Poema sul disastro di Lisbona

     Mentre l’uomo, con le sue guerre sparse per il mondo e con gli atti terroristici (l’ultimo a Istanbul in questa notte di passaggio tra il 2016 e il 2017), persevera nella sua distruzione e in quella delle altre specie e dell’ambiente, segnalo un poema su un fenomeno naturale, il terremoto di Lisbona del 1755, ritenendo che l’instabilità del pianeta richieda già abbastanza sforzi ed energie da non sprecare in guerre e guerriglie di vario tipo.

Poveri umani! e povera terra nostra! Terribile coacervo di disastri! Consolatori ognor d’inutili dolori! Filosofi che osate gridare tutto è bene, venite a contemplar queste rovine orrende: muri a pezzi, carni a brandelli e ceneri. Donne e infanti ammucchiati uno sull’ altro sotto pezzi di pietre, membra sparse; centomila feriti che la terra divora, straziati e insanguinati ma ancor palpitanti, sepolti dai lor tetti, perdono senza soccorsi, tra atroci tormenti, le lor misere vite.” 

     Inizia così il “Poema sul disastro di Lisbona” di François Marie Arouet de Voltaire (1694-1778), non un poema scientifico ma un testo di carattere storico e filosofico sui diritti umani, sul rapporto uomo-religione-natura. Secondo Francesco Tanini, che ha tradotto ed introdotto il Poema in italiano (Poema sul disastro di Lisbona, con introduzione di Francesco Tanini),  La tesi sostenuta da Voltaire è semplice (per noi che abbiamo da tempo assimilato, appunto, il suo pensiero): il male nel mondo non può essere opera di Dio, ché in tal caso non sarebbe un Dio buono e giusto, né può essere opera di altri, ché in tal caso non sarebbe un Dio onnipotente. Eppure il male esiste e ci dobbiamo fare i conti. Ma che il male appaia tale agli umani e che sia invece parte del bene universale, tesi ricorrente in certa teodicea e fulcro del pensiero leibniziano, è uno stravolgimento della realtà in quanto ne nega la sofferenza ed è un insulto a coloro uomini, donne, vecchi e bambini – che, senza alcuna colpa, sono stati schiacciati a Lisbona dalle pareti delle loro stesse case o sono stati, in generale, vittime delle leggi di natura. E se il Poema terminava ancora con una parola di speranza, Voltaire scriverà poco dopo il Candide, l’opera considerata il suo capolavoro letterario, in cui il suo pessimismo diverrà totale. Il male è rappresentato in tutte le sue manifestazioni possibili lungo l’avventura umana di Candide, così da rappresentare la più efficace denuncia del tutto è bene leibniziano, questa “filosofia crudele sotto un nome consolatorio” com’ ebbe a scrivere in una lettera del 18 febbraio 1756.”

     Propongo il testo (Fondazione Feltrinelli) e il fatto (il terremoto del 1755) perché già allora, nell’età dei lumi, molti si ponevano interrogativi sulle certezze asserite da filosofi e religiosi: la necessità e desiderabilità del dominio dell’uomo sulla Natura, sempre. Lo sfruttamento estremo delle risorse naturali senza una necessità, senza un reale bisogno, spesso con le guerre, da allora ha riguardato anche le fonti fossili di energia e l’immissione di inquinanti nell’ambiente.

     La recente elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti e le sue idee estreme e negazioniste sui problemi ambientali e sui cambiamenti climatici in atto, dimostrano quanto sia ancora lungo il cammino verso uno “sviluppo sostenibile”, rispettoso dei bisogni delle generazioni future e del ruolo attuale della Natura e della nostra instabile crosta terrestre.

     Sui terremoti, in pochi casi (Giappone, California) le politiche sono state lungimiranti e rivolte alla prevenzione di questi eventi catastrofici, con costruzioni di edifici adeguati a resistere alle scosse.

     Il Poema di Voltaire prende spunto da uno dei terremoti più catastrofici degli ultimi secoli. La magnitudo è stata stimata a posteriori fra 8,5 e 8,7 della scala Richter. Allora la scala Richter, basata sull’energia sprigionata dalla scossa sismica, non era ancora stata ideata: il geofisico statunitense Charles Richter la sviluppò nel 1935. Anche la scala Mercalli-Cancani-Sieberg che si basa solo sui danni provocati dal terremoto, perciò empirica, è successiva: 1883, con modifichenel 1902. Il terremoto di Lisbona del 1755 provocò almeno 60.000 morti, fino a 90.000 secondo altre fonti.

     Su Wikipedia c’è un’accurata descrizione del disastro che colpì la capitale portoghese , scritta dal famoso geologo scozzese Charles Lyell (1797-1875) che ebbe molta influenza anche su Charles Darwin e sulla pubblicazione de “L’origine delle specie”:  “Dapprima s’udì provenire dalle viscere della terra un rombo come di tuono, subito dopo una violenta scossa abbatté gran parte della città. Durante sei spaventosi minuti, morirono 60.000 persone. Il mare prima si ritirò, lasciando il molo e la riva a secco, con tutte le navi e le barche che vi erano ormeggiate, quindi tornò rombando, sollevandosi di quindici metri oltre il suo solito livello. …”  Crediti immagini: 1. Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ; 2. INGV Comunicazione ; 3. Semperinsima onlus