L’intelligenza degli asini

Dante Iagrossi. Molto spesso si attribuiscono alle persone aggettivi, tradizionalmente associati a certi animali, che non sempre corrispondono alla loro reale indole. Ciò è vero in particolare per gli asini, ritenuti ingiustamente “cocciuti” e “ignoranti”.

Caratteristiche generali (e ibridi)

Gli asini, come i cavalli sono equidi, perissodattili, cioè con numero dispari di dita. Hanno un pelo piuttosto grossolano, criniera corta e dritta, testa grande, con labbra pronunciate, groppa stretta e ventre cascante. Dalla gravidanza, che dura circa un anno, nasce un piccolo, dalla testa pronunciata. La vita media si aggira intorno ai 27 anni, ma può anche superare i 40 anni. I muli sono ibridi ottenuti da cavalla ed asino, i bardotti da cavallo ed asina. In Italia, sono 8 le razze di asini ufficiali (ragusana, romagnolo, ecc.)

Società matriarcali

L’asino selvatico vive in piccoli gruppi, guidati da vecchie femmine, mentre i maschi adulti formano piccole bande o preferiscono di stare soli, dopo il periodo della riproduzione.

Modi di comunicazione

Gli asini emettono ragli, suoni forti della durata di circa 30 secondi, con “hi” prodotti inspirando, ed “ho” espirando, udibili fino a circa 3 km di distanza. Sono specifici per ogni individuo, relativi a certi stati d’animo o a messaggi con altri (chiamate di mattina, incontri con altri fuori territorio, contese, corteggiamento di femmine. Producono anche brevi grugniti, e borbottii, più lunghi. Comunicano anche con certe espressioni facciali: le orecchie abbassate sono segno di rabbia, invece il labbro superiore alzato, mostrando i denti, testimonia contentezza, sorriso. Pur essendo pacifici, se minacciati possono sferrare calci, non solo potenti, ma anche molto precisi.

Comportamenti tipici

Una volta allevato, l’asino riconosce perfettamente il suo nome, distinguendo tra gli altri il proprio padrone e obbedendo ai suoi ordini. La sua memoria è davvero notevole, al punto di ricordare accuratamente i percorsi fatti. Si racconta che in Abruzzo, una volta un padrone ubriaco non riuscisse a trovare più la strada di casa: fu il suo asino a riportarlo a destinazione!

Sono molto affettuosi, riconoscenti e bisognosi di coccole; vorrebbero restare al centro delle attenzioni, ricevendo con soddisfazione anche piccoli premi di cibo.

In caso di mungitura, gli asini vengono in modo autonomo e con lo stesso ordine, mai in modo caotico. Pure al ritorno dai pascoli, entrano nelle stalle in maniera “gerarchizzata”: prima la femmina-leader, la più anziana, poi le altre femmine, i puledrini, ed infine i maschi adulti.

Si dimostrano molto coraggiosi anche in situazioni di pericolo: davanti ad un temibile predatore, non indietreggiano, né fuggono come gli altri animali: ponderano la situazione, aspettando il momento giusto per agire. La loro presunta “cocciutaggine” ha quindi importanti motivazioni: non solo con persone, ma anche da soli, si possono bloccare in certi momenti di spostamento su terreni desertici e petrosi per spostarsi poi meglio, evitando cadute e di diventare vittime facili dei predatori.

Utilizzi

Gli asini sono ancora utili per il trasporto di carichi, anche molto pesanti, in zone impervie, e per il latte, dalla composizione molto simile a quello umano, usato in antichità come prodotto di bellezza. Viene ancora sfruttato (purtroppo) per la carne e per la pelle.

Conclusioni

Gli asini sono piuttosto intelligenti, in quanto riflettono in varie situazioni sulle decisioni più opportune da prendere, usufruendo anche di una buona memoria. Riescono inoltre a comunicare e a stabilire, tra loro e con i padroni, rapporti adeguati di convivenza, rispettando anche un preciso ordine gerarchico, con la femmina più anziana al vertice sociale. Dante Iagrossi (Foto gratis da Pixabay).

Fratelli di sangue

Dante Iagrossi. Non sono certo tra gli animali ritenuti più belli, anzi hanno anche una brutta fama, basata su false credenze, come insidiosi “succhiatori di sangue”. Eppure da tempo si stanno facendo scoperte che, oltre ai loro riconosciuti ruoli ecologici importanti, ne evidenziano insospettati comportamenti sociali ed affettivi.

Caratteristiche generali

I pipistrelli, unici tra i mammiferi che volano davvero, dell’ordine dei Chirotteri, (“dita alate”), avendo il palagio, membrana che le unisce, vivono in quasi tutte le zone del mondo. Se ne conoscono attualmente oltre 1200 specie, di cui una cinquantina in Europa e 34 in Italia. Il più grande è la volpe volante maggiore (Pteropus vampyrus) nel Sud Est asiatico, la cui apertura alare può arrivare a circa 2 m, mentre il più piccolo, il pipistrello-calabrone, è lungo meno di 3 cm, con un peso minore di 2 grammi. In genere vivono più a lungo degli altri mammiferi, a volte superando persino i 40 anni. Molto veloci in volo, dai 40 ai 96 km/h, potendo arrivare a più di 3 km di altezza. Vivendo in ambienti scuri, o del tutto privi di luce, emettono ultrasuoni che riflessi da pareti gli permettono di valutare le distanze da ostacoli, a seconda del tempo impiegato: questa capacità permette anche di localizzare bene gli insetti di cui si nutrono. L’alimentazione è varia, a seconda delle specie: anche fiori, bacche, frutti, e sangue.

