Fossili dell’astigiano

Nel 1985 fu approvata una legge della Regione Piemonte che, con lo scopo di salvaguardare e valorizzare il patrimonio paleontologico dell’astigiano, istituiva la Riserva Naturale di Valle Andona, Valle Botto e Val Grande, ampliata ampliata nel 2003. La Riserva rientra nel Parco Paleontologico Astigiano, insieme ad altre tre Aree protette: il Parco Naturale di Rocchetta Tanaro, la Riserva Naturale della Val Sarmassa e le nuove Riserva Naturali della Piana del Tanaro.

Sui fossili dell’astigiano, qualche mese fa è stato presentato l’ultimo libro della scrittrice e giornalista astigiana Laura Nosenzo: Fossili e Territori – Scoperte straordinarie sulle colline astigiane. Il libro, interessante e utile anche sul piano didattico, tratta la storia dei fossili principali custoditi nel Museo Paleontologico di Asti e descrive le località in cui sono stati ritrovati. Quelle astigiane sono eccellenze paleontologiche che meriterebbero più attenzione e maggiori visite anche da parte delle numerose scolaresche dell’area torinese.

In mostra al Museo si trovano fossili di conchiglie, di balenottere e di delfini, risalenti ad alcuni milioni di anni fa, quando al posto della Pianura Padana c’era il mare. Ma c’è anche molto altro, tutto sapientemente catalogato, facilmente fruibile da famiglie, studenti ed esperti del settore: la più antica balena del Mediterraneo (Tersilla) ritrovata in provincia di Alessandria, località Moleto; la balenottera di Montafia, in ottimo stato di conservazione; un antenato degli attuali delfini e orche, il delfino di Camerano Casasco (AT) e tanto altro. Per saperne di più sul Museo: Museo Paleontologico dell’astigiano.

Un gruppo di specialisti paleontologi ha pubblicato un volume scientifico molto esaustivo sui fossili dell’astigiano: “Valle Andona, Mare e Fossili”, in italiano e in inglese.

Dal sito del Museo: “L’attuale allestimento temporaneo del Museo descrive i più importanti eventi geo-paleontologici degli ultimi 25 milioni di anni, compresi tra il Miocene ed il Pliocene, con una carrellata sui principali organismi, soprattutto molluschi, che caratterizzavano gli ambienti passati.
I reperti più significativi – alcuni unici al mondo – sono i resti scheletrici fossili di cetacei astigiani, sia misticeti (balene) che odontoceti (delfini), risalenti all’epoca pliocenica (tra 5,3 e 1,8 milioni di anni fa) quando tutta la Pianura Padana era occupata dal mare. Al termine del percorso espositivo un piccolo ma affascinante acquario riproduce, con po’ di fantasia, l’ecosistema sub-tropicale del mare padano di 25 milioni di anni fa.
Il Museo è ospitato nel “Palazzo del Michelerio”, in origine un monastero risalente alla metà del secolo XVI e attualmente di proprietà dell’Agenzia Territoriale per la Casa Piemonte Sud. Per completare il percorso museale è sufficiente un’ora circa. Consigliata la visita guidata”
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Anche la Pianura Padana trema

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

      Non si tratta di tremori dovuti al freddo o all’ondata di neve, attesa da molti e finalmente arrivata nel nordovest. Ma di tremori della crosta terrestre, scosse sismiche che, di tanto in tanto, ci ricordano che il nostro è un territorio decisamente attivo. Certo l’intensità delle scosse avvenute nella zona di Reggio Emilia e di Parma non è paragonabile a quelle potenziali che possono capitare nell’Italia centrale e meridionale o in Friuli ma bastano comunque per procurare allarme, danni e pericolo per la popolazione.

    Le scosse più forti registrate sono state di 4,9 gradi Richter il 25 gennaio nella provincia di Reggio Emilia e 5,4 gradi quella del giorno 27, il cui ipocentro ò stato individuato a circa 60 km di profondità in provincia di Parma.       Altre scosse di magnitudo inferiore (4,2 gradi) sono state registrate negli stessi giorni in provincia di Verona. Le scosse in pianura Padana sono frequenti ma di modesta magnitudo, rispetto a quelle un po’ più a Sud nell’Appennino Tosco-Emiliano. Secondo l’Istituto Italiano di Geofisica e Vulcanologia,  “si tratta di un’attività sismica che è normale per quelle aree”. Tra il Friuli, le prealpi venete e la pianura si può individuare una linea di terremoti “storici” che si estende fino a tutta la riviera ligure di ponente.

     Per consultare l’elenco sismico italiano, aggiornato in tempo reale:

http://www.portaleabruzzo.com/nav/terremoti_elenco_1024.asp

     L’immagine è stata tratta dal sito di Geofisica e vulcanologia e rielaborata. Indica la mappa dei terremoti storici dell’Italia settentrionale con la scala delle relative intensità. Da un raffronto col resto d’Italia si nota che la zona Padana è decisamente meno a rischio di terremoti catastrofici.

    La cartina dell’Italia invece riporta i terremoti di magnitudo superiore o uguale a 2.0,  localizzati in Italia dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV e consultabile all’indirizzo: http://cnt.rm.ingv.it/earthquakes_map.html

    All’indirizzo http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/recenteqsww/  si può consultare la mappa dei terremoti nel mondo in tempo reale e notare quanto siano frequenti, ogni giorno.