Lima, Climate Change Conference 2014

     L’annuale Conferenza ONU sui cambiamenti climatici si è aperta a Lima lo scorso 1° dicembre e durerà un’altra settimana, fino al 12 dicembre. Il governo peruviano che ospita l’evento è impegnato nella mediazione fra i vari Paesi del globo per cercare di arrivare a risultati concreti, per andare oltre le solite affermazioni di principio. Considerati i recenti impegni dei due colossi energivori e inquinatori, Stati Uniti e Cina, sulle fonti energetiche alternative a quelle fossili per ridurre le emissioni di gas serra, si potrebbe arrivare a un accordo più vasto nella riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera.

Il continente che ospita la conferenza, il Sudamerica, ha anche la più grande foresta di latifoglie del pianeta, quella amazzonica, anch’essa gravemente compromessa da interessi locali e di grandi multinazionali. Potrebbe essere l’occasione giusta per prendere anche impegni di conservazione di questo grande polmone verde, strettamente correlato all’aumento della concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera: una sua ulteriore riduzione causerebbe un’accelerazione del calo dell’organicazione del carbonio da CO2 a  C6H12O6 e a tutti gli altri carboidrati che da esso derivano.

Molti già ritengono che quella di Lima sarà solo una tappa dell’importante conferenza di Parigi del prossimo anno, considerata una scadenza ben più importante dai maggiori Paesi del pianeta. Per sollecitare interventi concreti sui cambiamenti climatici, ci sono state diverse manifestazioni in varie parti del mondo, come quella di New York di alcuni mesi fa che ha visto la partecipazione di 400.000 persone circa.

Ciascun Paese, da quelli più ricchi a quelli in via di sviluppo dovrebbe fare la propria parte rinunciando a qualcosa e indirizzando la programmazione economico-industriale in progetti più ecosostenibili, meno inquinanti a livello locale e globale. La comunità scientifica è quasi unanime: la rotta dei consumi ad ogni costo, senza attenzione all’ambiente e alla salute delle persone attuali e di quelle future non è più sostenibile. Come ha detto qualche settimana fa Papa Francesco, Dio perdona sempre, gli uomini a volte sì altre no, la Terra non perdona mai: quando viene maltrattata ci si rivolta contro e i danni maggiori

saranno per le generazioni più giovani e per quelle che ancora devono nascere.

Per saperne di più: Conferenza di Lima. UNEP: A briefing on the eve of COP 20 in Lima 2014.                   COP20 LIMA – 2014   (Videopresentazioni).

Nell’immagine, una faggeta (Fagus silvatica) con le colorazioni autunnali.

 

 

La Grande Marcia per il clima

marcia_Clima_NewYork     Ieri c’è stata una grande mobilitazione internazionale: in circa 3000 città di vari continenti, centinaia di migliaia di persone  hanno manifestato marciando per richiamare l’attenzione del resto dell’opinione pubblica e dei governanti sull’emergenza dei cambiamenti climatici.

“People’s Climate March” ha raccolto attori e altri personaggi famosi e molto conosciuti oltre a semplici cittadini e ad ambientalisti militanti. In Italia sono stati contati circa 150 eventi. Qui si può aprire una scheda internet per cercare gli eventi realizzati nel nostro Paese. La marcia che ha visto più partecipanti si è tenuta a New York.

Bisogna pensare seriamente a cambiare il modello di sviluppo dei Paesi più ricchi: produrre sempre di più per consumare sempre più, come se le risorse del Pianeta fossero illimitate, non è più sostenibile. Ormai è chiaro che il costo, carissimo, lo pagheranno i più giovani e le generazioni future, per tempi molto lunghi.

Domani, al Palazzo di vetro dell’ONU, a New York si svolgerà il Climate Summit con la partecipazione di circa 120 leader mondiali per discutere proprio delle possibili azioni di lotta ai cambiamenti climatici, provocati dall’inquinamento prodotto da un sistema di sviluppo basato solo sul consumo.