Il caso dei “vampiri”

Questa specie, a differenza delle altre vegetariane, tramite denti affilati, incide la pelle di animali, per lo più che dormono, per leccarne il sangue fuoriuscito, rendendolo abbastanza fluido, senza coagulazione, con una sostanza della saliva. Quindi non succhiano il sangue, ma lo leccano.

Società e assembramenti

I pipistrelli usano riunirsi in gruppi costituiti da migliaia di individui, a volte milioni, soprattutto in grotte, tetti di vecchie costruzioni, o tronchi cavi, dormendo a testa in giù e cacciando di notte. Nelle società femminili dei vampiri non sembra esserci una gerarchia ben precisa, come invece si verifica in altre di vertebrati: mostrano pari opportunità per l’accesso al cibo. I maschi però possono ingaggiare tra loro combattimenti per crearsi e difendere una propria postazione.

Amicizie sanguigne

Una specie di pipistrello-vampiro americano, Desmodus rotundus, si mostra particolarmente altruista, poiché le femmine del gruppo si prendono cura dei piccoli, anche non propri, allattandoli. Inoltre, se qualcuno resta senza cibo, si rigurgitano il sangue l’uno con l’altro, ricambiando poi il favore in caso di necessità. Prima di fare questo, si puliscono il pelo a vicenda, per liberarsi dai parassiti.

Madri tenere

In un’altra specie, comune in Centro e Sud America, la Saccopteryx bilineata, dotata di ampio repertorio di vocalizzazioni, adoperato dai maschi per la difesa del territorio e il corteggiamento, le madri usano una sorta di “baby-talk”. Si tratta di un insieme di suoni più lenti, meno acuti, forse per rassicurare i piccoli ancora inesperti, in ambienti da scoprire. Invece sono diverse le vocalizzazioni dei maschi adulti, riconducibili, forse ad un “contrassegno” di gruppo.

Importanza ecologica e rischi attuali

I pipistrelli, nutrendosi di nettare e frutta, contribuiscono a diffondere varie specie vegetali, come impollinatori e “seminatori” soprattutto in zone dove stanno diminuendo. Inoltre circa il 70% delle specie di pipistrelli è insettivora, per cui la loro presenza permette di ridurre in modo considerevole l’uso dei pesticidi.

Purtroppo varie specie europee dagli anni ’60 in poi sono in decrescita, per varie cause: distruzione dei loro habitat, uccisioni dirette, degrado progressivo dei loro ambienti di caccia ed uso eccessivo di pesticidi chimici in agricoltura. Infine molte specie, ad eccezione di qualcuna, sono particolarmente sensibili ai cambiamenti climatici, e muoiono, non tollerando certi aumenti anomali di temperatura in giornate estive. Dante Iagrossi (foto su licenza da Wikimedia commons).

A colpi di collo

Dante Iagrossi. Introduzione

Con le loro zampe slanciate e i loro colli lunghissimi, svettano nettamente dagli arbusti radi delle savane: non sfigurerebbero affatto nei dipinti delle donne di Modigliani!

Le giraffe compaiono in tutti i libri di Scienze, come simboli evidenti e indiscussi dell’evoluzione darwiniana, perfettamente selezionate ed adattate alla presa di foglie sugli alberi, anche quelli più alti. Eppure negli ultimi tempi, qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che quei colli smisurati, grazie ai potenti muscoli di cui sono dotati, possano servire anche a sferrare colpi poderosi tra maschi che competono tra loro per la femmina: purtroppo alcuni di questi duelli, particolarmente cruenti, finiscono con la morte di uno dei contendenti.

Socialità e longevità

Finora non era stata abbastanza riconosciuta la loro vita sociale, ma adesso, grazie a studi numerosi e dettagliati, si è assodato che le giraffe si possono associare in piccoli gruppi, che di solito vanno dai tre ai nove individui, di tipo matriarcale. In questi ci sono femmine adulte imparentate tra loro e madri con figli. Queste associazioni possono durare per una quindicina di anni, e più, con 3 possibili generazioni sovrapposte, dove le giraffe più anziane che aiutano le più giovani ad allevare i loro piccoli. Tra l’altro, si è evidenziato in esse un certo coinvolgimento emotivo, inquieto e doloroso, quando muoiono questi figli altrui. Forse è proprio la più anziana a stare al vertice della gerarchia sociale.

