Fiamme, fumo e cenere

L’arrivo dell’autunno faceva sperare in un cambiamento della situazione meteorologica e ambientale estiva, caratterizzata da siccità ed incendi in tutta Italia. Non è stato così. Ai numerosi incendi che hanno devastato le Regioni del Centro e Sud Italia, ad ottobre si sono aggiunti quelli che stanno interessando alcune aree del Nord, soprattutto il Piemonte.

     Negli ultimi anni il ciclo delle precipitazioni atmosferiche si è notevolmente modificato: si sono accentuati i fenomeni estremi con lunghi periodi di siccità in alcune zone e “bombe d’acqua” concentrate in poco tempo in altre aree delle fasce temperate del pianeta, Italia compresa, mentre nel continente americano e in estremo oriente imperversano uragani e tifoni. Si tratta solo di alcuni dei numerosi sintomi del riscaldamento globale che sta coinvolgendo il Pianeta. Gli altri sintomi, non meno preoccupanti, sono: il graduale ritiro dei ghiacciai alpini e di quelli artici e antartici con conseguente aumento del livello di mari e oceani; la migrazione di specie animali aliene dalle latitudini equatoriali e tropicali verso le zone temperate; la riduzione progressiva della copertura forestale a causa di siccità ed incendi con conseguente aumento della desertificazione; la riduzione delle produzioni agricole dei piccoli coltivatori ad organizzazione “familiare”; l’aumento dei fenomeni di dissesto idrogeologico (frane, alluvioni, …) che provocano morti nelle aree colpite; l’aria sempre più irrespirabile nelle grandi città, considerando che oltre la metà della popolazione mondiale vive nelle città e continua l’esodo dalle zone rurali.

     In questi giorni, in Italia è il Piemonte a subire le maggiori conseguenze di questa prolungata siccità. I numerosi ed estesi incendi che sono ancora in atto in provincia di Cuneo e Torino sono dovuti in alcuni casi a chi incautamente brucia sterpaglie e residui agricoli vegetali, in altri casi (e sono i più numerosi) a persone che li provocano deliberatamente per il solo gusto della vista delle fiamme o per vendetta contro i proprietari di terreni confinanti o contro le amministrazioni locali, oppure per lucrare sulle operazioni di soccorso/spegnimento/rimboschimento.

     Siccità e vento di fohen hanno impedito di circoscrivere gli incendi che, anzi, si sono estesi col passare dei giorni. Una leggera brezza ieri ha provveduto ad estendere l’odore di bruciato a diverse decine di chilometri di distanza, fino a Torino, dove secondo l’Agenzia Regionale per l’Ambiente la concentrazione di PM10 nell’aria ha raggiunto i 199 mcg/m3, superando di quattro volte il limite massimo stabilito. Chi camminava per le strade della città e chi le percorreva in auto ha potuto avvertire l’odore di bruciato, di fumo, e vedere piccoli fiocchi di cenere che si depositavano sugli indumenti e sulle auto in sosta. Cenere e fumo che sono stati la causa principale dell’aumento di particelle inquinanti nell’aria. La Regione ha annunciato la richiesta dello stato di calamità naturale.

     Certamente ottobre è stato un mese particolarmente siccitoso, c’è stata una riduzione delle piogge del 98% (dati della Coldiretti) rispetto alle medie di ottobre dei decenni scorsi, ma le cause di questi incendi vanno ricercate “a monte”, sono sintomi e conseguenze che rientrano nel fenomeno planetario del riscaldamento globale, come emerge dal rapporto “State of the climate” dello scorso agosto, pubblicato dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Senza mettere in atto azioni globali di riduzione nelle emissioni di gas serra, purtroppo per i prossimi decenni la situazione non è destinata a migliorare.

Crediti immagini: Quotidiano Piemontese e NOAA. Video: Incendio in Val di Susa (local team).