“Futuri impossibili, probabili, desiderabili” al Politecnico di Torino

     Si tratta di una Conferenza Internazionale di quattro giorni, dal 28 al 31 ottobre prossimo. Parteciperanno esperti di rilievo internazionale sugli scenari futuri che possono minacciare la qualità della vita umana non solo per i prossimi decenni ma anche per i prossimi secoli.

     I titoli di alcune conferenze-dibattiti: “Crisi economica e sostenibilità: la situazione reale”; “Divaricazione tra scienza ed economia”; “Le promesse impossibili”; “La mutazione climatica in atto”; “La grande sfida delle risorse naturali”; “Le leggi della fisica e l’insostenibilità del liberismo economico”; Proiezione e dibattito sul film “Ultima chiamata”; “Dal prodotto alla scoria, andata e ritorno: la contabilità ambientale”; Sviluppo urbano e sostenibilità globale”; “Crescita e collasso delle società umane”; “Dove stiamo andando?”; “Un futuro desiderabile”; “Economia dello stato stazionario: competere o cooperare?”; “Crescita con risorse naturali esauribili?”; “Soluzioni sostenibili per un futuro desiderabile”; “Ce la possiamo fare?”.

     L’evento, merita una maggiore attenzione da parte dei media, degli amministratori pubblici e privati, degli imprenditori. In un periodo in cui, come ha detto il Prof. Giovanni Vincenzo Fracastoro del Politecnico di Torino, “I nostri migliori laureati chiedono informazioni e fanno domanda per andare in altri Paesi europei e fuori dall’Europa”1, sarebbe fortemente auspicabile cercare soluzioni per trattenerli, investendo su di loro, sulle risorse umane per fronteggiare le crisi e modificare comportamenti e modelli economici. Altri Paesi lo stanno facendo e attraggono i migliori ricercatori e laureati da altri Stati. Il Canada ad esempio, con una comunicazione del Dipartimento del ministero degli Esteri, del Commercio e dello Sviluppo, è pronto ad assumere circa duemila tra ingegneri, ricercatori e dottorati in materie scientifiche provenienti da altri Paesi, sia per la carriera universitaria sia per l’industria.

     L’Italia purtroppo non riesce a trattenere neanche le sue eccellenze. Attrarle dall’estero è quasi impensabile. Siamo destinati ad un progressivo impoverimento. Purtroppo dubito che conferenze come queste, seppure utilissime per altri scopi, possano far cambiare rotta a coloro che hanno il timone delle scelte strategiche dello Stato. Non riescono a fornire risposte concrete per l’oggi, figuriamoci programmre quelle per i problemi futuri.

(1) Dal discorso conclusivo della sessione di laurea magistrale in “Ingegneria Energetica e Nucleare” del 7-ottobre 2013.

Consulta la locandina. Per saperne di più: http://scienceandthefuture.polito.it/homer/

Immagine da: cenblog.org.

 

La crisi delle università italiane

     Negli ultimi nove anni il numero di immatricolati nelle università italiane è diminuito costantemente. Dall’anno accademico 2003-2004 in cui gli immatricolati furono circa 340.000, al 2011-2012 in cui sono stati circa 280.000, il calo è stato di circa 60.000 giovani che hanno scelto o sono stati costretti dalla crisi e dalla sfiducia a rinunciare agli studi universitari.

     Quali sono stati i motivi principali di quest’abbandono? Se ne possono citare molti. Innanzitutto il progressivo aumento del “numero chiuso” che ormai interessa quasi tutti i corsi di laurea. Con una riduzione di docenti e ricercatori e il conseguente accesso a “numero programmato” è difficile pensare che tutti gli studenti interessati possano accedere all’università. Nell’ultimo decennio c’è stato poi il progressivo impoverimento di gran parte delle famiglie italiane, mentre le tasse d’immatricolazione sono aumentate per tutti, anche se legate all’indicatore ISEE. La drammatica situazione della mancanza di lavoro anche per i giovani laureati non ha aiutato a fare una scelta che richiede investimento di soldi e fatica mentale. In pratica le università, cambiate con la riforma di alcuni anni fa con i percorsi 3+2, hanno perso credibilità e per molti non garantiscono più un lavoro, né lo garantiscono meglio retribuito o stabile! Questo perché le classi dirigenti del Paese, con i loro scandali, con il loro scarso rispetto per la Scuola e la Cultura hanno ridotto il valore della laurea, del diploma e dello studio in generale. I mass media ci mostrano quali personaggi fanno carriera e spesso entrano in “politica”, nel suo significato peggiore: escort, veline e giovanotti che possono comprarsi una laurea all’estero e hanno la protezione di un partito. La scarsa considerazione in cui è tenuta l’università si vede chiaramente anche dagli investimenti sempre più bassi rispetto agli altri Paesi OCSE: 13.719 dollari a studente media OCSE, 9.561 dollari in Italia. Questa riduzione, oltre all’aumento delle tasse d’immatricolazione, ha portato al dimezzamento dei finanziamenti per le borse di studio riservate ai “capaci e meritevoli”. Ormai può immatricolarsi e sostenere il costo dei libri, del trasporto, magari del vitto e dell’alloggio, solo chi appartiene a una famiglia “benestante”. L’università non svolge più quel ruolo di mobilità e miglioramento sociale avuto in passato.

     In una situazione così desolante, ai miei studenti e agli altri giovani io dico ancora: continuate a studiare e scegliete un buon corso di laurea, impegnativo, che vi tolga il fiato e vi lasci poco tempo libero, con percorsi d’esame che siano di vostro interesse e/o almeno in parte vi appassionino. I benefici li riceverete sul piano formativo come persone e su quello lavorativo. Non trascurate le competenze in almeno una lingua straniera e quelle informatiche, vi saranno certamente necessarie. Il lavoro non vi mancherà: Magari dovrete spostarvi in qualche altro Paese (Francia, Germania, Belgio, Olanda, …) europeo dove sarete molto apprezzati e il lavoro sarà assicurato.

    Segnalo due casi dell’ultima settimana relativi al possesso di un titolo d’istruzione. Si è scoperto che un noto personaggio italiano, candidato a premier alle elezioni che ci saranno tra qualche giorno, si era attribuito titoli accademici che non aveva. Ha chiesto scusa, probabilmente ha perso molti voti e sostenitori e si è dimesso. Negli Stati Uniti, il presidente Obama durante il discorso sullo stato dell’unione del 2013 in uno dei suoi punti ha dichiarato: “E’ un’equazione semplice: più istruzione hai, più è possibile avere un buon lavoro”. In Italia invece persone che sono state anche ai vertici della politica e delle istituzioni fanno passare l’idea che studiare è inutile, che con la cultura “non si mangia” e, di conseguenza, continuano a ridurre i fondi per l’istruzione a tutti i livelli.

     Elaborando i dati del MIUR, il gruppo editoriale L’Espresso-Repubblica ha evidenziato che non tutte le università italiane negli ultimi nove anni hanno perso immatricolazioni, (solo) dieci di loro le hanno incrementate, nonostante la perdita netta per l’Italia di 60.000 studenti universitari. Quali sono queste università? Sono  rappresentate nell’istogramma e si può notare, con piacere, il Politecnico di Torino al primo posto.

Vedi anche l’inchiesta “Salvare l’università” su L’Espresso del 14/02/2013.