Le giraffe hanno una vita media abbastanza lunga, fino ai 30 anni, ma sono feconde fino ai 20, determinando in genere un 30% circa di femmine sterili, che si prestano efficacemente all’aiuto delle nuove mamme: in questo modo il successo riproduttivo del gruppo è intensificato.

Il numero massimo di individui in una società, finora trovato, è di 44 individui, divisi per sesso, o gruppi misti di maschi e femmine. Ci possono essere branchi di soli maschi adulti non imparentati, ma si possono riunire in grandi gruppi con femmine. Le gerarchie di società vengono stabilite dai risultati dei combattimenti, anche violenti e letali, con utilizzo di collo e testa, dotata di due spesse antenne.

Comunicazioni

Durante il corteggiamento, i maschi emettono particolari suoni, come colpi di tosse, mentre le femmine chiamano i loro piccoli con specie di muggiti, che emettono richiami come miagolii. Ci possono essere comunicazioni a lunghe distanze con infrasuoni.

Gestazione e parto

La gestazione è molto lunga, di circa 15 mesi, con un solo piccolo, (o al massimo due), che fatta uscire la testa e le zampe anteriori, cade a terra, spezzando il cordone ombelicale. Poi viene pulito ed aiutato a stare in piedi, già alto 1,80 m e in grado di correre dopo poche ore.

Situazione attuale

Nonostante la protezione offerta da alcuni parchi nazionali, le giraffe sono a rischio di estinzione per l’instabilità politica e le guerre in molti stati africani e per il bracconaggio incontrollato: in trent’anni sono diminuiti del 40 %, arrivando a circa 68.000 libere. Dante Iagrossi (foto da Pixabay).

Madri leader e nonni saggi

Dante Iagrossi. Introduzione. Gli elefanti, che sono i mammiferi attuali terrestri più grandi (con stazze che in Africa superano i tre metri di altezza e le 5 tonnellate di peso), formano società non numerose, ma molto coese, caratterizzate da evidente altruismo, educazione accurata dei piccoli e rispetto degli anziani. Il numero medio degli individui, tutti imparentati, varia dagli 8 ai 12, riducendosi ad un solo nucleo familiare per quelli africani di foresta.

Compiti femminili

La matriarca, la femmina più anziana, detiene il comando del gruppo, accudendo figlie e cuccioli, ma con l’aiuto di altre femmine. Invece i maschi adulti vivono al di fuori del gruppo. La leader ricopre ruoli di grande responsabilità. Innanzitutto guida la famiglia alla ricerca di cibo ed acqua, per buona parte della giornata, anche di notte, per circa 18 ore. Aiuta le giovani a partorire, evitando anche i vari pericoli quotidiani ai più piccoli. Alla sua morte, mentre il suo posto è acquisito dalla più anziana, i suoi familiari si mostrano piuttosto affranti, soffermandosi presso il suo corpo; ognuno la tocca, annusandola. Tornando poi al posto in cui è morta, gli altri si fermano e sollevano il terreno con la proboscide.

Collaborazione collettiva

Tutta la famiglia partecipa alla vita di gruppo, curando piccoli e malati. I neonati possono succhiare il latte da qualsiasi madre, e anche i giovani aiutano le femmine nell’allevamento. Se un animale cade per una ferita, alcuni cercano di riportarlo in piedi, in modo che i suoi polmoni non vengano schiacciati dal suo stesso peso.

Sotto la guida dei nonni.

Contrariamente a quanto si pensava, i giovani maschi non sempre fanno vita solitaria. Durante i loro spostamenti, preferiscono accompagnarsi con i più anziani, che danno loro più sicurezza ed informazioni utili per la ricerca di cibo (dove e come trovarlo). Inoltre i nonni contribuiscono in modo determinante ad attenuare l’aggressività dei giovani tra loro.

Riunioni di famiglia

Generalmente ogni gruppo familiare si trova in contatto con altri nuclei di parenti, manifestando una particolare gioia quando si incontrano. Le riunioni avvengono soprattutto nelle migrazioni, arrivando persino ad assembramenti di circa un migliaio di elementi. A causa dei cambiamenti climatici, si sono verificate lunghissimi spostamenti di centinaia di chilometri, in Africa e Cina: per la scarsità di cibo ed acqua, gli elefanti migrano in altri posti, attraversando vaste zone alberate e divorando campi coltivati, con la costernazione dei proprietari. Contro di loro sono state alzate barriere e scavati muri, oltre all’offerta di tonnellate di banane, ananas e mais, ma queste misure non sono state risolutive.

Conclusioni

Le tre specie di elefanti (africano di savana e foresta, asiatico) rischiano l’estinzione, non solo per l’aggravarsi dei cambiamenti climatici, con gli ulteriori aumenti di temperature, per cui il tasso di mortalità è arrivato al 10,5%, ma anche per l’aumento degli insediamenti umani, di aree coltivate e conseguente riduzione dei loro habitat. Incide molto anche il bracconaggio per il commercio di avorio, assai redditizio, con molte uccisioni. Dante Iagrossi (foto da Pixabay). 

