MaGICLandscapes: mappa degli ecosistemi naturali europei

Tracce_animali          Alla fine della scorsa estate, è stato pubblicato il principale risultato di un progetto europeo chiamato MaGICLandscapes coordinato da dieci importanti enti di vari Paesi europei. Per l’Italia è stato coordinato dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e sono stati esaminati ecosistemi naturali e seminaturali di alcuni Stati. In particolare, tra Italia, Germania, Austria, Repubblica Ceca e Polonia, sono stati considerati 100 milioni di ettari di territorio, dei quali ben il 60% è risultato costituito da ambienti naturali e seminaturali.          Tali ecosistemi sono costituiti prevalentemente (70%) da boschi, foreste, praterie, laghi e fiumi mentre la restante parte (30%) è rappresentata da ambienti seminaturali: particolari zone agricole tutelate e parchi urbani. Il 40% dei territori considerati invece ha evidenziato una totale assenza di ecosistemi, naturali e non, indispensabili per la salute, la corretta gestione ambientale e per preservare una buona qualità dell’aria, delle acque e del terreno, oltre che per prevenire e ridurre gli effetti disastrosi di gravi fenomeni idrogeologici (frane, alluvioni, …).
Il risultati sono accompagnati da una importante mappa transnazionale che contiene e descrive le aree verdi esaminate, realizzata sia con strumenti cartografici sia con sopralluoghi sul campo. La mappa non riguarda l’intera Europa ma costituisce un primo passo per monitorare altre aree.
Per l’Italia, l’ENEA ha dedicato particolare attenzione al Parco fluviale del Po lungo la tratta piemontese delle province di Alessandria e Vercelli. La ricerca ha confermato, nonostante lo sfruttamento agricolo intensivo delle sue acque, delle aree circostanti e la presenza di numerosi insediamenti urbani, l’importante ruolo del fiume per l’ambiente, la salute e la preservazione della biodiversità.
Tra gli altri scopi, il progetto vuole contribuire ad individuare strumenti legislativi e tecnico-scientifici adatti a preservare e incrementare nel tempo gli ecosistemi naturali e seminaturali. Per saperne di più: MaGICLandscape. Crediti: ENEA.

Parco del Po e della Collina Torinese

     Lo scorso anno l’Italia aveva fatto tredici. Qualche settimana fa da tredici si è passati a quattordici: sono diventate 14 le Riserve della Biosfera dell’UNESCO localizzate in Italia. L’ultimo riconoscimento ha riguardato il Parco “Po e Collina Torinese”, assegnato durante la quarta edizione del MaB (Man and Biosphere), Congresso Mondiale UNESCO per le Riserve “Uomo e Biosfera”.

Le Riserve della Biosfera italiane sono, in ordine cronologico rispetto al loro riconoscimento:

– Circeo (Lazio) 1977
– Collemeluccio-Montedimezzo (Molise) 1977
– Miramare (Friuli Venezia Giulia) 1979
– Cilento e Vallo di Diano (Campania) 1997
– Somma-Vesuvio e Miglio d’Oro (Campania) 1997
– Valle del Ticino (Lombardia-Piemonte) 2002
– Arcipelago Toscano (Toscana) 2003
– Selva Pisana (Toscana) 2004
– Monviso (Piemonte) 2013
– Parco Nazionale della Sila (Calabria) 2014
– Parco del delta del Po (Emilia Romagna – Veneto) 2015
– Appennino Tosco-Emiliano (Toscana – Emilia) 2015
– Alpi Ledrensi e Judicaria (Trentino-Alto Adige) 2015
– Po e Collina Torinese (Piemonte) 2016.

     Il riconoscimento è molto significativo perché è il primo in Italia ad essere in un’area metropolitana fortemente antropizzata, con oltre un milione e mezzo di abitanti. L’interesse naturalistico del Parco Po e Collina è elevato sia per la ricchezza delle acque, nell’area c’è la confluenza di tre fiumi: Po, Stura di Lanzo e Dora Riparia, sia per le colline ricche di boschi e fauna (Parco della Confluenza).

