Il disastro ambientale Deepwater Horizon è diventato un film

     “Deepwater-Inferno sull’oceano” è uscito da poco nelle sale cinematografiche italiane. Un film drammatico di un’ora e mezza circa, che racconta il disastro petrolifero della piattaforma Deepwater Horizon avvenuto il 20 aprile 2010 nel Golfo del Messico. La trama del film è una “narrazione” di quanto avvenuto, visto dalla parte dei 126 lavoratori che si trovavano a bordo della Deepwater. Il trailer ufficiale in lingua italiana. Il film racconta la lotta per la sopravvivenza dei lavoratori, di quanti si salvarono, di coloro che perirono e dell’unica donna a bordo della Deepwater. La sceneggiatura ha tenuto conto anche delle interviste effettuate ai lavoratori coinvolti nel disastro e racconta in modo abbastanza realistico ciò che avvenne.

     In questo blog vedi anche: Risarcimento per il disastro petrolifero nel Golfo del Messico; Oil: di disastro in disastro.

     Oltre all’enorme disastro ambientale di tutta l’area del Golfo, in particolare sulle coste meridionali degli Stati Uniti e su quelle del Messico, l’esplosione del pozzo e della piattaforma provocò la morte di undici operai e il ferimento di altri sedici.

Per approfondimenti: Disastro della piattaforma Deepwater Horizon.

Risarcimento per il disastro petrolifero del Golfo del Messico

     Non capita sempre, anzi in passato succedeva raramente, ma oggi chi inquina paga. Quello dell’aprile 2010 nel Golfo del Messico fu uno dei più gravi disastri ambientali della storia: l’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon della BP (British Petroleum), oltre a causare undici vittime, provocò l’inquinamento di una vastissima area marina e delle coste del Messico e della Florida. L’effettiva estensione delle zone contaminate e la quantità di petrolio fuoriuscita in mare senza controllo non sono mai state ben chiarite e non si conosceranno mai.

     Allo stesso modo sono difficilmente quantificabili i danni alle economie delle zone costiere (pesca e turismo in primis) dei Paesi interessati e all’ambiente. Eppure funzionari, legali e tecnici hanno dovuto determinare l’entità della multa alla BP per i danni arrecati: oltre diciotto miliardi di dollari. Questo è stato l’accordo di alcune settimane fa tra la società e il governo USA. Gli Stati che dovrebbero dividersi il risarcimento sono Alabama, Florida, Louisiana, Mississippi e Texas, tutti quelli che affacciano sul Golfo del Messico. Per coloro che sono abituati a ragionare con somme molto più modeste può sembrare molto. In realtà è stata ben poca cosa per un gigante petrolifero come la BP, tanto che dopo la multa il valore della società è aumentato anziché diminuire: secondo il Wall Street Journal, le azioni della BP dopo l’annuncio dell’accordo sono salite del 4% alla borsa di Londra. Evidentemente gli investitori della finanza mondiale si aspettavano di peggio, anche perché il risarcimento sarà erogato nell’arco di diciotto anni! Chi inquina paga, ma non quanto effettivamente dovrebbe.

     Non ho notizie invece di accordi con il governo del Messico per risarcire i danni economici e ambientali alle sue popolazioni costiere. La forza e la capacità contrattuale del Messico sono decisamente inferiori, rispetto a quelle statunitensi, nei confronti di un colosso come la BP.

     Intanto in molte parti del mondo continua la ricerca di petrolio in mare, anche in zone molto “sensibili” dal punto di vista ambientale. In Italia si aspetta di vedere come evolve la situazione delle piattaforme in Adriatico, al largo delle coste italiane e croate.

Credit immagine: www.theguardian.com .

Un documentario (in inglese) sul disastro. Ancora, documentario della BBC.