ISTINTO e INTELLIGENZA

Dante Iagrossi. Per molto tempo si è creduto che l’uomo fosse l’unico essere vivente dotato d’intelligenza, o tutto al più che, tra gli animali, ne avessero solo certi vertebrati, come il cane, l’elefante e le scimmie. Eppure tanti studi e molteplici osservazioni ben documentate hanno dimostrato che anche altre specie ne hanno, sia pure in misura minore rispetto a noi.

Ci sono diverse modalità di apprendimenti. I giovani uccelli imparano i loro canti dagli adulti, gatti e grandi felini apprendono dalla madre l’arte non facile del cacciare, assai importante nella ricerca quotidiana di cibo. I giovani macachi del Giappone, vedendo la giovane compagna Imo, impararono anch’essi a salare in acqua marina le patate, constatando che così erano pulite e saporite. Quindi l’imitazione da genitori o da altri adulti del proprio gruppo serve ad acquisire nuove conoscenze ed abilità prima del tutto ignote.

I cani che si trovano in una rete chiusa frontalmente e lateralmente, alla vista di una scodella di cibo posta davanti, provano più possibilità di uscite, per poi scegliere quella corretta uscendo posteriormente. Si tratta di un apprendimento per tentativi ed errori. I cani, inoltre, quando gli si presenta del cibo, aumentano la salivazione. Se l’offerta di cibo è poi accompagnata da un fischio, in seguito, anche se solo si fischia, producono ugualmente saliva, pur senza vedere il cibo (riflesso condizionato). Significativi anche i comportamenti degli uccelli, che cercano e mangiano semi in coltivazioni ed orti. Per evitarli, si usa uno spaventapasseri. Inizialmente essi appaiono spaventati e evitano di prendere semi. Poi capita che qualcuno più coraggioso, vi si avvicina in modo circospetto, per valutarne la effettiva pericolosità. Capendo che si tratta di un bluff, essi vanno a mangiare semi senza paura (apprendimento per abitudine). Poi tutti gli altri uccelli del gruppo tornano a consumare i semi dell’orto (apprendimento per imitazione).

I bambini appena nati emettono gemiti non appresi per comunicarci un messaggio di bisogno di cibo, di attenzioni e rassicurazioni. Da parte degli adulti, anche tra gli animali, non solo mammiferi, c’è una risposta anche istintiva che consiste in una immediata cura del piccolo. Tra i roditori gli studiosi hanno rilevato un meccanismo innato di riconoscimento dei predatori, probabilmente coadiuvato dalla ricezione di certe sostanze gassose.

Inoltre sono tanti comportamenti ed attività di animali “inferiori” che ci stupiscono e che avvengono da sempre in modo preciso e costante. Basti pensare alle costruzioni di alveari dotati di accurate forme geometriche, formicai e termitai, ben accessoriati e termoregolati. In questi casi si parla di istinti, perché essi sembrano agire in modo meccanico e non personalizzato. Forse tali peculiarità innate sono in qualche modo “iscritte” nei loro geni, ma resta il problema che forse, all’inizio della comparsa di certe specie, non esistevano e che potrebbero essere quindi il risultato di lunghi “apprendistati”. (Dante Iagrossi) foto da Pixabay.

UN BABBUINO PER AMICO

di Dante Iagrossi

Per quasi tutta la vita, circa il 90%, a parte i brevi periodi dedicati alla riproduzione, i babbuini si dedicano con piacere all’amicizia, che si evidenzia in particolare nella pratica dello spulciamento reciproco, il “grooming”. Si tratta però di amicizie “mirate”, in cui ognuna decide da chi farsi “pulire”: uno, due, tre o anche quattro maschi, tutti coetanei. Il numero dipende in gran parte dal carattere della femmina, aumentando con la sua maggiore socialità e vivacità.

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La presenza di un amico fidato assicura alla femmina una adeguata protezione contro maschi aggressivi, soprattutto in casi di scoperta di fonti di cibo, che potrebbe interessare anche ad un estraneo, verso cui l’amico si scaglia. Inoltre viene preso in braccio e protetto anche il piccolo figlio, che può beneficiare quindi di approvvigionamenti migliori. Tra l’altro, un piccolo che piagnucola, per qualche motivo, viene presto avvicinato e rassicurato con una specie di grugnito bonario. A lungo andare, il maschio, che ha dato prova di amicizia profonda e affetto paterno per il piccolo, acquista una tale reputazione positiva da parte della madre, da venire scelto poi come nuovo compagno per accoppiarsi. Anche nel mondo umano succede a volte che certe amicizie consolidate nel tempo possono poi diventare amore.