     Il Parco Po e Collina Torinese si estende su un’area di oltre 170.000 ettari, acque comprese, che offre occasioni di miglioramento della qualità della vita dei cittadini dell’area metropolitana interessata promuovendo attività legate allo sport e alla salute. Ma anche le attività economiche, agricole e quelle legate alla cultura e all’enogastronomia stanno diventando sempre più rilevanti. Sono numerosi gli itinerari di visita e i servizi proposti per l’educazione ambientale rivolti alle scuole.

     Questo ambìto riconoscimento assegnato il 19 marzo scorso a Lima (capitale del Perù) è anche un forte stimolo per gli amministratori e l’Ente di gestione per preservare e migliorare l’ambiente dell’area, anche perché ogni dieci anni è previsto un report di verifica degli standard richiesti per l’appartenenza alle Riserve della Biosfera.

Per saperne di più: http://www.parchipocollina.to.it/ . I principali punti di interesse.

Nell’immagine: una veduta aerea della confluenza della Stura di Lanzo nel Po e della Riserva del Meisino. Crediti: www.parks.it

Ancora un disastro!

La marea nera e oleosa di idrocarburi non si ferma. La corsa sembra ormai inarrestabile, ha percorso qualche centinaio di km. Le poche barriere galleggianti distribuite lungo il percorso del Lambro sono valse a poco o nulla e il materiale è arrivato nel Po. Anche quelle disposte vicino Piacenza hanno assorbito il combustibile solo in minima parte. Lo sbarramento successivo è stato la diga dell’Enel, presso l’Isola Serafini, che ha bloccato la produzione di energia e ha consentito la disposizione delle barriere mobili. Sono presenti anche barriere rigide. La situazione ormai è drammatica. Tutte le città lungo il corso del Lambro, da Milano a quelle più piccole, hanno vietato l’utilizzo dell’acqua del fiume e dei prodotti dells pesca. Ormai si teme che l’inquinamento sia prossimo alle falde acquifere, anche se il materiale oleoso è meno denso e perciò dovrebbe restare in superficie. Ma in Pianura padana, lungo il percorso dei fiumi, sappiamo che le falde sono molto superficiali. Il gasolio e il resto del materiale nero è fuoriuscito dalla Lombarda Petroli di Villasanta, in provincia di Monza. Il depuratore che per primo ha intercettato i materiali dovrà rimanere fermo alcune settimane per la pulizia delle strutture. Lombardia ed Emilia hanno chiesto al governo nazionale lo stato di emergenza. La Procura della Repubblica di Monza ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale e ormai dai primi sopralluoghi pare certo che ci sia stato un atto doloso compiuto da due-tre persone che hanno rotto le valvole di chiusura delle cisterne. Perché un sito del genere, anche se dismesso, non era custodito adeguadamente e non era stato messo in sicurezza? La raffineria è stata posta sotto sequestro. L’onda oleosa intanto continua a procedere, lentamente ma inesorabilmente verso il delta del Po, ha raggiunto le province di Parma e Piacenza.

