Folco Quilici: il naturalista, la passione, i documentari

Folco Quilici -I miei mari-     Naturalista appassionato di mare, scrittore e documentarista, Folco Quilici è morto oggi. Un regista specializzato in riprese sottomarine che una decina d’anni fa la rivista Forbes inserì tra le cento persone più influenti al mondo per i suoi documentari, i suoi film e i suoi libri.

     Numerose le pubblicazioni, i programmi (è stato il fondatore del programma RAI “Geo”, delle serie televisive “I viaggi di Cook”, “Alla scoperta dell’Africa”, “Alla scoperta dell’India”, “L’Italia vista del cielo”, ecc. ) realizzati e i riconoscimenti ricevuti, tra cui La Navicella d’Oro”, della Società Geografica Italiana, L’Orso d’argento al Festival di Berlino del 1957, il David di Donatello del 1972. Per saperne di più sulle opere:

https://it.wikipedia.org/wiki/Folco_Quilici 

     Tra i suoi libri: Sesto Continente”, “Cacciatori di navi”, “L’Italia vista dal cielo”, “Cielo verde”, “Tobruk 1940”, “Libeccio”, “La dogana del vento”, “Relitti e tesori”, “L’isola dimenticata”.

Qualche documentario:

Il mare (prima parte); Il mare (seconda parte); Geo ospita Folco Quilici; L’Italia vista dal cielo (Umbria); L’Italia vista dal Cielo (Lazio); La Sicilia vista da Folco Quilici (1970); L’Italia vista dal cielo (Molise e Abruzzo).

Nell’immagine, un best-seller degli Oscar Mondadori.

L’acqua sulla rivista Ideambiente

      L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), cui ho fatto spesso roferimento in questo blog, ha pubblicato da qualche mese il terzo numero della sua rivista Ideambiente di quest’anno. Un numero interamente dedicato all’acqua, alle acque continentali e a quelle marine italiane, al problema della potabilità e a quello della balneabilità. Tra i riferimenti internazionali, c’è anche l’accordo di Parigi con eventuali opportunità di cooperazione per l’Italia. Non mancano riferimenti storici all’acqua come simbolo e origine della vita. Ma c’è molto altro. Un numero di circa novanta pagine a cui hanno collaborato molti esperti del settore, un riferimento importante per coloro che si occupano anche di problemi ambientali e di progetti relativi all’acqua. Una pubblicazione ricca di dati e belle immagini.

Ideambiente n. 03.2016, bimestrale di informazione ambientale a cura dell’ISPRA.

I colori profondi del Mediterraneo

Colori_profondi_Mediterraneo     È il titolo di un documentario dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Un racconto con riprese molto belle degli ambienti marini scoperti ed esplorati negli ultimi dieci anni. L’esplorazione ha riguardato soprattutto le zone del Mediterraneo comprese tra 100 e 500 metri di profondità (zone afotiche, prive o con scarsa luce) e sono state condotte con un robot filo-guidato dotato di ottime videocamere e buone fonti di illuminazione.

    Il documentario “I colori profondi del Mediterraneo” dura 23 minuti circa ed è stato curato da Michela Angiolillo e Marco Pisapia, con foto di Simonepietro Canese. Altrettanto interessante è il videoSottoilmare: la biodiversità negli ambienti remoti ed estremi in Sicilia”, curato sempre dall’ISPRA.

     Ricordo, a scopo didattico, che i fondali marini e oceanici in base alla profondità si suddividono in varie zone:

a) Piattaforme continentali, che costituiscono il prolungamento dei continenti fino ad una profondità media di circa 200 m e sono costituite da fasce di detriti rocciosi e sabbiosi poco inclinate;

b) Scarpate continentali, caratterizzate da canyon prodotti dallo scorrimento dei detriti verso il basso. Le scarpate sono costituite da pendii più o meno ripidi e scendono fino alla profondità di 2000 m circa.

c) Piane abissali, che si estendono oltre le scarpate fino a profondità di 6000 m circa. Le piane abissali sono caratterizzate da innumerevoli rilievi sottomarini, spesso di natura vulcanica, dalle dorsali oceaniche (zone in cui si forma nuovo fondale oceanico) e dalle fosse (zone in cui i fondali si consumano).

     Per quanto riguarda gli ecosistemi invece, negli oceani e nei mari si suddividono zone con differenti fattori abiotici (luce, temperatura, pressione, nutrienti, correnti), ciascuna con particolari comunità di organismi.

1. Zona intercotidale, una zona di confine tra mare e terraferma con ambienti abbastanza studiati e conosciuti: spiagge e paludi salmastre.

2. Zona pelagica, caratterizzata dal mare aperto, in cui vivono organismi in grado di spostarsi autonomamente insieme al altri, soprattutto plancton (fitoplancton e zooplancton) che si lasciano trasportare dalle correnti.

3. Zona bentonica, costituita dai fondali marini e oceanici, occupata da comunità animali, vegetali, batteriche, che variano soprattutto in relazione alla profondità e alla penetrazione della luce, generalmente poco conosciute. Perciò si individua una zona fotica, fino a 100 m circa di profondità, con alghe e batteri fotosintetizzanti, più ricca di animali e una zona afotica, buia, dove vivono organismi non fotosintetizzanti e animali di profondità, in gran parte sconosciuti. Ma l’intera zona bentonica è poco conosciuta: ad esempio, lo scorso mese sulla rivista “Science”, Rodrigo Moura dell’Università Federale di Rio De Janeiro ha annunciato la scoperta di una barriera corallina estesa per circa 1000 Km al largo della foce del Rio delle Amazzoni, fra acque fangose e poco illuminate. Una formazione del tutto sconosciuta prima, che molti ritenevano non potesse esistere alla foce di un fiume, individuata tra i 50 e i 100 m di profondità e difficile da esplorare per la torbidità delle acque (riferimenti: Scienza news in “Le Scienze”, giugno 2016).