Ma esiste l’amicizia tra animali di specie diverse? Assolutamente sì. Anzi, possono nascere legami duraturi e fraterni persino tra specie tradizionalmente nemiche, come cani e gatti, o addirittura di preda e predatore, come tigri e scimmie. Sono soprattutto i cani a mostrare questa nobile inclinazione all’amicizia, con tante e assai diverse specie: elefanti, volpi, gufi, anatroccoli, leoni, cinghiali, ghepardi, scimmie, cervi, coyote, orsi polari… Addirittura a volte si possono formare persino gruppetti di tre amici: orso, tigre e leone. Particolare commozione ha suscitato nel web il legame tra un piccione, incapace di volare, ed un chihuaha, non più in grado di camminare. In altri casi, l’animale più debole forse cerca una protezione dai predatori in quello fisicamente più forte. Certamente è importante, in tutti i casi, il contatto fisico, il suo tepore rassicurante, insomma una forma spontanea di “tenerezza” fraterna. Invece, spesso risulta più difficile l’amicizia con propri simili, per certe forme di rivalità legate alla riproduzione o all’alimentazione. Credo che queste bizzarre e inconsuete amicizie tra specie diverse di animali ci insegnino l’importanza dell’ accettazione fraterna dell’interrazialità, come fattore di crescita sociale e di benessere psicologico, ed anche l’aiuto disinteressato ai diversamente abili: tante le storie di amicizie con individui ciechi o comunque con certi problemi fisici, in cui il “sano” accudisce costantemente e affettuosamente l’altro. Da notare che questo succede in modo spontaneo, mentre per l’assistenza adeguata di un cane a persona ipovedente, in genere è necessario un apposito addestramento. (Dante Iagrossi)

ANIMALI IN GIOCO

di Dante Iagrossi. Per tutti i bambini, in generale, il gioco è assai importante. Per vari scopi: scoprire le proprie capacità e le inefficienze, per esplorare ambienti di vita ed adottare in essi particolari comportamenti utili, iniziare a conoscere gli altri. In altre parole, per crescere, imparare e maturare.

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Per quanto concerne il mondo animale, gli animali non seguiti dai genitori devono necessariamente saltare questo periodo ludico, perché subito messi davanti alle necessità basilari di trovarsi il cibo e difendersi da nemici.

Per gli altri, l’apprendistato ludico si esplica in un periodo più o meno lungo, non limitato alla fase giovanile, assumendo varie sfaccettature: motoria, predativa, con uso di oggetti diversi, sociale. Con un certo dispendio di tempi ed energia. In ogni caso, il gioco rappresenta una sorta di ginnastica inconsapevole per lo sviluppo del corpo.

Innanzitutto, come suppose per primo l’antropologo Bateson, nel gioco si crea una specie di “finta” comune. Le azioni sono cioè in gran parte mimate. Infatti, si osservano tigrotti che in apparenza si mordono, ma senza farsi male. Insomma i morsi, le unghiate sono “a salve”.

I cuccioli di leoni simulano la caccia, alternando i ruoli di predatori e prede, fino a far finta di mordersi.

Anche le zebre fanno così e si prendono anche a piccoli calci, in modo da essere pronte e addestrate poi a difendersi seriamente dai leoni.

Le madri dei mammiferi si rivelano assai pazienti, ma anche a volte severe, nell’addestramento dei piccoli. Le gatte mamme attirata l’attenzione dei figli con certi suoni, dopo averli aggrediti presentano loro topi morti o morenti , per prepararli a conoscere e catturare le prede vive; quelle di stambecco addirittura scalciano i cuccioli più timidi, per indurli a reagire.

Talvolta il gioco permette di provare e quindi adottare veri e propri comportamenti “salva-vita”. Ad es., i leoni di mare, in situazioni di tranquillità, imparano a cavalcare le onde, abilità che sarà loro vitale per sfuggire agli squali.

Ci sono anche casi in cui il gioco assume insospettabili valenze sociali. In un parco africano (Etosha, Etiopia), si è verificato che i giochi innocenti dei cuccioli di due famiglie di elefanti, antagoniste per l’accesso all’acqua di rare pozze nel deserto, hanno rallentato le tensioni, favorendo una migliore convivenza.

In un altro parco africano, un turista si è posto rannicchiato , come per dimostrarsi pacifico, di fronte ad una temibile famiglia di grossi gorilla. I cuccioli si sono allora avvicinati a lui, toccandogli i capelli, senza particolari reazioni. Il capofamiglia, dapprima allertato dalla presenza di un estraneo, lo ha poi accettato, sia pure in modo piuttosto guardingo.

Si notano anche precise differenze tra giochi di maschi e di femmine. Ad es., in genere i cuccioli di cervo muto amano giochi motori, evidentemente per potenziare le zampe in casi di fuga. Ma solo i maschi si prendono a testate per prepararsi alle cruente battaglie nella stagione riproduttiva.

Infine a volte il gioco sembra avere scopi esclusivamente di divertimento e piacere, come quando i cani (e non solo) “giocano” a pallone, o gatti che si trastullano con gomitoli di lana. Ma anche in questi casi, forse, la finalità potrebbe essere quella di fronteggiare un nuovo, inaspettato nemico, venuto ad “invadere” il proprio territorio.

Indubbiamente tra tutti si distinguono gli scherzi impertinenti delle scimmie non solo in alcuni zoo, ma anche all’aperto. Uno tra i tantissimi esempi. Una scimmia vedendo un ragazzo bere da una bottiglia di plastica gli dà un colpo di sotto, per cui l’acqua esce e lo bagna. Dante Iagrossi.