Intanto, mentre si aspetta qualche decisione concreta da parte di chi può governare questi cambiamenti climatici, il contatore posto nella colonna di destra di questo blog mostra un continuo aumento della concentrazione di CO2, ormai arrivata a 397 ppm (parti per milione). Dati dell’osservatorio di Mauna Loa (USA).

Per saperne di più: Italian Climate NetWork.

 

Giornata dell’ambiente 2014

world-environment-day-5-june     Come ogni anno dal 1972, oggi si festeggia la 42esima giornata mondiale dell’ambiente (World Environment Day), proclamata dall’ONU e caratterizzata da innumerevoli iniziative in ogni Paese. Lo slogan del 2014 è “Alziamo le nostre voci, non il livello del mare”. In questo modo L’ONU vuole richiamare l’attenzione, ancora una volta, sul problema dei cambiamenti climatici e sulle nefaste conseguenze per vaste aree del pianeta. Una giornata rivolta a sollecitare in tutti noi comportamenti responsabili durante ogni giorno dell’anno.

Anche se il cambiamento climatico è un fenomeno globale, che investe l’intero pianeta, gli effetti  locali sono differenti. Molte isole del Pacifico e la loro popolazione lottano per l’esistenza. In Europa il riscaldamento planetario ha prodotto i suoi effetti soprattutto nelle aree mediterranee, con un aumento dei fenomeni “estremi” e delle ondate di calore e una diminuzione delle precipitazioni medie annue.

Anche alcuni quotidiani hanno dato risalto a questa giornata: La Stampa, ad esempio, oggi è uscita con un supplemento di sedici pagine dal titolo “Terra”, dedicato ai temi del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile.

Per conoscere alcuni gli eventi programmati e approfondire:

http://www.earthdayitalia.org/Eventi/Giornata-Mondiale-dell-Ambiente

 

Conferenza sul clima a Varsavia

     La scelta di Varsavia come sede per l’annuale conferenza ONU sui cambiamenti climatici (COP 19), fatta qualche anno fa, suscitò molte perplessità e alcune proteste degli ambientalisti. Questo perché la Polonia in passato, per rilanciare le proprie industrie, ha sempre puntato sui combustibili fossili e ha contrastato il Protocollo di Kyoto. Ma anche il summit dello scorso anno (COP 18) che si tenne a Doha suscitò polemiche perché il Qatar rientra tra i Paesi “in via di sviluppo” e non ha vincoli sulle emissioni di inquinanti. Inoltre è il quarto esportatore mondiale di gas e al diciannovesimo posto come produttore di petrolio greggio.

     La Conferenza di Varsavia inizierà domani 11 e continuerà fino al 22 novembre. Bisogna rassegnarsi al fatto che probabilmente per molti delegati ONU la partecipazione a queste conferenze è poco più di una passerella mediatica. Il sospetto è fondato su basi concrete: la Polonia ha sempre contrastato l’adozione di provvedimenti volti a contenere le emissioni di gas serra entro il 2020 e anche oggi continua a puntare sul carbone, la fonte energetica fossile più inquinante e a più basso costo.

     Comunque molti Paesi sperano ancora che si possa rafforzare il principio stabilito nel 2010 nella Conferenza di Durban: la partecipazione obbligatoria di tutti gli Stati agli sforzi per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera. Nel 2015 a Parigi si cercherà di condividere regole e impegni per gli anni successivi al 2020 e alcuni, tra cui Matthias Groote l’europarlamentare socialista tedesco a capo della delegazione del Parlamento europeo,  puntano su quest’incontro e su quello del prossimo anno per preparare al meglio la Conferenza di Parigi e ottenere risultati concreti e efficaci per invertire la tendenza dell’inquinamento e riscaldamento atmosferico globale.  

