OIL: di disastro in disastro

oil-BP-300x198     Solo poco tempo fa abbiamo sentito, letto e scritto di un “piccolo” versamento di idrocarburi nel fiume Lambro, in Lombardia, dove ancora si cerca di raccogliere una parte degli inquinanti. Nel frattempo, l’uomo non è certo rimasto con le mani in mano! Anzi in una piattaforma marina nel golfo del Messico, non si sa come, c’è stato un incendio. La piattaforma è affondata e dal pozzo sottomarino Deepwater Horizon che è alla sua base, qualche settimana fa (era il 21 aprile) è iniziata la fuoriuscita di un enorme quantitativo di petrolio: circa 5000 barili al giorno. La piattaforma si trovava a 80 km dalla costa e estraeva 8000 barili di greggio al giorno. Ricordiamo che un barile corrisponde a circa 160 litri. Ormai è una catastrofe di dimensioni gigantesche. La compagnia petrolifera BP (British Petroleum), inizialmente ha scaricato le colpe su altri (la compagnia svizzera Transocean), poi ha dichiarato che si accollerà tutte le spese necessarie al ripristino delle condizioni ambientali iniziali e al pagamento dei danni economici per le regioni costiere interessate. Questo anche perché la posizione di Obama è stata dura: la BP è responsabile e pagherà. La marea nera ha raggiunto le coste della Louisiana e la foce del Mississippi, dove è stato decretato lo stato di emergenza e sono stati mobilitati migliaia di militari, a breve potrebbe arrivare sulle coste della Florida e il problema viene seguito da vicino sia dalle autorità degli Stati costieri sia dal presidente Obama. Intanto i tecnici, dopo aver scartato varie altre ipotesi cercano di realizzare una cupola di contenimento in cemento armato e acciaio che possa bloccare o quantomeno arginare la fuoriuscita di petrolio dal fondale, a circa 1500 metri sotto il livello dell’acqua. I risultati di quest’intervento non sono affatto certi e comunque richiederà molto tempo. Per un incidente di una simile gravità bisogna tornare al 1989, al disastro della petroliera Exxon Valdez che versò in mare 260.000 barili di petrolio. Una conseguenza importante questa catastrofe l’ha avuta: sono state bloccate ulteriori trivellazioni in mare, sia lungo le coste atlantiche che nel Pacifico, lungo la costa californiana. In varie parti del mondo sono iniziate le verifiche sullo stato delle piattaforme petrolifere in funzione, per individuare e risolvere eventuali problemi ed evitare altre catastrofi. Chi vuole, sulla rete troverà molti video che documentano l’incendio e la diffusione in superficie della macchia oleosa, ormai lunga circa 200 km e larga circa 100 km. Naturalmente i danni sui fondali sono altrettanto gravi ma non sono visibili né documentati.