ALTARI DI PIETRE

di Dante Iagrossi. Le religioni sono state davvero fondamentali nello sviluppo delle civiltà, rispondendo in modi diversi a domande basilari, come la nostra l’origine, il significato dell’esistenza ed il futuro ultraterreno. Molto spesso hanno avuto intrecci rilevanti col potere politico, fino addirittura a costituirne sostanza ed espressione.

Ci sono stati feroci conflitti tra religioni diverse, ma anche oggi talvolta capitano episodi incresciosi, come gli attentati sanguinosi a cristiani, in certe zone africane prevelentemente musulmane.

In generale, hanno plasmato nel tempo particolari comportamenti e stili di vita; oggi in parte, sono diventate però pratiche piuttosto abitudinarie.

Crediti “lifeofgaia.wordpress.com”

I Primati sono gli animali più vicini a noi, per la percentuale altissima di DNA comune, per la struttura fisica e i modi comportamentali. Infatti le loro dinamiche sociali sono sorprendentemente simili alle nostre, dalle lotte di potere ed alleanze, alla forza di legami familiari e importanza del ruolo femminile. Anche negli atteggiamenti dimessi e tristi mostrati davanti alle morti di componenti del gruppo. Ma finora non si poteva di certo immaginare in essi una qualche forma, sia pure elementare, di religiosità.

Negli ultimi anni si sono scoperte certe pratiche del tutto inattese e sorprendenti. In vari posti della zona orientale del Centro Africa, si sono visti scimpanzé che raccolgono grandi pietre nelle foreste, che portano anche per grandi distanze in posti precisi. Qui vengono deposte in due diverse maniere. Sono distribuite in circolo attorno a certi alberi, quasi per delimitazione e protezione. Oppure ammassate l’una sull’ altra in cavità di grossi alberi, formando strutture vagamente triangolari. Da notare che le pietre, butterate, sono tutte di composizione ferrosa, quindi dello stesso colore rossastro, forse derivanti da asteroidi caduti in quei territori. Qualcuno, in modo piuttosto fantasioso, ha ipotizzato un qualche legame col cielo, o una forma di devozione verso alberi “sacri”, che forniscono foglie, frutti e altri preziosi prodotti o persino una forma di riconoscenza per la nascita dal ventre materno. Interessante anche la loro permanenza davanti agli alberi cavi, prima con movimenti e suoni emessi particolari, poi con successivi colpi energici sulla corteccia, prima di fare ritorno alle loro dimore. In fondo pure i cristiani fanno così, quando si soffermano a pregare e sfiorare statue, reliquie ed immagini di santi. Anche i fedeli arabi toccano la pietra nera del Kahaba.

In quegli stessi territori è diffuso presso le popolazioni il culto degli alberi sacri. Nell’immaginario locale, questi posseggono la forza materiale e fisica di Dio, che viene trasmessa agli umani. Espressioni di vita che si rinnova, e saggezza senza tempo, gli alberi hanno visto il succedersi di tante generazioni e ora costituiscono il punto di ritrovo per parlare e prendere importanti decisioni comunitarie. Tra gli alberi più venerati, il baobab, soprannominato “albero della vita”, viene utilizzato in ogni sua parte, per la frescura delle sue ombre, per le foglie, i frutti molto ricchi di Vitamina C, le radici, il legno e per l’enorme deposito di acqua al suo interno. Tra le tante leggende, una, molto significativa, racconta di un tempo lontano in cui il baobab offriva liberamente le sue tante ricchezze, come collane, gioielli e vestiti. Ma l’ingordigia di una iena che se ne voleva appropriare del tutto, lo spaventò a tal punto da spingerlo a rinchiudersi. Forse questo potrebbe significare che i doni meravigliosi e vitali degli alberi devono essere acquisiti in modo regolare e non invasivo, altrimenti poi vengono negati. Insomma deve esserci il rispetto per la Natura e i suoi ritmi, e forse gli scimpanzé se ne rendono conto in qualche misura, mediante una certa “venerazione”. Riferimenti bibliografici: “Anche gli scimpanzé hanno una religione. E adorano gli alberi sacri” (Marta Albè, da “GreenMe”). Dante Iagrossi.

LACRIME DI ELEFANTI

di Dante Iagrossi. La perdita di persone care è di certo motivo di dolore per noi, in ogni caso. Talvolta però ci può essere anche una certa “consolazione economica”, se si entra in possesso di consistenti eredità, in terreni, case e denaro. Tale secondo aspetto risulta ovviamente estraneo al naturale e sorprendente senso di lutto che mostrano certi mammiferi, come elefanti, delfini, scimmie e cani. Questi ultimi, in particolare, appaiono addolorati dalla perdita dei loro padroni anche per molto tempo dopo la loro scomparsa.

