morti circa;

–        1990, magnitudo imprecisata, circa 40.000 morti;

–        1997, due diversi sismi, magnitudo 7,1, circa 2.600 morti;

–        2003, magnitudo 6,6, circa 31.000 morti;

–        2006, magnitudo imprecisata, circa 26.000 morti.

Perché l’area è tanto sismica? In quella zona del pianeta, al confine con il Pakistan, convergono quattro grandi placche tettoniche: Euroasiatica, Africana, Arabica e Indiana. I loro movimenti agiscono in diverse direzioni e soprattutto le prime due sprigionano forze enormi. Per questo le faglie sismiche sono numerose e importanti. A tutto questo si aggiunge anche la preoccupazione del rischio nucleare perché l’Iran è sotto osservazione e sanzioni delle Nazioni Unite per le sue centrali nucleari, potenzialmente utilizzabili anche per scopi bellici. Ma sia l’AIEA, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, sia l’agenzia atomica russa che ha contribuito alla costruzione degli impianti, anche in quest’ultimo sisma hanno escluso che ci siano stati danni.

Video: http://www.youtube.com/watch?v=Crl81NYkNS4&feature=player_embedded

 

Le motivazioni della sentenza sugli scienziati

sismografo_moderno-300x224      Come avevo già scritto la sentenza non ha riguardato la Scienza ma alcune persone che, secondo i giudici, non hanno svolto appieno il loro lavoro. Oggi sono state depositate le motivazioni della sentenza sul terremoto dell’Aquila: 940 pagine per spiegare perché sette esperti della Commissione Grandi Rischi sono stati condannati.

Dalle notizie d’agenzia e di stampa che è possibile trovare, appare chiaro che le condanne non riguardano la mancata previsione del sisma che il 6 aprile del 2009 provocò 309 vittime e migliaia di feriti oltre a decine di migliaia di senzatetto, perché (scrive il giudice) “i terremoti non si possono prevedere”. Ma gli esperti parteciparono o avallarono “un’operazione mediatica” dell’allora Capo della Protezione Civile. Tecnici ed esperti perciò parteciparono ad un’opera di rassicurazione della popolazione che non poteva avere fondamenta scientifiche, con tragiche conseguenze. L’autorevolezza della fonte (la Commissione) ha rassicurato oltre ogni dubbio anche i più sospettosi che diffidavano delle dichiarazioni di chi ricopriva cariche istituzionali e politiche. Ci sono state “carenze nell’analisi del rischio” e “valutazioni approssimative e generiche”. La colpa degli scienziati quindi non riguarda affatto la mancata previsione del terremoto, infatti si legge: “Il presente processo non è volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validità sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non è sottoposta a giudizio la scienza per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6 aprile 2009.  … Il compito degli imputati, quali membri della commissione medesima, non era certamente quello di prevedere il terremoto e indicarne il mese, il giorno, l’ora, la magnitudo, ma era invece, più realisticamente, quello di procederealla previsione e prevenzione del rischio”. Domani sulla stampa se ne saprà certamente di più.

Riguardo ai tanti fatti accaduti a l’Aquila: superficialità, negligenze, risate di imprenditori e professionisti che pensavano agli affari sulle disgrazie della popolazione, falsi pianti (dalle intercettazioni risulta che veniva loro da ridere, ma qualche lacrima era necessaria perché l’evento terremoto doveva essere “uno spettacolo”) di alti rappresentanti del governo di allora, sulla morte di adulti e bambini, spero che gli italiani si indignino su tutto e non dimentichino, come accade spesso! La memoria di tanti di noi è decisamente “corta” se ripetono più volte gli stessi errori.

Nell’immagine: un moderno sismografo con un tracciato sismico (sismogramma).

 

Non è una condanna della scienza

Aquila_sentenza-300x258      Pur non conoscendo le motivazioni della sentenza (credo che non siano ancora state pubblicate) del tribunale de L’Aquila sulla condanna dei membri della Commissione Grandi Rischi, dopo qualche settimana, a mente fredda, si può fare qualche considerazione.

Innanzitutto è assolutamente improprio il paragone fatto su qualche sito e quotidiano statunitense o giapponese con la vicenda di Galileo. Credo che nessuno dei componenti della Commissione condannata abbia azzardato un simile paragone: quella di Galileo di 400 anni fa era un diverso modo di interpretare la realtà, il nostro pianeta, il Sistema solare di cui fa parte e l’intero Universo. Quella di oggi è una storia scaturita probabilmente dalla superficialità di qualche membro della commissione e/o di qualche funzionario che ha redatto il comunicato stampa incriminato, senza valutarne bene il contenuto e i termini utilizzati. La Commissione si riunì il 31 marzo 2009, una settimana prima del catastrofico sisma. Doveva valutare l’opportunità o meno di allertare la popolazione su eventuali, concreti rischi di forti scosse. Il risultato era stato una rassicurazione generale della popolazione, un invito inopportuno alla calma con la segnalazione dell’improbabilità di scosse di maggiore magnitudo e perciò devastanti. Purtroppo non andò così.