Sito della conferenza: http://unfccc.int/meetings/warsaw_nov_2013/meeting/7649.php

Proposta del Parlamento europeo di risoluzione da adottare: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=MOTION&reference=B7-2013-0482&language=IT

 

High Summit 2013 su montagne e cambiamenti climatici a Lecco

vette_alpine      La conferenza è iniziata oggi e proseguirà fino a dopodomani 25 ottobre presso il Polo Territoriale del Politecnico di Milano. Gli argomenti affrontati da un gruppo di esperti di fama mondiale sono i cambiamenti climatici, le risorse idriche, gli ecosistemi montani e le loro interazioni.

Questi temi stanno diventando sempre più pressanti per le gravi conseguenze che hanno sulle popolazioni di varie parti del pianeta. L’evento è promosso anche dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e vuole condurre ad un documento che sensibilizzi opinione pubblica, amministratori e legislatori sulla necessità che la questione “montagne” diventi una priorità nei programmi di sviluppo per fronteggiare cambiamenti climatici e distribuzione delle risorse alimentari.

Tra le manifestazioni connesse alla conferenza, c’è la mostra fotografica “Breathing Himalaya: impariamo a respirare”.

Nell’immagine: vette alpine fotografate dal Passo Salati (2600 m, Vercelli).

Per maggiori informazioni: http://www.highsummit.org/

 

A Doha fallimento della conferenza ONU sul clima

     Se al termine degli incontri sul clima degli anni scorsi si poteva parlare di bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda dei punti di vista, oggi si può dire chiaramente che Doha è stato un fallimento. Nei governanti e nei grandi gruppi industriali ed economici del pianeta, non c’è ancora una corretta percezione della gravità degli squilibri ambientali che sono stati prodotti negli ultimi decenni.

     Questo incontro annuale per discutere e prendere decisioni per contrastare i cambiamenti climatici in atto, sembra sia stato più una passerella mediatica, una difesa di interessi economici e politici particolari che altro. Dopo diversi giorni di trattative, la Conferenza è stata aperta il 26 novembre e si è conclusa il 7 dicembre, solo i Paesi europei hanno accettato di prolungare fino al 2020 gli impegni del Protocollo di Kyoto. Non ci sono stati accordi per ridurre le crescenti emissioni di CO2 (vedi il box  destra della pagina che ogni mese riporta i continui aumenti di biossido di carbonio atmosferico registrati dalla stazione statunitense di Mauna Loa alle Hawaij). Si parla solo di impegni futuri (?) e ulteriori negoziati per ridurre le emissioni globali. Il ruolo europeo, dove i cittadini sono più sensibili su questi temi, è stato attivo ma modesto nei risultati, anche a causa della recessione economica dei Paesi del vecchio continente. Russia, Canada e Giappone si sono mostrati apertamente contrari ad assumere impegni. Stati Uniti, Cina e India, i maggiori inquinatori (da soli sono responsabili del 46% circa delle emissioni totali di gas ad effetto serra), si chiamano fuori, come hanno già fatto negli anni scorsi, perché la riduzione di emissioni inquinanti “costa”.

    Secondo il ministro italiano dell’ambiente, Corrado Clini, sul dibattito e sui risultati ”ha pesato molto la caduta di tensione e di attenzione da parte dei Paesi che stanno fronteggiando la crisi economica. I cambiamenti climatici sono una parte importante e urgente dell’agenda economica globale”.  

     Il prezzo di questo e di altri mancati accordi sarà “pagato” in futuro da tutti, a partire dagli abitanti delle isole e dei Paesi intertropicali. I fenomeni climatici e meteorologici si preannunciano sempre più estremi. Gli uragani (l’ultimo è stato Sandy, negli USA), i tifoni (l’ultimo è stato Bopha, nelle Filippine) e i tornado (come quello di Taranto, pochi giorni fa)  non saranno più fatti sporadici ma frequenti e le aree interessate da erosioni del suolo aumenteranno. Ma molte persone pensano solo al benessere immediato, al presente, non al futuro. Intanto il Protocollo di Kyoto scade il prossimo 31 dicembre 2012 e lo scioglimento dei ghiacci polari sta accelerando (video). Riduzione dei ghiacciai dell’Antartide (video).