Crediti immagine zone marine: www.fao.orgzone marine -FAO-

L’altra faccia del mare

Coste_Mediterraneo-300x202      Si tratta di un documentario sul Mar Mediterraneo, le sue caratteristiche, i molti fattori negativi che minacciano la qualità delle sue acque, i microrganismi e gli organismi che lo popolano. L’Italia è particolarmente interessata al futuro di quest’ambiente perché è il Paese che ha il maggior numero di km di coste lungo quello che fu definito “Mare nostrum”.

Un importante aspetto segnalato è l’elevata antropizzazione delle sue coste. Città grandi e piccole che con le loro popolazioni, gli sversamenti di rifiuti più o meno depurati, un turismo diffuso e poco rispettoso dell’ambiente, rappresentano un potenziale rischio per l’habitat Mediterraneo e per la biodiversità che lo caratterizza.

Ogni giorno le imbarcazioni che lo attraversano sono migliaia, spesso cariche di idrocarburi provenienti dalla penisola arabica e dal Golfo Persico. Il rischio di rilascio di sostanze inquinanti anche dalle petroliere è sempre presente. È già successo in passato. Come pure il versamento in mare delle acque di lavaggio delle varie strutture delle navi.

In queste ultime settimane, in Calabria  ha suscitato molte proteste e allarme l’arrivo nel porto di Gioia Tauro della nave che ha raccolto le “armi chimiche” provenienti dalla Siria, sconvolta da una guerra civile che dura da qualche anno. Le rassicurazioni del Governo e dei tecnici, credo che offrano garanzie per un trasbordo delle sostanze chimiche senza pericoli verso la nave statunitense attrezzata per ridurre la pericolosità delle sostanze tossiche raccolte in Siria.

Il documentario è stato prodotto dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), messo in rete lo scorso dicembre e dura 33 minuti.

Documentario: L’altra faccia del mare.

Video RAI sull’origine del Mar Mediterraneo, da “Passaggio a Nord ovest” di Alberto Angela: http://www.youtube.com/watch?v=f0lWrPvar3g

 

 

2380 tonnellate di paura

concordia-tragedia-all-isola-del-giglio-1-300x199     Sì, perché in queste e nelle prossime settimane, forse per mesi, la paura in campo ambientale si misura e si misurerà in tonnellate. Paura per tutti, non solo per l’arcipelago toscano e per tutta la costa di quella Regione amatissima dagli stranieri e dagli italiani. Se non si dovesse riuscire ad aspirare il carburante dalla “Concordia” agonizzante, sarebbe l’ennesimo disastro ecologico, quello di maggiori proporzioni per le coste italiane. Avrebbe implicazioni  notevoli anche sul piano turistico ed economico,  oltre che ambientali sull’ecosistema marino e costiero. Perché la Toscana è molto apprezzata all’estero, per il paesaggio, il clima, le coste, la cultura, le isole, la gastronomia.

Ma non fasciamoci la testa prima del tempo. Gli specialisti olandesi, della stessa società (la Smit Salvage) che alcuni anni fa recuperò il sottomarino russo Kursk con il suo dramma e che ha bonificato la petroliera Haven che giace tuttora sul fondo del Tirreno, potrebbero riuscire a rimuovere quell’enorme quantità di gasolio stipato, si dice, in 17-20 cisterne. Almeno è quello che tutti sperano, ma il successo dipende dalla stabilità della motonave. Se dovesse disincagliarsi, ad esempio per le brutte condizioni del mare, potrebbe scivolare verso il fondo, a 80-100 metri di profondità e tutto diventerebbe molto più difficile, con la quasi certa perdita di una parte del carburante. Secondo i tecnici, prima di poterlo pompare da ciascuna cisterna, il carburante deve essere reso più fluido, perciò riscaldato. Un’altra operazione complessa. Oltre il 92% del combustibile (2200 tonnellate) infatti è più denso del gasolio (è di tipo Ifo 380 Cts, con una consistenza che a basse temperature si avvicina a quella del catrame) mentre la restante parte è Mto, più fluido. Il destino della nave invece è legato alla sua permanenza in questa posizione, in superficie, o al suo eventuale inabissamento. In quest’ultimo caso, molto probabilmente verrebbe abbandonata sul fondo e diventerebbe uno dei più grandi relitti subacquei del Mediterraneo. Il Consiglio dei Ministri di oggi ha sicuramente analizzato la situazione ambientale dell’area dell’isola del Giglio, esposta dal ministro dell’ambiente Corrado Clini, e avrà almeno dichiarato lo stato d’emergenza per tutta la zona. Sapremo se sono stati presi ulteriori provvedimenti.

Il recupero dei dispersi, delle salme e del carburante, sarà un braccio di ferro tra l’uomo, le sue tecnologie e il mare. Ma se le condizioni meteorologiche non ci aiutano e la nave dovesse immergersi, non ci sarà competizione.

L’immagine è tratta da: http://notizie.liquida.it/2012/01/17/17861719/costa-concordia-vigili-del-fuoco-guardia-costiera/