In altre condizioni, in altre Regioni d’Italia, rassicurazioni e posizioni caute di questo tipo a breve termine hanno funzionato: le numerose scosse di media e bassa magnitudo hanno rappresentato una liberazione graduale e continua di energia elastica accumulata dai margini delle faglie che hanno evitato scosse più forti. Ma non sempre è stato così nella storia degli eventi sismici, anche scosse ripetute di media magnitudo possono essere premonitrici dell’arrivo di una scossa forte o fortissima. Questo dipende da quanta energia è stata accumulata nel tempo, per scorrimento o per attrito nelle rocce del sottosuolo. Quanta sia quest’energia e qual è il punto critico di rottura di quelle particolari formazioni rocciose, oltre il quale si libera la scossa principale, non possiamo saperlo. In base alle conoscenze scientifiche attuali nessuno può saperlo. Non abbiamo gli strumenti tecnici, né modelli matematici per prevedere quando in una determinata area sismica ci sarà una scossa di magnitudo devastante per la popolazione e le costruzioni.

La stessa classificazione delle numerosissime aree sismiche del pianeta non è precisa, non lo è neanche quella italiana: si basa sugli eventi sismici che ci sono stati nel passato più o meno recente. La situazione geologica della Terra però è mutevole, i suoi fenomeni endogeni sono prevedibili solo in parte, non si può prevedere dove e quando si creerà una nuova faglia.

I componenti della Commissione non potevano prevedere quando ci sarebbe stata una scossa molto più forte delle solite. Nello stesso tempo, per gli stessi motivi d’incertezza e incompleta conoscenza dei fenomeni sismici e dell’entità delle forze che li determinano nel sottosuolo, non si poteva rassicurare la popolazione e gli amministratori cui spetta prendere decisioni, affermando che la forte scossa era improbabile o, peggio, non ci sarebbe stata.

Probabilmente la Commissione è stata condannata (ricordo che è solo il primo grado di giudizio) proprio su questo punto della comunicazione. Quindi la sentenza non riguarda i due massimi Sistemi: tolemaico e copernicano. Che poi, per un difetto di comunicazione di questo tipo sia stata data una pena eccessiva (sei anni di reclusione), è certo. In Italia chi ruba grandi patrimoni o specula sui materiali di costruzione che causano il crollo degli edifici, che sono la vera causa delle morti durante un sisma, spesso resta impunito e magari ride anche sulle disgrazie altrui. Purtroppo.

Uomini di scienza e tecnici dovevano dare informazioni più precise e complete, con un’analisi del rischio che contemplasse le varie possibili conseguenze dello sciame sismico che da settimane interessava l’Abruzzo. Non cattiva scienza e cattivi scienziati quindi, ma cattiva comunicazione. Probabilmente il tono rassicurante del comunicato stampa della Commissione è stato influenzato dall’allarme dato negli stessi giorni da Giampaolo Giuliani (vedi post).

Sarà interessante leggere con attenzione le motivazioni di una sentenza che ha fatto comunque scalpore nel mondo. Senza chiarimenti sui comportamenti e sulle responsabilità di tecnici, scienziati e amministratori, si potrebbe incappare per il futuro in facili allarmismi ad ogni minima scossa.

 

Terremoto in Emilia

terremoto_Emilia     Anche in questo blog, periodicamente ci ritroviamo a scrivere di eventi naturali catastrofici: terremoti, frane, alluvioni, eruzioni vulcaniche. Vedi alcuni post: Frane e dissesto idrogeologico; Nazca – Sudamerica: uno scontro titanico; Vulcani d’Islanda; Il colera dopo il terremoto; Terremoto e tsunami in Giappone; Turchia: tra terremoti e faglie; Anche la Pianura Padana trema; L’Etna dà spettacolo.

