Naturalmente non è sotto accusa il materiale ma i comportamenti umani che rendono il carbone una fonte di inquinanti oltre che di energia.
La decisione della Procura di Savona che nelle settimane scorse ha chiesto la chiusura della centrale Tirreno Power di Vado Ligure ha fatto scalpore. Non tanto per la chiusura ma per aver motivato la decisione con un collegamento diretto tra le 442 morti che si sono verificate nella zona tra il 2000 e il 2007 e le emissioni della centrale.
La decisione del sequestro e della chiusura degli impianti è stata presa dopo un’indagine del Ministero dell’Ambiente e dei consulenti della Procura: i risultati avrebbero accertato il mancato rispetto di alcuni limiti imposti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Oltre all’inchiesta per disastro ambientale, ne è stata aperta un’altra per omicidio colposo.
Intanto si sono mobilitati anche i sindacati perché con la centrale lavorano circa quattrocento addetti tra dipendenti diretti e indotto. Possibile che in Italia il diritto alla salute e quello al lavoro debbano sempre essere in alternativa? Le esperienze dei grandi inquinamenti del passato, da Porto Marghera all’Ilva di Taranto, non hanno insegnato nulla?
Dopo la chiusura delle due unità da 330 MW ciascuna, che funzionano a carbone, rimane funzionante l’unità da 800 MW che per produrre elettricità brucia gas.
Che la combustione del carbone emetta sostanze inquinanti è risaputo da tempo, ma le attuali tecnologie permettono di trattarlo con relativa sicurezza per la salute. Lo fanno in tante altre parti del pianeta, Europa compresa. Naturalmente la sicurezza “assoluta” per lavoratori e popolazione non esiste in nessun settore industriale. Il National Geographic di questo mese dedica molto spazio proprio al carbone, con un titolo emblematico: “Carbone pulito? Come ridurre le emissioni del combustibile fossile più inquinante”. Rispetto a soli pochi anni fa, in questo campo sono stati fatti progressi notevoli. La combustione del carbone viene resa più efficiente e meno inquinante, preparando il materiale con una pulizia o depurazione (Coal Washing) mediante frantumazione e successivo passaggio attraverso filtri e contenitori che separano, anche per la differente densità, impurità e altri minerali dal combustibile. Le centrali termoelettriche più recenti sono provviste di sistemi a gassificazione (IGCC, Integrated Gasification Combined Cycle) che permettono di aumentare l’efficienza della combustione (circa il 50%) e la riduzione delle emissioni inquinanti. Alcuni esperti considerano questa tecnologia addirittura a “emissioni zero”, ma io non ho modo di accertarlo. Certamente può rappresentare il futuro delle centrali a carbone, anche in considerazione dell’abbondanza e del costo relativamente basso di questo combustibile.
L’Italia importa da altri Paesi grandi quantità di risorse energetiche, possibile che tra la chiusura delle centrali o di grandi impianti industriali e il diritto alla salute e al lavoro non esistano vie di mezzo? Perché chi amministra queste strutture non riesce a rispettare e far rispettare la normativa ambientale? La decisione di sequestro dei due impianti a carbone è stata presa anche per il mancato adeguamento delle strutture alle moderne tecnologie per il trattamento delle emissioni. Si spera che altre strutture industriali a rischio di gravi emissioni inquinanti possano investire nell’adeguamento degli impianti, senza aspettare altri interventi della Magistratura, altri drammi per le popolazioni locali interessate.
Per saperne di più sul carbone, qui puoi trovare una serie di articoli: http://www.museoenergia.it/museo.php?stanza=15
Oppure: National Geographic.