Per saperne di più: http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=172448

http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-b925f247-c0e0-4793-9285-54307e19ea6f.html

http://www.lettera43.it/ambiente/ambiente-niente-accordo-alla-conferenza-di-doha_4367575562.htm

 

Conferenza sul clima a Durban

Durban-300x115     In Sudafrica è in corso il summit del 2011 sui cambiamenti climatici (Cop 17). In tutto sono impegnate circa 15.000 persone dei vari Stati aderenti all’ONU. Discutono e cercano di concordare le misure più opportune e sostenibili da prendere per contrastare i cambiamenti climatici in atto che, tutto lascia prevedere, si aggraveranno.

Tra un anno circa, il 31-12-2012, scadrà il primo trattato mondiale, adottato nel 2005, sulla riduzione dei gas serra. Gli obiettivi previsti purtroppo non sono stati raggiunti. Si lavora per trovare un punto d’incontro tra le posizioni dei Paesi che inquinano di più (USA, Cina, Russia e India) e quelle degli altri Stati. Bisogna anche considerare che alcuni Paesi, Giappone e Germania, hanno deciso di rinunciare al nucleare e dismettere gradualmente le centrali esistenti, perciò sicuramente aumenteranno (almeno nel breve termine) i loro consumi di combustibili fossili, carbone compreso, con tutte le conseguenze che questo comporta. Sul carbone, i dati degli ultimi cinque anni sono sorprendenti: nel 2006 proveniva da questo combustibile il 25% dell’energia totale degli Stati del pianeta; nel 2011 la percentuale anziché ridursi è salita al 30%.

Come è già successo per Copenaghen lo scorso anno, anche per la Conferenza di Durban ci sono buone ragioni per ritenere che non ci saranno risultati e accordi efficaci. Eppure qualcosa bisognerà fare, se si vuole invertire questo processo che vede i gas serra aumentare progressivamente, come segnalano i dati del CO2, in parti per milione (ppm), riportati nella colonna di destra e riferiti all’Osservatorio di Mauna Loa (USA).

Se persino la Russia brucia …

incendio-Russia-300x215     Mala tempora currunt. Certo, presi singolarmente, i numerosi casi di variazioni climatiche estreme che si sono verificati negli ultimi decenni, possono rientrare benissimo nelle fluttuazioni periodiche che si sono verificate nella storia della Terra. Però, nel loro insieme, aumento di gas serra nell’atmosfera, aumento della temperatura media dell’aria, scioglimento dei ghiacciai, alluvioni sempre più devastanti e, contemporaneamente, a qualche migliaio di km di distanza, siccità prolungate e incendi, sembrano tanti tasselli di un mosaico climatico determinato soprattutto dall’eccessivo sfruttamento di fonti energetiche fossili in un piccolo arco di tempo e dal disboscamento di vaste aree del pianeta.

