Il colera dopo il terremoto

vibrione del coleraAd Haiti i malati di colera sono arrivati a 70.000. Ma cos’è il colera? La parola greca “kolera” già usata da Ippocrate, nell’antica Grecia si riferiva ad una sindrome gastrointestinale acuta. Oggi sappiamo che è una malattia infettiva caratterizzata da diarrea intensa, vomito, crampi muscolari che possono portare alla morte dell’individuo. Le epidemie  di colera spesso sono state di origine asiatica e si sono trasformate in pandemia (è un’epidemia a larghissima estensione, senza limiti regionali o continentali). Il primo a mettere in relazione le morti per colera con l’acqua utilizzata per bere fu John Snow, a Londra tra il 1849 e il 1854. Chiudendo l’acqua della località di Londra colpita, le morti cessarono e fu evidente che il veicolo dell’infezione era l’acqua e che quell’acquedotto era inquinato. Successivamente si scoprì la capacità del colera di diffondersi attraverso le grandi vie di comunicazione: le vie carovaniere, le ferrovie, le vie marittime. Ci si accorse anche della stagionalità delle infezioni: la malattia era più frequente e più grave nei mesi estivi.

Grandi pandemie di colera si sono sviluppate in India, nel 1817, lungo le regioni attraversate dal Gange. Nel 1828 un’altra pandemia arrivò anche in Europa e giunse fino a Torino. La pandemia si ripeté nel 1849 durante le guerre d’indipendenza, portata dall’esercito austriaco nelle regioni italiane del nordest. Altri fenomeni pandemici si originarono nel sudest asiatico e raggiunsero anche l’Europa, fino ai primi decenni del 1900. Il primo a scoprire il responsabile della malattia, un batterio ricurvo a forma di virgola (Vibrio Cholerae), fu  Robert Koch (premio Nobel per la medicina nel 1905, scopritore tra l’altro del bacillo della tubercolosi: il Mycobacterium tubercolosis) nel 1883, quando venne inviato in Egitto in una missione scientifica per conto del governo tedesco. Ma a pensare ad un vaccino anticolerico per l’uomo fu lo spagnolo Jaime Ferran, direttore dell’istituto microbiologico di Barcellona. Ferran, pensando alla vaccinazione effettuata contro il vaiolo ideata da Eduard Jenner, intuì la possibilità di utilizzarla, con le dovute modifiche, anche per il colera.  Gli Stati occidentali capirono che la malattia da una località si diffondeva velocemente con lo spostamento di persone e merci a livello internazionale e nel 1903, a Parigi, Belgio, Brasile, Egitto, Francia, Gran Bretagna, Italia, Russia, Spagna, Svizzera e USA istituirono l’Ufficio Internazionale di Igiene e dalle successive conferenze internazionali nacque l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948. Intanto dal 1921 al 1924 un’altra pandemia  provocò, solo in India, circa 800.000 morti. Col passare degli anni il Vibrio Cholerae è mutato ed oggi sono diversi i batteri responsabili della malattia. Il vaccino anticolerico attuale (dukoral), è un vaccino orale che contiene, inattivati, i ceppi di questi diversi batteri. Purtroppo però, neanche la vaccinazione garantisce una copertura completa. Quindi in caso di viaggi nei paesi asiatici, africani o sudamericani a rischio, è necessaria molta attenzione sia alle vaccinazioni richieste sia all’acqua che si beve, al cibo e all’igiene.

Oggi la cura della malattia, in teoria, è abbastanza semplice: quando si manifesta, anche con diarrea continua, bisogna pensare a reidratare il paziente con acqua e sali minerali e aspettare che l’infezione faccia il suo corso. Ma nella pratica, in un paese di estrema povertà, anche questo diventa difficile. Se ad Haiti si è arrivati all’epidemia è perché il terremoto ha distrutto gran parte delle infrastrutture: case, ospedali, rete idrica e fogne (dove erano presenti) in un paese già molto povero. Riguardo alle proteste e alle accuse della popolazione secondo cui l’infezione sarebbe stata portata da un contingente asiatico di caschi blu dell’ONU, non si può dire né dimostrare nulla. Certo che se fosse vero sarebbe veramente una beffa, dopo l’enorme danno e le morti causate dal terremoto! La popolazione intanto muore perché non ha acqua potabile, è debilitata, non riesce a raggiungere in tempo i pochi ospedali. Ad oggi i morti sono circa 1600 e gli aiuti portati dai vari stati nazionali e dalle Organizzazioni non governative non bastano a bloccare l’epidemia e a curare le decine di migliaia di ammalati.