Nuova specie di ominide: Homo naledi

Evolution-of-man-300x248     Qualche giorno fa sono stati resi pubblici i risultati di uno studio su circa 1500 reperti fossili relativi ad una quindicina di individui che costituivano una specie di ominidi non conosciuta. La specie è stata chiamata Homo naledi e la datazione dei suoi fossili non è ancora chiara: tra due milioni e centomila anni fa.

     I resti fossili sono stati trovati nella grotta Rising Star, nella regione settentrionale del Sudafrica, non molto distante dall’area geografica denominata “Culla dell’umanità” e proclamata dall’UNESCO patrimonio mondiale. Le caratteristiche anatomiche dei reperti hanno permesso di attribuirli con certezza al genere Homo, ma molti tratti ne rendono difficile la collocazione precisa nell’albero evolutivo dei primati che ha condotto alla specie Homo sapiens.

     A grandi linee, da quanto è stato pubblicato sul http://www.telegraph.co.uk/ , nella storia evolutiva umana, l’Homo naledi (datazione ancora incerta, alto 1,50 m e massa corporea di 45 kg circa) andrebbe collocato dopo il genere Australopithecus (3,5 – 2,5 milioni di anni fa, alto circa 1,10 m e con una massa corporea di 40 kg circa) e dopo l’Homo abilis (2,3 – 1,8 milioni di anni fa, alto 1,60 m e con una massa corporea di 50 kg circa). Precederebbe invece l’Homo erectus (1,9 – 0,4 milioni di anni fa, altezza 1,60 m e massa 50 kg), che a sua volta precede l’Homo Neanderthalensis (150.000 – 35.000 anni fa, alto 1,65 m e massa di 80 kg circa) e l’Homo sapiens (120.000 anni, alto circa 1,70 m e massa di 70 kg circa).

Professor-Lee-Berger-300x187     Il prossimo numero del National Geographic proporrà un articolo dettagliato sulla scoperta fatta dal gruppo guidato dal Professor Lee Berger, ma molti interrogativi rimarranno. L’evoluzione è un processo complesso e i fossili che si trovano costituiscono una percentuale molto molto bassa delle specie che hanno effettivamente popolato parti del nostro pianeta. Bisogna rassegnarsi a conoscenze sempre parziali della realtà che è stata e che saranno comunque soggette a modifiche nel tempo.

Per approfondimenti sull’evoluzione umana: VideoLa straordinaria storia dell’uomo” da Ulisse, di Alberto Angela (dura ben tre ore!). Documentario “Evoluzione degli ominidi”. Vedi anche “La culla degli ominidi”, proposto cinque anni fa.

Crediti immagini: http://www.telegraph.co.uk/ . Sopra: Lee Berger is photographed inside the Rising Star cave in the Cradle of Humankind in South Africa  Photo: Greatstock / Barcroft Media.

Homo Sapiens a Novara

8_Out_of_Africa-reperti-200x300       Ha aperto oggi e proseguirà fino al 30 giugno 2013. Non si tratta del gruppo musicale che divenne famoso negli anni ’70, ma di una mostra sul genere Homo e sulla nostra specie, sulla “grande storia della diversità umana”, curata da paleontologi, genetisti, evoluzionisti, antropologi, linguisti. Analizza nelle sue linee generali tutto il percorso che dalla comparsa dei primi ominidi ha portato fino ad oggi. Si tratta di una mostra, arricchita da installazioni interattive e laboratori, che ha già fatto tappa a Roma e Trento ed è stata visitata da 300.000 persone.

Curatori della mostra sono Luca Cavalli Sforza e Telmo Pievani, due studiosi di fama, autori di pubblicazioni scientifiche, testi divulgativi e testi scolastici.

La foto è tratta da: http://www.homosapiens.net/galleria-fotografica/lang/it/

Per saperne di più: http://www.homosapiens.net/lang/it

http://scienzenatura.blog.tiscali.it/2010/07/12/la-culla-degli-ominidi/

 

La culla degli ominidi

regione-ominidi-Etiopia-264x300     Il luogo dove gli ominidi hanno avuto origine, si sono evoluti e hanno vissuto più a lungo, circa sei milioni di anni, è l’Africa orientale, soprattutto l’Etiopia. Qui, a nord della linea dei grandi laghi Malawi, Tanganika, Vittoria, Kivu, Edoardo, Alberto, Turkana, si sono concentrate le ricerche di fossili di ominidi negli ultimi decenni. Una di queste ricerche, i cui risultati sono stati comunicati nel 2009, ha portato al recupero nella Valle dell’Awash del più antico scheletro fossile di ominide: Ardi, appartenente al genere Ardipithecus ramidus.

La fossilizzazione in ambiente terrestre, dove prevale l’erosione, è un processo rarissimo ma evidentemente in questa regione della Terra si sono verificate le condizioni necessarie per farlo avvenire: la presenza delle strutture scheletriche, la rapida copertura del corpo ad opera dei sedimenti e l’ambiente che ha favorito la sostituzione della materia organica con sostanze minerali e la successiva conservazione. Anche il genere Homo ha avuto origine qui, lungo la grande Rift Valley caratterizzata da vulcani, terremoti e laghi. I sedimenti lacustri sono senza dubbio quelli più favorevoli alla conservazione dei resti di organismi morti ma, il caso di Pompei ce lo insegna, anche i prodotti delle eruzioni vulcaniche, ceneri, pomici, lapilli, sono adatti a questo scopo.

Ardi ha un’età di circa 4,4 milioni di anni ed è lo scheletro di un adulto femmina, come lo è la più famosa Lucy, che però ha circa 3,3 milioni di anni. Nella stessa regione è stato recuperato anche un cranio umano completo: Herto, con un’età compresa tra i 160.000 e i 155.000 anni. Si tratta dei resti del più antico Homo sapiens, molto simile a noi mentre la distanza evolutiva e temporale da Ardi è notevole. Il ritrovamento di Ardi ha permesso ai paleontologi di immaginare l’evoluzione umana in tre stadi: l’ Ardipithecus, parzialmente bipede, adattato a vivere in un ambiente forestale; l’Australopithecus, del tutto bipede, adattato a vivere bene anche fuori dalla foresta; l’ Homo, che al bipedismo aggiunge un cervello grande, denti e mascella ridotti, l’uso di strumenti, la diffusione su un areale sempre più vasto e in ambienti diversi.

Tutte le parti ossee recuperate di Ardi consentono ai paleontologi di pensare ad un primate molto primitivo che, secondo alcuni, farebbe parte della stessa linea evolutiva che ha portato all’ Australopithecus. Secondo altri, questo è molto improbabile ed è un azzardo affermarlo data l’esiguità dei resti fossili e l’arco temporale enorme di oltre 4 milioni di anni.

L’affascinante ricerca delle origini umane continua e purtroppo non avrà mai certezze assolute.