La marea nera e oleosa di idrocarburi non si ferma. La corsa sembra ormai inarrestabile, ha percorso qualche centinaio di km. Le poche barriere galleggianti  distribuite lungo il percorso del Lambro sono valse a poco o nulla e il materiale è arrivato nel Po. Anche quelle disposte vicino Piacenza hanno assorbito il combustibile solo in minima parte. Lo sbarramento successivo è stato la diga dell’Enel, presso l’Isola Serafini, che ha bloccato la produzione di energia e ha consentito la disposizione delle barriere mobili. Sono presenti anche barriere rigide. La situazione ormai è drammatica. Tutte le città lungo il corso del Lambro, da Milano a quelle più piccole, hanno vietato l’utilizzo dell’acqua del fiume e dei prodotti dells pesca. Ormai si teme che l’inquinamento sia prossimo alle falde acquifere, anche se il materiale oleoso è meno denso e perciò dovrebbe restare in superficie. Ma in Pianura padana, lungo il percorso dei fiumi, sappiamo che le falde sono molto superficiali. Il gasolio e il resto del materiale nero è fuoriuscito dalla Lombarda Petroli di Villasanta, in provincia di Monza. Il depuratore che per primo ha intercettato i materiali dovrà rimanere fermo alcune settimane per la pulizia delle strutture. Lombardia ed Emilia hanno chiesto al governo nazionale lo stato di emergenza. La Procura della Repubblica di Monza ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale e ormai dai primi sopralluoghi pare certo che ci sia stato un atto doloso compiuto da due-tre persone che hanno rotto le valvole di chiusura delle cisterne. Perché un sito del genere, anche se dismesso, non era custodito adeguadamente e non era stato messo in sicurezza? La raffineria è stata posta sotto sequestro. L’onda oleosa intanto continua a procedere, lentamente ma inesorabilmente verso il delta del Po, ha raggiunto le province di Parma e Piacenza. Le barriere assorbenti di superficie, posizionate da Vigili del Fuoco, Protezione Civile e, in alcuni casi, dall’Esercito raccolgono solo una parte delle sostanze inquinanti più visibili, il grosso dei materiali, più denso, si deposita sul fondo, lungo gli argini o viene trasportato nascosto più in profondità. La quantità di materiale sversato non è conosciuta, una stima parla di circa 10.000 metri cubi, l’equivalente di 80-100 autobotti. Dalle testimonianze di alcune persone delle zone colpite, uccelli, pesci, anfibi e rettili se hanno potuto si sono allontanati dalle aree inquinate. Qualcuno parla di tentativi di danneggiare il paesaggio per avere l’opportunità di intervenire con speculazioni edilizie. Del resto gli ultimi scandali, legati al terremoto dell’Abruzzo e alle infrastrutture della Maddalena, spingono razionalmente a pensare “male”.  I danni allo stato attuale non sono quantificabili ma fauna e flora ne risentiranno per anni. Soprattutto se come si prevede, una parte degli idrocarburi arriveranno alla foce e nell’Adriatico, i danni al Parco interregionale del Delta del Po potrebbero essere ingenti sia dal punto di vista ambientale, sia da quello economico. I danni per flora e fauna saranno diretti, da intossicazione e contatto e indiretti per distruzione o danneggiamento dei vari habitat. Lo strato oleoso e quello che si deposita sul fondo e sulle rive imbratta e isola sedimenti e microrganismi impedendone l’ossigenazione. In questo periodo, per quanto riguarda gli uccelli siamo in periodo migratorio di ritorno dalle zone africane verso quelle del centro e nord Europa e nella zona del Delta c’è una forte presenza di specie migratorie.

Il sottosegretario alla Protezione civile cerca di rassicurare dicendo che la situazione ultimamente è migliorata e che solo una percentuale tra il 5% e il 10% (perciò tra i 500 e  i 1000 m3) raggiungerà il Delta. Adesso coloro che gestiscono gli Enti pubblici territoriali sono tutti pronti a chiedere pene esemplari per i responsabili materiali ma certamente non pensano a chi ha omesso i controlli e ha mantenuto per anni la situazione di pericolo. Non sono stati altrettanto pronti per mettere in atto opere di prevenzione contro questi tipi di disastri né contro il fenomeno del dissesto idrogeologico che colpisce pesantemente quasi tutte le Regioni italiane. Si incomincia a pensare all’opera di bonifica dei tratti fluviali interessati dalla massa nera. Sicuramente, come è già accaduto quando c’è stato il terremoto in Abruzzo, ci sono già personaggi vicini a politici e ad alti funzionari dei vari Enti interessati dalla bonifica che si stanno fregando le mani. I fatti insegnano che non è il caso di parlare, soprattutto al telefono!

Lambro

Nell’immagine il tubo di un’idrovora che aspira la melma oleosa.