Perché sono fenomeni tanto frequenti? Contrariamente a quanto pensano alcune persone, il territorio è in continua trasformazione non solo a causa delle attività umane: cementificazioni varie, strade, autostrade, gallerie ecc. ma anche per cause naturali. Alcune lentissime: erosione del suolo, azione delle acque dei fiumi e dei ghiacciai (sempre più ridotti), bradisismi, azione della vegetazione, … Altre rapidissime, come i terremoti. Annualmente solo in Italia i sismografi registrano migliaia di terremoti, alcuni avvertiti solo dagli strumenti, altri anche dalla popolazione e nella stragrande maggioranza dei casi senza danni né vittime. Talvolta invece ci sono molti danni e vittime come nel 2009 a L’Aquila o stamattina alle 4,00 in Emilia con 6 o 7 morti, ma il numero potrebbe aumentare in modo significativo. Bisogna ribadire ancora una volta che non è il terremoto in sé a causare vittime ma è il crollo degli oggetti, degli edifici o di parti di edifici che travolge le persone. In alcuni casi, come a Messina nel 1908, il maremoto che segue il terremoto è ancora più catastrofico. Ogni volta che ci sono vittime vuol dire che non è stata fatta abbastanza prevenzione con le costruzioni. Ritornando al terremoto dell’Emilia di poche ore fa, bisogna dire che la zona interessata non è classificata a rischio sismico elevato ma a rischio medio. Infatti se scorriamo l’elenco dei terremoti italiani più catastrofici degli ultimi due secoli, non ne troviamo nessuno nella Pianura Padana.

1908 – Messina e Reggio Calabria, 123.000 vittime

1915 – Avezzano, 30.000 vittime

1857 – Salerno, 12.300 vittime

1805 – Molise, 5.600 vittime

1980 – Campania e Basilicata, 2.660 vittime

1883 – Casamicciola, 2.300 vittime

1930 – Irpinia, 1.400 vittime

1976 – Friuli, 1.008 vittime

1887 – Liguria, 640 vittime

1836 – Rossano Calabro, 590 vittime

1905 – Nicastro, 560 vittime

1954 – Cosenza, 470 vittime

1968 – Belice, 300 vittime

2009 – Abruzzo, 300 vittime

1832 – Crotone, 225 vittime

1907 – Ferrazzano, 170 vittime

1835 – Cosenza, 150 vittime

1870 – Cosenza, 135 vittime

1881 – Casamicciola, 120 vittime

1894 – Reggio Calabria, 110 vittime

1894 – Aspromonte, 100 vittime.

Naturalmente le vittime sono tutte uguali, l’elenco però ci aiuta a capire l’entità dei disastri. I terremoti più recenti provocano meno vittime anche perché disponiamo di maggiori conoscenze tecnologiche, si usano materiali da costruzione più resistenti e tecniche di costruzione antisismiche. Se dovessimo scegliere due termini per caratterizzare la crosta terrestre, suggerirei: dinamica e in evoluzione.

Per saperne di più sul terremoto dell’Emilia, sesto grado della scala Richter:

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/terremoto_in_emilia_almeno_sei_morti_decine_di_feriti_crolli_e_danni_enormi/notizie/197328.shtml

http://www.repubblica.it/cronaca/2012/05/20/news/forte_scossa_di_terremoto_in_veneto_paura_gente_per_le_strade-35512430/

http://video.repubblica.it/dossier/terremoto-emilia-20-maggio/torri-crollate-macerie-e-gente-in-strada-nell-emilia-colpita/95876/94258

Oppure cerca i numerosi video dei vari TG o quelli amatoriali postati su YouTube.

Anche la Pianura Padana trema

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

      Non si tratta di tremori dovuti al freddo o all’ondata di neve, attesa da molti e finalmente arrivata nel nordovest. Ma di tremori della crosta terrestre, scosse sismiche che, di tanto in tanto, ci ricordano che il nostro è un territorio decisamente attivo. Certo l’intensità delle scosse avvenute nella zona di Reggio Emilia e di Parma non è paragonabile a quelle potenziali che possono capitare nell’Italia centrale e meridionale o in Friuli ma bastano comunque per procurare allarme, danni e pericolo per la popolazione.

    Le scosse più forti registrate sono state di 4,9 gradi Richter il 25 gennaio nella provincia di Reggio Emilia e 5,4 gradi quella del giorno 27, il cui ipocentro ò stato individuato a circa 60 km di profondità in provincia di Parma.       Altre scosse di magnitudo inferiore (4,2 gradi) sono state registrate negli stessi giorni in provincia di Verona. Le scosse in pianura Padana sono frequenti ma di modesta magnitudo, rispetto a quelle un po’ più a Sud nell’Appennino Tosco-Emiliano. Secondo l’Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia,  “si tratta di un’attività sismica che è normale per quelle aree”. Tra il Friuli, le prealpi venete e la pianura si può individuare una linea di terremoti “storici” che si estende fino a tutta la riviera ligure di ponente.

     Per consultare l’elenco sismico italiano, aggiornato in tempo reale:

http://www.portaleabruzzo.com/nav/terremoti_elenco_1024.asp

     L’immagine è stata tratta dal sito di Geofisica e vulcanologia e rielaborata. Indica la mappa dei terremoti storici dell’Italia settentrionale con la scala delle relative intensità. Da un raffronto col resto d’Italia si nota che la zona Padana è decisamente meno a rischio di terremoti catastrofici.