In generale c’è da rilevare che per molto tempo gli studiosi hanno ritenuto che gli animali non fossero in grado di provare emozioni, attribuendo loro solo comportamenti istintivi e meccanici. Ma sono tanti gli esempi di ieri ed oggi che provano la manifestazione di loro sentimenti, a volte in modo inequivocabile: gioia, rabbia, dolore. C’è da sottolineare però che vari animali emettono lacrime in varie circostanze, ma spesso per motivi di “pulizia” e disinfezione.

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Gli elefanti, questi giganti che raggiungono stazze e pesi enormi, da 4 a 7 tonnellate, sono invece capaci di piangere, emettendo non solo lacrime di dispiacere, ma anche di gioia e conforto.

Assai commovente in proposito la storia travagliata di Raju, elefante indiano separato presto dalla madre da cacciatori di frodo, venduto successivamente a ben 26 padroni, tutti senza scrupoli e senza pietà. Per 50 anni, senza cure igieniche e cibo adeguati, il povero animale ha potuto contare quasi solo sul cibo dei turisti, ma legato sempre ad una stretta catena, che gli provocava ferite e dolori. Per fortuna, un’associazione che opera in aiuto agli animali è riuscita a strapparlo dall’ultimo padrone, liberandolo e consegnandolo ad un gruppo di altri, che lo hanno accolto bene. Ebbene, mentre gli toglievano le pesanti catene, Raju ha versato lacrime copiose! Chissà come e da quanto aveva sperato un momento simile! Anche un altro elefante anziano, Sook Jai ha pianto, al momento della liberazione, dopo ben 73 anni di cattività. Invece in altri casi ci sono lacrime evidenti di sofferenza e lutto.

Si sono visti piccoli elefanti piangere quando la loro madre veniva uccisa. Ma tra i fenomeni più evidenti che dimostrano il dolore provato dai pachidermi, sono senz’altro certi “riti funebri” organizzati per la morte di componenti del gruppo, in particolare le matriarche. Innanzitutto il corpo del defunto, prima toccato con la proboscide, quasi come ultimo saluto, sollevando e spostandone le ossa, viene coperto con rami e terra, per proteggerlo dai predatori. Restano per molto tempo, anche vari giorni, presso il morto, una veglia interrotta solo per bere e mangiare. Anche in situazioni di pericoli gravi di vita, gli elefanti possono piangere.

Persino i vitelli possono piangere, se separati dalle madri. I cani possono farlo in circostanze pericolose e se imprigionati. Commovente la reazione di un cane abbandonato a Cracovia nel ricevere le prime carezze: una serie di grida liberatorie. I cani sono poi certamente quelli con sofferenze interiori più persistenti nel tempo, potendo restare per vari anni presso le tombe dei padroni.

Molti animali sono dotati quindi non soltanto di sensi più raffinati e potenti dei nostri, ma anche di una spiccata sensibilità emotiva. Hanno perciò bisogno costante parte nostra di cura, rispetto ed affetto. Non dovrebbero certo essere sfruttati come succede agli elefanti in India per attrazione, trasporti e per il taglio di peli per amuleti (o altre parti del corpo). Esiste un vero mercato redditizio delle zanne, fatte di avorio, utilizzate per gioielli ed oggetti vari. In una decina d’anni la popolazione africana si è ridotta a meno della metà. Altre forme di maltrattamento verso animali sono l’abbandono di cani e gatti, la vivisezione e le condizioni di vita non sempre adeguate in certi circhi. Per fortuna, una legge recente riconosce i “delitti contro il sentimento per gli animali”, punendoli, a seconda della gravità, con la detenzione anche superiore ad un anno, e col pagamento di ingenti multe, fino a circa 30.000 euro. Dante Iagrossi.

L’ETERNA FEDELTA’ DEI CANI

di Dante Iagrossi

Secondo il grande etologo Lorentz, i cani attuali deriverebbero da due antenati, il lupo e lo sciacallo. Questa teoria è stata però contraddetta da indagini genetiche avanzate, che hanno stabilito la derivazione esclusiva del cane dal lupo grigio. Può sembrare strano che gli uomini del Paleolitico abbiano addomesticato, tra gli altri, proprio un carnivoro, loro diretto concorrente per il cibo. Forse inizialmente i cani, pur vivendo e riproducendosi ancora in modo selvatico, cominciarono ad entrare in territori di uomini e a nutrirsi dei loro avanzi. In questo modo facevano da spazzini e davano segnali di allarme contro altri animali che si avvicinavano. Col passare del tempo diventarono anche guardiani notturni, permettendo sogni più sicuri e tranquilli ai nostri antenati. Si pensava che l’addomesticamento dei cani risalisse a circa 13.000 anni fa, ma alcune scoperte archeologiche lo fanno risalire addirittura a 33.000 anni fa. Le donne paleolitiche prendevano piccoli cuccioli di lupi e li crescevano coi figli, forse allattandoli. Gli individui più docili addestrati potevano poi essere utilizzati per la caccia, guardia e conduzione di greggi. I primi gruppi etnici di cani si diversificarono a partire da 4 gruppi grandi di lupi: indiano e arabo, europeo e nordamericano, cinese, giapponese. Da questi, attraverso molti incroci, si sono formate più di 400 razze diverse di cani, molte delle quali specializzate per certi ruoli(da gregge, guardia, soccorso,…). I mantelli possono essere corti, lunghi, ispidi, morbidi, lisci e ricci, di vari colori, che vanno dal bianco al grigio, al marrone, rossiccio e nero.


