Turchia: tra terremoti e faglie

anatolica01-281x300     Il recente, devastante terremoto nella regione orientale della Turchia, nella zona del lago di Van verso il confine con l’Iran, insieme ai numerosi altri sismi che si verificano sulla Terra ogni anno, ci ricorda che il nostro pianeta è attivo e ben lontano dalla stabilità. Le zone geografiche stabili dal punto di vista sismico e vulcanico sono ben poche. In Italia, ad esempio, si limitano alla Pianura Padana, al Salento e alla Sardegna. Le notizie d’agenzia riferiscono che i morti, a causa del terremoto di ieri, in Turchia sono alcune centinaia. Purtroppo è probabile che il numero dei decessi aumenti fino a qualche migliaia.

Dal punto di vista didattico questo sisma ci consente di ricordare due principali deformazione delle rocce: le pieghe e le faglie.

Le pieghe sono deformazioni plastiche che si manifestano soprattutto dove le rocce presentano una struttura stratificata, ad esempio nelle rocce sedimentarie. Non approfondiamo il discorso sulle pieghe perché non sono in relazione diretta con i terremoti.

Le faglie invece sono vere e proprie fratture della crosta. Sono deformazioni rigide delle rocce che si formano quando le forze tettoniche in gioco superano il limite di elasticità delle rocce stesse. Quando si forma una faglia, lungo la frattura ci sono scorrimenti e movimenti dei due blocchi ai lati della frattura. Le faglie possono essere raggruppate in tre grandi tipologie: faglie normali o dirette quando sono causate da forze distensive che generano un piano di faglia inclinato con l’abbassamento di un blocco rispetto a quello del lato opposto della faglia. Quando le forze che agiscono sulle rocce sono compressive, si può formare un piano di faglia, sempre inclinato, he tende però a spostare un blocco roccioso verso l’alto fino a sormontare parzialmente l’altro opposto: sono le faglie inverse. Un terzo tipo di faglie invece è caratterizzato da un piano di faglia pressoché verticale rispetto alla superficie terrestre, quindi l’inclinazione è di circa 90°. Si tratta delle faglie trascorrenti, nelle quali i due blocchi rocciosi scorrono lateralmente l’uno rispetto all’altro. La faglia nord-Anatolica, corresponsabile di questo e di numerosi altri gravi sismi della Turchia è proprio di tipo trascorrente.  Ma la faglia trascorrente più famosa del nostro pianeta è senz’altro quella di San Andreas in California, ben visibile per lunghi tratti sulla superficie. Le faglie generate dalle forze tettoniche in genere non sono isolate ma riunite in sistemi di faglie, con numerose altre faglie minori ed è quello che accade sia in Turchia che in California. Naturalmente le faglie non rimangono attive per sempre, in tempi geologici, ma rispetto ai tempi umani è come se fossero permanenti. Sappiamo però che esistono anche migliaia di faglie inattive. Il numero più elevato di sistemi di faglie si riscontra  sui fondali oceanici, lungo e lateralmente alle grandi dorsali oceaniche. Lungo queste dorsali, le faglie determinano una serie di fosse delimitate da pareti quasi verticali con blocchi delimitati da varie fagli e disposti quasi “a gradinata”. Ritornando alla faglia trascorrente nord-Anatolica, la sua formazione risale a circa 15 milioni di anni fa, al Miocene, ed è lunga oltre 1000 km. Separa la placca euroasiatica dalla più “piccola” placca anatolica ed è disposta in modo quasi parallelo alle coste  del Mar Nero. Verso est, la nord-Anatolica si congiunge con un’altra grande faglia trascorrente: la Est-Anatolica (probabilmente anch’essa, se non la principale responsabile di questo sisma) che, a sua volta si congiunge verso sud con la faglia trascorrente del Mar Morto, in Palestina. In tal modo la placca anatolica è collegata a quella araba. I terremoti e le deformazioni che interessano la Turchia, sono generati in gran parte da queste due grandi faglie, a nord e ad est, con i loro sistemi secondari.

L’immagine è stata tratta da http://ppecile.blogspot.com/2010/03/la-turchia-si-trova-in-mezzo-allo.html e poi ridimensionata.