    La cartina dell’Italia invece riporta i terremoti di magnitudo superiore o uguale a 2.0,  localizzati in Italia dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV e consultabile all’indirizzo: http://cnt.rm.ingv.it/earthquakes_map.html

    All’indirizzo http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/recenteqsww/  si può consultare la mappa dei terremoti nel mondo in tempo reale e notare quanto siano frequenti, ogni giorno.

 

Turchia: tra terremoti e faglie

anatolica01-281x300     Il recente, devastante terremoto nella regione orientale della Turchia, nella zona del lago di Van verso il confine con l’Iran, insieme ai numerosi altri sismi che si verificano sulla Terra ogni anno, ci ricorda che il nostro pianeta è attivo e ben lontano dalla stabilità. Le zone geografiche stabili dal punto di vista sismico e vulcanico sono ben poche. In Italia, ad esempio, si limitano alla Pianura Padana, al Salento e alla Sardegna. Le notizie d’agenzia riferiscono che i morti, a causa del terremoto di ieri, in Turchia sono alcune centinaia. Purtroppo è probabile che il numero dei decessi aumenti fino a qualche migliaia.

Dal punto di vista didattico questo sisma ci consente di ricordare due principali deformazione delle rocce: le pieghe e le faglie.

Le pieghe sono deformazioni plastiche che si manifestano soprattutto dove le rocce presentano una struttura stratificata, ad esempio nelle rocce sedimentarie. Non approfondiamo il discorso sulle pieghe perché non sono in relazione diretta con i terremoti.

Le faglie invece sono vere e proprie fratture della crosta. Sono deformazioni rigide delle rocce che si formano quando le forze tettoniche in gioco superano il limite di elasticità delle rocce stesse. Quando si forma una faglia, lungo la frattura ci sono scorrimenti e movimenti dei due blocchi ai lati della frattura. Le faglie possono essere raggruppate in tre grandi tipologie: faglie normali o dirette quando sono causate da forze distensive che generano un piano di faglia inclinato con l’abbassamento di un blocco rispetto a quello del lato opposto della faglia. Quando le forze che agiscono sulle rocce sono compressive, si può formare un piano di faglia, sempre inclinato, he tende però a spostare un blocco roccioso verso l’alto fino a sormontare parzialmente l’altro opposto: sono le faglie inverse. Un terzo tipo di faglie invece è caratterizzato da un piano di faglia pressoché verticale rispetto alla superficie terrestre, quindi l’inclinazione è di circa 90°. Si tratta delle faglie trascorrenti, nelle quali i due blocchi rocciosi scorrono lateralmente l’uno rispetto all’altro. La faglia nord-Anatolica, corresponsabile di questo e di numerosi altri gravi sismi della Turchia è proprio di tipo trascorrente.  Ma la faglia trascorrente più famosa del nostro pianeta è senz’altro quella di San Andreas in California, ben visibile per lunghi tratti sulla superficie. Le faglie generate dalle forze tettoniche in genere non sono isolate ma riunite in sistemi di faglie, con numerose altre faglie minori ed è quello che accade sia in Turchia che in California. Naturalmente le faglie non rimangono attive per sempre, in tempi geologici, ma rispetto ai tempi umani è come se fossero permanenti. Sappiamo però che esistono anche migliaia di faglie inattive. Il numero più elevato di sistemi di faglie si riscontra  sui fondali oceanici, lungo e lateralmente alle grandi dorsali oceaniche. Lungo queste dorsali, le faglie determinano una serie di fosse delimitate da pareti quasi verticali con blocchi delimitati da varie fagli e disposti quasi “a gradinata”. Ritornando alla faglia trascorrente nord-Anatolica, la sua formazione risale a circa 15 milioni di anni fa, al Miocene, ed è lunga oltre 1000 km. Separa la placca euroasiatica dalla più “piccola” placca anatolica ed è disposta in modo quasi parallelo alle coste  del Mar Nero. Verso est, la nord-Anatolica si congiunge con un’altra grande faglia trascorrente: la Est-Anatolica (probabilmente anch’essa, se non la principale responsabile di questo sisma) che, a sua volta si congiunge verso sud con la faglia trascorrente del Mar Morto, in Palestina. In tal modo la placca anatolica è collegata a quella araba. I terremoti e le deformazioni che interessano la Turchia, sono generati in gran parte da queste due grandi faglie, a nord e ad est, con i loro sistemi secondari.

L’immagine è stata tratta da http://ppecile.blogspot.com/2010/03/la-turchia-si-trova-in-mezzo-allo.html e poi ridimensionata.