In queste settimane di luglio e agosto, gli incendi nella Russia centrale europea sono stati fuori controllo. Le aree interessate dalla devastazione sono estese quanto un’intera regione media italiana. I fumi sprigionati dalle fiamme hanno reso Mosca, la più grande capitale europea con oltre dieci milioni di abitanti, surreale. Nel nostro immaginario i moscoviti sono rappresentati col cappotto e col colbacco e non in pantaloncini, magliette e mascherine, come li abbiamo visti in queste settimane. Le campagne e le foreste è più facile immaginarle coperte di neve anziché di fumi e fiamme. I corrispondenti da Mosca dei giornali e dei TG nazionali hanno riferito che i condizionatori d’aria si trovavano solo al mercato nero a non meno di  duemila euro l’uno. La temperatura dell’aria nella zona della capitale si era stabilizzata intorno ai 40 °C, alcuni aerei non sono riusciti a svolgere il loro servizio e, chi poteva, ha abbandonato la città affrontando lunghe code in auto o prendendo d’assalto treni e autobus. Chi non ha potuto, per proteggersi dal caldo e dal fumo, ha affollato gli ipermercati e molti hanno dormito negli uffici provvisti di condizionatori. Il fumo, dopo essersi ampiamente disperso nella troposfera, ha raggiunto anche la stratosfera e non sono pochi i quotidiani anche italiani usciti in edicola con titoli catastrofici, come “Inferno a Mosca”. La nube di fumo si è estesa per un fronte di circa tremila km . Alle operazioni di spegnimento hanno partecipato anche aerei e mezzi di altri Paesi: l’Italia ha inviato due Canadair in servizio nella zona di Samara, sul Volga, circa 700 km a sud est di Mosca. I Canadair hanno preso acqua direttamente dal fiume che, per la sua vastità ha consentito il rifornimento in assoluta sicurezza. Il nostro Ministero degli Esteri ha sconsigliato la partenza dei turisti per ben 83 regioni russe colpite dagli incendi.

Secondo i meteorologi russi, quest’ondata di caldo torrido non ha precedenti a queste latitudini, da quando sono stati registrati dati climatici alcuni secoli fa. Se si può fare ben poco per l’inquinamento, la CO2 prodotta, l’enorme quantità di biomassa andata in fumo, le case e le centinaia di villaggi abbandonati e distrutti dalle fiamme insieme agli animali, sono state invece prese misure di carattere commerciale: bloccate le esportazioni russe di grano fino al 31 dicembre 2010, a causa della vastità delle coltivazioni distrutte. Sicuramente gli speculatori sono già all’opera ed è facile prevedere che ci saranno conseguenze ingiustificate, come l’aumento di prezzo di diversi prodotti anche in altri Paesi. Ormai gli incendi sono stati spenti ma c’è voluto oltre un mese di ininterrotto lavoro. Alcuni dati ci aiutano a capire le proporzioni degli incendi: sono state impegnate circa 150.000 persone della protezione civile e tremila soldati con mezzi militari. In molte zone, per limitare i danni si è lavorato 24 ore su 24. Sono bruciate due basi militari e il fuoco ha lambito altrettante centrali per il trattamento delle scorie nucleari rischiando un’ulteriore catastrofe.

Concludiamo ricordando che, in Italia, quando si avvista un incendio o un principio d’incendio bisogna chiamare immediatamente il 1515 del Corpo Forestale dello Stato. Per emergenze ambientali generiche è attivo il 1525. Il 115 invece consente di chiamare il Pronto intervento dei Vigili del Fuoco. Sono necessari impegno e vigilanza da parte di tutti.

Anche il nostro Istituto contro i cambiamenti climatici

“Come è già successo per moltissime altre specie, l’uomo è destinato a scomparire dal nostro pianeta. Inquina, incendia, costruisce dighe gigantesche, disbosca, uccide. Tutto questo modifica in pochi anni gli ambienti naturali, frutto dell’equilibrio raggiunto in milioni di anni. Le conseguenze sono molte, alcune già visibili, altre prevedibili. L’innalzamento della temperatura dell’atmosfera determinerà danni che si ripercuoteranno sia sugli ambienti che sugli esseri viventi” (Didier).

“A causa delle attività umane la Terra mostra i sintomi del suo malessere. Il problema dei ghiacciai è uno dei sintomi più evidenti. Lentamente si stanno sciogliendo e questo non causa soltanto l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani ma crea squilibri nella vita degli esseri che vivono negli ecosistemi marini e terrestri. Ad esempio lo scioglimento dei ghiacci rende sempre più difficile la caccia degli orsi polari e molti di essi sono troppo magri per potersi riprodurre. Naturalmente molti pongono l’attenzione solo sui danni che possono esserci per l’uomo e le sue attività, per le sue città costiere. In Cina l’incidenza delle piogge di sabbia è dieci volte maggiore rispetto ai decenni scorsi. La pioggia vera deve essere provocata “sparando” sostanze chimiche nell’atmosfera, mentre altre zone del pianeta sono soggette ad alluvioni devastanti” (Eleonora).

