L’origine degli eucarioti e la teoria dell’endosimbiosi

Schema Woese semplificato     Fino a pochi anni fa nessuno aveva prove per mettere in discussione la forma dell’albero della vita proposta nel 1977 dal biologo molecolare statunitense Carl Woese (1928 – 2012). Woese definì il dominio degli Archea, procarioti precedentemente inseriti tra i Bacteria. Quindi l’albero della vita era basato su tre rami iniziali: Archea, Bacteria, Eukarya.

     Da alcuni anni si sono accumulate prove del fatto che gli eucarioti si siano evoluti da progenitori più vicini agli Archea che ai Bacteria. Alcuni mesi fa, inoltre, uno studio genetico approfondito (analizzate oltre 3000 famiglie di geni) di un gruppo internazionale coordinato dal prof. Tim Martin Embley dell’università di Newcastle (UK) ipotizza che i rami iniziali della vita siano stati solo due: Archea e Bacteria. Il lavoro è stato pubblicato su “Nature Ecology & Evolution”.

     Quest’ipotesi tiene conto anche delle scoperte della biologa Lynn Margulis (1938 – 2011), pubblicate nel 1967 e nel 1970 e riconosciute poi come “Teoria dell’endosimbiosi” che fornisce una spiegazione plausibile dell’origine di mitocondri e cloroplasti. Questi organuli si sarebbero formati in seguito all’inglobamento e alla successiva simbiosi di alcuni specifici batteri in cellule di archei. A conferma di quest’ipotesi:

1. I due organuli hanno dimensioni simili a quelle batteriche;

2. Possiedono un DNA circolare, distinto rispetto a quello del nucleo dei eucarioti ed è in grado di autoduplicarsi;

3. Entrambi questi organuli hanno una doppia membrana;

4. Entrambi contengono ribosomi simili a quelli dei procarioti.

Eukarya_origine     La ricerca del gruppo coordinato da Embley suggerisce che gli eucarioti non siano che un particolare gruppo di Archei sviluppatosi proprio da questa endosimbiosi che ha poi originato le forme di vita pluricellulare complesse.

I protisti: eucarioti unicellulari

0-attacco_Didinium      Tra gli eucarioti, organismi costituiti da cellule con nucleo delimitato da membrana nucleare (eucariote significa vero nucleo), ci sono quelli unicellulari. Sono i Protisti, una volta raggruppati in un regno a parte, che comprendono decine di migliaia di specie. In generale, come eucarioti, i protisti sono circa 10 volte più grandi dei procarioti e hanno un volume circa 1000 volte maggiore perciò sono ben visibili con un microscopio ottico. Possiedono tutti gli organuli tipici degli altri eucarioti e nell’unica cellula sono in grado di svolgere tutte le funzioni vitali necessarie alla loro sopravvivenza e alla riproduzione.

Alcuni protisti hanno caratteristiche di “tipo animale”, sono i Ciliati, gli Sporozoi, i Sarcodici e i Mastigofori. Questa classificazione in quattro gruppi è basata sul diverso sistema di locomozione. Si nutrono di particelle di cibo che trovano nell’ambiente oppure di altri microrganismi. Altri hanno caratteristiche “tipo piante”, come gli Euglenoidi, i Dinoflagellati e le Diatomee. Contengono clorofilla e sono in grado di svolgere la fotosintesi. Nel loro insieme costituiscono il fitoplancton che vive poco sotto la superficie delle acque marine e dolci ed è alla base della catena alimentare degli organismi acquatici. Una terza categoria di protisti, “tipo funghi”, sono i funghi mucillaginosi in grado di secernere enzimi digestivi per decomporre i materiali organici che trovano nell’ambiente ed assorbirne i prodotti.

Non è possibile con un singolo post trattare nel dettaglio i vari tipi di protisti. Prendendo spunto dall’ultima esperienza di laboratorio in cui abbiamo osservato alcuni Ciliati, tra cui il Paramecium e il Didinium, mi soffermo un po’ di più su questi due generi.

I parameci sono gli organismi unicellulari osservabili più facilmente con un microscopio ottico in un infuso di fieno preparato circa una settimana prima. La specie più comune è il Paramecium caudatum che si presenta con una caratteristica forma “a pantofola”. Ad un ingrandimento di 400X sono ben visibili le ciglia vibratili, collegate ad una cuticola, e il loro movimento. Lateralmente presentano un citostoma, un’apertura che serve per introdurre sostanze alimentari verso il citofaringe, un canale che termina in un vacuolo alimentare nell’endoplasma. Possono essere visibili uno o più vacuoli pulsanti, addetti all’eliminazione dell’acqua in eccesso. Solitamente dalla parte opposta, c’è un’altra apertura, il citopigio, che ha la funzione di eliminare i rifiuti. Nella cellula ci sono un macronucleo addetto alle attività metaboliche e un micronucleo con funzione riproduttiva.

