Krakatoa

Krakatoa è un vulcano dell’isola indonesiana Rakata, situata tra le grandi isole di Sumatra e Giava. Si tratta di un vulcano attivo da circa undicimila anni, con una lunga storia e, a causa della catastrofica eruzione del 27 agosto 1883, è citato in tutti i testi di Scienze della Terra. Spesso il nome è utilizzato anche per riferirsi al gruppo di isole circostanti, resti dell’unico grande vulcano distrutto dall’eruzione del 1883. I geologi ritengono che quest’eruzione abbia provocato un boato avvertito fino a 5.000 km di distanza, il più forte rumore udito sul Pianeta durante la storia umana!

Nel corso della storia sono state registrate diverse eruzioni di questo vulcano. La prima di cui si ha testimonianza scritta risale al 416 d.C., riportata nel libro dei Re di Giava, anche se i geologi non hanno trovato prove stratigrafiche di quest’eruzione. Un’altra eruzione notevole (o forse è la stessa datata 416?) avvenne nel 535 d.C.

L’eruzione del 1883 distrusse l’intero cono vulcanico che scomparve quasi del tutto: rimase solo una parte meridionale del cono che corrisponde all’attuale isola Rakata. Fu forse la maggiore eruzione della storia della vulcanologia e provocò la morte di circa 36.000 persone. Nei dintorni del vulcano distrutto rimasero tre isole. I materiali emessi in atmosfera, in particolare gas e ceneri, furono trasportati dalle correnti in quasi tutto il globo ed ebbero un significativo impatto sul clima globale di quegli anni, provocando un abbassamento della temperatura di alcuni decimi di grado. L’eruzione provocò anche uno tsunami con onde altre, si stima, circa 40 metri che provocarono la maggior parte dei morti.

L’evento fu seguito da altre eruzioni, in particolare quella del 1927 e anni appena successivi determinò la formazione di una nuova isola proprio dove prima c’era il Krakatoa. Gli indigeni chiamarono questa nuova isola Anak Krakatau, cioè “figlio di Krakatoa”. Attualmente l’arcipelago Krakatoa comprende quattro isole: Sertung, Krakatau Kecil, Rabata e, al loro centro, Anak Krakatau, come appaiono nell’immagine scattata a dicembre 2013 dal satellite Landsat 8 della NASA nella quale sono visibili pennacchi di emissioni da Anak Krakatoa. Crediti: Internazionale del 15-21 dicembre 2023, https://www.internazionale.it/ .

Queste isole fanno parte dell’anello di fuoco circumPacifico, zona in cui sono concentrati la maggioranza dei vulcani e dei terremoti della Terra.

Sull’argomento, in rete sono disponibili un documentario di Alberto Angela (RAI) e almeno un paio di film, uno del 1969 anche in italiano e l’altro, più recente, del 2006 in inglese.

Il Vulcano Agung

Agung_vulcano.png  In questi giorni il vulcano Agung nell’isola di Bali in Indonesia ha incominciato ad emettere grandi quantità di ceneri e lapilli, mentre il cratere si è riempito di lava pronta a fuoriuscire. Il rischio di un disastro incombe, perciò le autorità locali hanno evacuato almeno 140 mila persone per un raggio di dieci km intorno al vulcano e chiuso l’aeroporto della provincia di Bali bloccando, decine di migliaia di turisti che erano pronti a lasciare l’isola. Molti hanno abbandonato Bali via mare, altri hanno atteso la riapertura degli aeroporti. L’ultima eruzione di Agung, nel 1963, provocò circa 1600 morti. Le copiose emissioni di cenere e i frequenti tremolii hanno avvisato per tempo autorità e popolazione (cosa che non sempre accade), perciò ci sono tutte le premesse per evitare la catastrofe, nonostante l’isola oggi sia molto più abitata di 54 anni fa.

Le conoscenze attuali non permettono di definire con precisione quando avverrà l’esplosione e l’eruzione vera e propria, che potrebbe immettere nell’atmosfera enormi quantità di ceneri pronte ad oscurare il cielo di tutta l’area, oltre all’emissione di lava.

     Le caratteristiche esplosive di Agung sono dovute al tipo di magma: molto viscoso, con un’elevata percentuale di silice, generato dalla fusione delle rocce oceaniche per attrito in seguito alla subduzione della placca australiana al di sotto di quella pacifica. La lava molto viscosa fa fatica a risalire in superficie, accumulandosi nella camera magmatica e lungo il camino vulcanico, intrappolando sotto pressione un’enorme quantità di gas. Quando la pressione di questi gas supera quella del magma e delle rocce sovrastanti, si ha l’eruzione esplosiva (attività piroclastica), con i gas che lanciano a km di altezza ceneri, lapilli, bombe vulcaniche, brandelli di lava.

La quantità di ceneri potrebbe essere tale da diffondersi, con le correnti, in tutto il sudest asiatico se non addirittura in tutto il pianeta. Intanto il 28 novembre scorso, le ceneri miste all’acqua delle piogge hanno generato fiumi e torrenti di fango, i temibili lahar, che scendevano dalle pendici del vulcano e si sono riversati pericolosamente verso la costa.

L’Agung è uno delle centinaia di vulcani attivi che costituiscono l’Anello di fuoco circum Pacifico, esteso per almeno 40.000 km. Quest’area, dove si concentra la maggioranza dei vulcani del pianeta, comprende le coste occidentali dell’America meridionale, centrale, settentrionale fino all’Alaska, per proseguire poi con le isole Aleutine, le coste orientali dell’Asia: penisola della Kamchatka, isole Curili, Giappone, Filippine e Indonesia appunto. Crediti immagine in alto: World Archive; in basso: News In Flight, sono ben evidenti coste e canaloni ricoperti di vegetazione, generati dalla lava e dai materiali piroclastici delle eruzioni precedenti. Video Askanews. Documentario: Cintura di fuoco del Pacifico, realizzato da due classi del liceo scientifico Vittorio Veneto di Milano nel 2017.