“Le conseguenze delle attività umane e del consumo indiscriminato dei combustibili fossili sono numerose. Secondo gli scienziati, se si sciogliessero solo i ghiacci della Groenlandia il livello dei mari salirebbe di sette metri! L’eccessivo disboscamento determina ogni anno l’aumento delle aree desertiche e improduttive e l’impoverimento della biodiversità. Secondo me sono tutti problemi reali e poiché i cambiamenti non sono ancora irreversibili, dobbiamo fare qualcosa non solo a parole: servono fatti e impegni concreti. Nel nostro piccolo possiamo impegnarci nella riduzione dei rifiuti, nella raccolta differenziata, nel risparmio dell’acqua e dell’energia” (Miriam).

“Il surriscaldamento globale e l’effetto serra provocati dalle emissioni in atmosfera della CO2 e di altri gas ha raggiunto valori allarmanti per tutti. Come è stato già fatto da molti Stati per la riduzione dei clorofluorocarburi (cfc) responsabili della distruzione dell’ozono sull’Antartide, allo stesso modo sono necessari impegni per arrestare e invertire la tendenza verso questo riscaldamento globale. I vari gas provenienti dai combustibili fossili formano nuvole di inquinanti che si spostano con i venti su tutto il pianeta. Non esistono zone della Terra al riparo dagli effetti dell’inquinamento e del riscaldamento generale. Quest’ultimo problema è evidente anche in Italia: i ghiacciai delle Alpi sono sempre più ridotti e con loro diminuiscono anche le nostre riserve di acqua dolce” (Davide).

“Tempeste di sabbia, alluvioni catastrofiche, desertificazioni, incendi, in parte sono fenomeni naturali ma in molti altri casi sono le conseguenze degli errori dell’uomo. È necessario un ritorno a comportamenti sostenibili per l’ambiente che portino ad una riduzione delle sostanze inquinanti. Noi possiamo iniziare dalle piccole cose, dai comportamenti quotidiani ma gli Stati, i vari Enti territoriali, le grandi industrie devono orientarsi decisamente verso lo sviluppo e l’utilizzo di fonti energetiche alternative se vogliamo rendere più pulito il pianeta” (Roberta).

“Per l’ambiente, i cambiamenti climatici sono il problema principale degli ultimi anni. Acque sempre più calde, piogge sempre più acide, terreni sempre più aridi, inquinati e meno produttivi. Si tratta di problemi globali sui quali intervenire in modo deciso tutti” (Cristina).

“Stiamo andando verso la rovina. Le cause sono diverse, soprattutto l’inquinamento prodotto dalle attività umane: industrie, auto, impianti di riscaldamento e raffreddamento delle case. Per le auto da qualche anno ci sono sforzi nella costruzione a prezzi competitivi di motori a basse emissioni inquinanti. Ancora molto rimane da fare negli altri settori. Soprattutto per quanto riguarda l’uso del carbone in molte parti del mondo” (Francesco).

“L’emissione di anidride carbonica, dannosa per l’atmosfera, è aumentata e continua ad aumentare. Senza rinunciare al benessere raggiunto, dovremmo prendere esempio dai comportamenti dei nostri nonni o da quelli di alcune popolazioni non ancora industrializzate: ridurre gli sprechi, utilizzare prodotti naturali e non sfruttare oltre il limite della sostenibilità ambientale le risorse della Terra. Penso ad esempio alla pesca indiscriminata con le reti di fondale estese per decine di kilometri” (Ilenia).