Chihuaha

Le dimensioni e i pesi sono assai diversi, dai 500 g del Chihuaha ai 140 kg del San Bernardo. Tra gli organi di senso, spicca l’olfatto, per la presenza di un numero enorme di ghiandole olfattive, dai 125 ai 300 milioni, rispetto ai 5 milioni dell’uomo. L’area cerebrale dedicata all’olfatto è 4 volte più estesa del resto.

Anche l‘udito è notevole, per cui riescono a sentire suoni di frequenza e toni molto bassi, forse anche quelli di prossimi terremoti. La vista diurna non è completa, poiché non distinguono tutti i colori, eccetto il blu e giallo. Quella notturna invece è senz’altro migliore della nostra. La dentatura è quella tipica dei mammiferi carnivori, con canini assai robusti e ferini taglienti a tenaglia: possono così dilaniare la carne e frantumare le ossa. In alcune circostanze, per problemi digestivi, mangiano pure vegetali e vari cibi offerti, per cui sono veri onnivori. Il torace è abbastanza ampio da permettere polmoni grossi e quindi un buon rifornimento d’aria. Gli arti sono slanciati per correre e saltare verso le prede. Camminano sulla punta dei piedi: digitigradi, come i gatti. Le dita hanno cuscinetti ed unghie ad artiglio con punte smussate, non retrattili: non si possono arrampicare sugli alberi come i gatti.

San Bernardo

In genere la femmina partorisce un paio di volte all’anno 4 o 6 piccoli inetti, allattati e protetti per un paio di mesi. La crescita è rapida e, dopo circa 4 mesi di addestramento, sono autonomi.

Per quanto riguarda l’intelligenza dei cani, sembra accertato che siano i più abili nella comprensione di gesti e parole umane, a cui rispondono spesso con particolari vocalizzazioni. Le varie razze manifestano abilità specifiche per certi comportamenti, con forti basi ereditarie. Esiste però anche un’intelligenza adattativa che concerne ciò che un cane può imparare per risolvere problemi quotidiani: alcuni, dopo un certo periodo di tempo, imparano a riconoscere 200 e persino 1000 oggetti diversi. In generale, i maschi si mostrano più intuitivi delle femmine, che però apprendono meglio e ricordano più a lungo. Il cane, essendo almeno alle origini, un predatore sociale, tale da doversi relazionare con i compagni, ha forse sviluppato maggiori abilità cognitive rispetto al gatto solitario, ma in certe situazioni i gatti si dimostrano più veloci nel trovare le strategie giuste, come nell’aprire scatole con cibo.

mosaico di razze canine

Certamente i cani danno esempi mirabili di fedeltà verso il padrone, legami così stretti e profondi che vanno al di là dell’interesse per il cibo e continuano dopo la morte.

Bobby, terrier di un guardiano notturno di Edimburgo(1850), dopo la scomparsa del padrone ne vegliò costantemente la tomba per ben 14 anni. Hachico, cane giapponese protagonista del film omonimo, ogni mattina accompagnava un professore universitario al treno per andare in una città vicina, e poi ne aspettava il ritorno. Quando però il padrone morì in viaggio, restò per 10 anni incurante del cattivo tempo ad aspettarlo ritornare nella stazione. Anche Shep, border collie vissuto negli anni 40 in Montana (Usa), aspettò pazientemente per 5 anni l’arrivo del padrone morto, alla stazione ferroviaria di Fort Benton. Fido, pointer inglese di Luco del Mugello, aspettava ancora il ritorno del padrone dal lavoro anche dopo che restò ucciso per un bombardamento alleato. Anche se a volte i pitbull dimostrano una certa aggressività persino verso padroni o bambini, in tanti casi evidenziano anche un grande coraggio tale da sventare pericoli che mettevano a rischio la vita per i loro cari. Ad esempio Baby ha salvato tutta la famiglia e altri 5 cani da un grave incendio divampato in casa. Appena sentita la puzza di fumo, ha subito avvisato il padrone che dormiva e che ha fatto mettere al sicuro i familiari. Inoltre il cane tra le fiamme è rientrato e fatto uscire gli altri cinque cani. Un altro pitbull, Lefty, non ha esitato ad attaccare prontamente un estraneo che aveva sparato un colpo di fucile contro il padrone. Pur gravemente ferito tanto da perdere una zampa, è sopravvissuto anche grazie alle cure veterinarie pagate con una raccolta di fondi in rete. TaterTot ha invece salvato un bambino di appena 4 anni che non si sentiva bene durante la notte, abbaiando così forte da svegliare i genitori e farlo soccorrere. (Crediti fotografici: akc.org / it.wikipedia.org / piccololupo.it).

Bacheca sui cani. Dante Iagrossi, Caiazzo.