Il Didinium più diffuso è il Didinium nasutum, un vorace predatore di altri microrganismi. Ha una forma più tondeggiante rispetto al Paramecium e presenta intorno a sé due fila di ciglia battenti che gli consentono in acqua un movimento a zig-zag. La sua principale arma di caccia è una protuberanza conica all’estremità della cellula: possiede un  contorno di “freccette” avvelenate in grado di paralizzare gli altri microrganismi, soprattutto i parameci. Grazie all’estensibilità della sua membrana plasmatica, può inghiottire prede più grandi di lui.

Le due immagini, realizzate al microscopio elettronico e pubblicate insieme ad altre centinaia dall’American Society for Cell Biology in un progetto denominato “The Cell: An Image Library”, mostrano la fase di attacco di un Didinium a un Paramecium e la successiva fase di ingestione. Il progetto dell’associazione americana di biologia cellulare ha come scopo la promozione verso il grande pubblico della biologia cellulare e la sensibilizzazione verso la ricerca scientifica e le sua potenzialità.

Gli organuli che forniscono energia alla cellula

mitocondrio1Tutti i sistemi, naturali o artificiali, sono caratterizzati da una componente energetica. Consideriamo gli aspetti energetici che riguardano le unità funzionali e strutturali delle forme di vita più evolute: le cellule eucariote.

Gli organuli e le altre strutture cellulari, in base alla funzione che svolgono, possono essere classificati in quattro principali categorie: quelli che sintetizzano e assemblano molecole, quelli che svolgono un ruolo di sostegno meccanico, movimento e comunicazione tra le cellule, quelli che si occupano della demolizione e riciclaggio di materiali e quelli che forniscono energia alla cellula.

Per poter affrontare proficuamente le due unità didattiche successive, rispettivamente sulla respirazione cellulare e sulla fotosintesi clorofilliana, è necessario conoscere almeno a grandi linee gli organuli che forniscono energia alle cellule: i mitocondri (presenti in tutte le cellule) e i cloroplasti (presenti solo nelle cellule vegetali e in alcuni protisti). L’energia è indispensabile alla cellula per poter svolgere tutte le proprie attività. Questi due tipi di organuli possiedono ciascuno uno specifico DNA.

I mitocondri sono responsabili della respirazione cellulare che trasforma l’energia chimica contenuta negli alimenti digeriti in energia chimica immagazzinata nelle molecole di ATP (adenosintrifosfato). I mitocondri sono formati da due membrane, ciascuna composta da un doppio strato fosfolipidico, che delimitano due compartimenti interni: lo spazio intermembrana e la matrice mitocondriale che contiene sia DNA mitocondriale, sia ribosomi ed enzimi. La membrana interna è caratterizzata da numerose creste (una sorta di ripiegamenti) contenenti proteine responsabili della sintesi delle molecole di ATP. Le creste aumentano enormemente la superficie di membrana e ne potenziano la capacità di sintesi. In pratica svolgono un ruolo analogo a quello degli alveoli che aumentano la superficie di scambio nei polmoni e a quello di villi e microvilli intestinali che aumentano la superficie di assorbimento nell’intestino.

Nei mitocondri, si verificano una serie di reazioni chimiche che dovremo approfondire e che per ora possiamo sintetizzare nella seguente equazione:

C6H12O6 +6O2   –> 6CO2 + 6H2O + Energia (ATP)

I cloroplasti, invece, nelle cellule vegetali e in alcuni protisti, sono organuli che svolgono la fotosintesi clorofilliana, un processo che converte l’energia della luce solare in energia chimica delle molecole di zuccheri. Anche il cloroplasto è costituito da due membrane, una interna e l’altra esterna e tra le due è presenta uno spazio intermembrana. Oltre la membrana interna esiste un compartimento costituito da un liquido denso: lo stroma, dove si trova il DNA del cloroplasto, numerosi tipi di enzimi e ribosomi. Nello stroma sono presenti un insieme di cisterne discoidali e appiattite, collegate tra di loro da vari tubuli, dette tilacoidi. Questi sono sovrapposti l’uno sull’altro a formare una sorta di “pile” ciascuna delle quali è detta grano. I grani contengono nelle membrane molecole di clorofilla grazie alle quali possono catturare la luce solare che consente la fotosintesi clorofilliana. Per un approfondimento sulla clorofilla e altri pigmenti delle foglie, rivedi il post sui colori delle foglie o controlla il tuo libro di testo, oppure cerca in rete.

Anche nei cloroplasti si verificano un insieme di reazioni chimiche, non ancora tutte ben chiarite dalla scienza, in seguito da analizzare nel dettaglio nel nostro corso di biologia e riassunte nell’equazione inversa della respirazione cellulare:

6CO2 + 6H2O –>(luce)–> C6H12O6 +6O2 

Questo processo è la fonte principale dei materiali organici presenti sul nostro pianeta e permette la suddivisione dei viventi in autotrofi (capaci di elaborare i composti organici necessari alla propria nutrizione, a partire da sostanze inorganiche) ed eterotrofi (per la propria nutrizione utilizzano sostanze organiche prodotte da altri viventi).

L’immagine è tratta da: http://89.97.218.226/web1/metabolismo/energia/metabolismo_8.htm

Video – slides di 2’26”  sul mitocondrio

http://www.youtube.com/watch?v=Up59Mq5PLQ8