100 anni di Parchi a La Mandria

Nei prossimi tre giorni presso il Parco Regionale “La Mandria”, in Piemonte, ci sarà la festa dei parchi: “La Natura attraverso i Parchi. Dalla storia centenaria a una nuova gestione del futuro”. Il parco naturale La Mandria è un’area naturale protetta situata tra il torrente Stura di Lanzo, il torrente Ceronda e l’area urbanizzata a nord-ovest di Torino e di Venaria Reale, è stato istituito nel 1978 dalla Regione Piemonte, ed è il primo parco regionale ad essere stato istituito in Italia. È anche il più grande parco recintato d’Europa, la recinzione muraria lunga circa 30 km fu fatta costruire da Re Vittorio Emanuele II per preservare l’area di circa 3.000 ettari e riservarla per le battute di caccia dei componenti della famiglia reale e dei loro invitati.

Quest’evento di tre giorni celebra i 100 anni dei Parchi nazionali “Gran Paradiso” e “D’Abruzzo, Lazio e Molise”. Dopo le prime due giornate di studi, la terza giornata di domenica 24 settembre 2023 sarà dedicata al grande pubblico, con spazi espositivi e stand di numerosi enti che si occupano della gestione delle aree protette.

Presso ciascuno stand, il personale dei parchi darà informazioni sulla biodiversità custodita nelle Aree protette, proporrà attività educative e didattiche e distribuirà materiale informativo insieme a qualche piccolo gadget. Sarà inoltre possibile acquistare cartine dei sentieri verdi, magliette green e altro ancora. Informazioni sull’evento e il programma dettagliato delle tre giornate: https://100anniparchi.it/events/la-natura-attraverso-i-parchi/ .

Tra i partecipanti alle giornate di studio: Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana e giornalista scientifico; Giuseppe Bogliani, professore di zoologia Università di Pavia;
Maurizio Dematteis, giornalista e ricercatore; Caterina Gromis di Trana, divulgatrice naturalista e scrittrice; Vito Mancuso, teologo. Modera Davide Demichelis, giornalista e documentarista.

Zero termico a quota troppo alta

La recente alluvione in Emilia Romagna, con due morti, centinaia di sfollati e milioni di danni non deve trarre in inganno: i problemi della siccità, della progressiva regressione dei ghiacciai e dell’aumento globale della temperatura persistono. Le scarse precipitazioni in alcune Regioni italiane, Piemonte in testa, negli ultimi due anni hanno provocato una carenza idrica senza precedenti. Il livello medio di fiumi e laghi è molto al di sotto della media degli ultimi decenni in qualunque stagione lo si consideri. Questo problema delle acque superficiali si ripercuote sulle acque sotterranee, le falde acquifere, che si abbassano progressivamente e si ricaricano in modo parziale e con difficoltà. Tanto che anche in montagna non sono poche le sorgenti che non emettono più acqua.

Non va certo meglio per i ghiacciai. I flussi meridionali di aria calda anche in quota, in ogni stagione dell’anno, sono stati accompagnati da cambiamenti di pressione atmosferica e soleggiamento più elevato sia sugli Appennini che sulle Alpi. L’effetto combinato di questi fattori, unito a moti verticali di masse d’aria discendenti che comprimono e riscaldano ulteriormente l’atmosfera, ha accelerato la fusione dei ghiacciai alpini come non si era mai visto negli anni precedenti.

ARPA Piemonte spiega cos’è lo zero termico

Il ghiaccio che fonde e si perde alimentando piccoli rigagnoli lungo il fronte glaciale (bacino ablatore) non è compensato, se non in minima parte da quello che si riforma nel bacino collettore, la zona in cui si verifica l’accumulo di neve che poi per compattazione e ricristallizzazione dà origine al ghiaccio.

Le condizioni climatiche descritte, soprattutto nei mesi estivi degli ultimi anni, hanno spinto lo zero termico (la temperatura di 0 °C) sempre più in alto. Fino ad una decina d’anni fa lo zero termico sulle Alpi era tra 3.000 e 3.200 metri di quota. Negli ultimi anni, le misurazioni dei parametri meteorologici in quota con i radiosondaggi hanno fornito dati drammatici. Nella cartina di sinistra (dati ARPA): Lo zero termico in Piemonte lo scorso 3 marzo, in inverno, ovunque oltre i 1.500 m.

L’Aeronautica Militare, con il suo Reparto per la Meteorologia (che ha consentito anche il logo e il link per le previsioni del tempo a questo blog, vedi la colonna di destra), effettua continue misurazioni automatiche di questo tipo presso gli aeroporti e le località di: Trapani, Galatina, Decimomannu, Pratica di Mare, Rivolto e Cameri. A questi dati si aggiungono quelli rilevati da palloni sonda provvisti di sistemi di raccolta dei parametri atmosferici (temperatura, pressione, umidità, velocità e direzione del vento) che, grazie a localizzatori GPS, inviano alle stazioni operative al suolo anche l’ora e la località.

Le rilevazioni dello scorso luglio hanno certificato che lo zero termico è salito oltre i 5.000 metri di quota! In particolare il 31/07/2022 lo zero termico risultava a 5.206 metri sul livello del mare, una quota mai registrata in passato per l’Italia. Anche in Alto Adige lo scorso agosto 2022 lo zero termico era a 4.400 metri di quota. Crediti immagine: https://www.altoadige.it/ . Vedi anche Libero Scienza.

Il problema dell’innalzamento dello zero termico non è solo italiano ma riguarda anche gli altri Paesi e gli altri Continenti. Un allarme estremamente preoccupante, una delle tante conferme del surriscaldamento globale in atto e dei mutamenti climatici correlati.

La giornata della Terra calda

Dante Iagrossi. Nessuno forse avrebbe immaginato fenomeni di tale portata. La notevole siccità del Po, di altri fiumi e dei campi coltivati al Nord, non solo in estate, ma addirittura in inverno! Tutto per la scarsità di neve che si è verificata su Alpi e Pirenei, che ha determinato meno acqua in fiumi, irrigazioni adeguate compromesse, da cui raccolti minori e gravi problemi per famiglie e animali allevati.

Il surriscaldamento globale causa in generale temperature più alte dappertutto, su coste e monti spingendo gli animali selvatici, come i cinghiali, a cercare cibo in città.

D’altra parte si stanno verificando più frequenti e violente bombe d’acqua, innalzamenti del livello dei mari, con la riduzione di spiagge, mari più caldi che consentono la venuta di organismi tropicali, che insidiano quelli locali.

Ci aspetta un’altra estate, dopo quella del 2022 che è stata la più calda nella storia europea: nel solo mese di luglio la temperatura media ha superato di 2,26 °C quella media dal 1800 in poi. La concentrazione di anidride carbonica è salita di circa il 150%,lungo le coste orientali della Groenlandia, rispetto ai livelli preindustriali, quella del metano del 262 e del protossido di Azoto del 123%. L’aumento delle quantità di gas ha innescato un crescente effetto serra, da cui: inondazioni, dissesto idrogeologico, siccità, crisi idrica e conseguente crisi di agricoltura e allevamento, diffusione di malattie infettive, estinzione di tante specie animali e vegetali.

Gli effetti del cambiamento climatico si evidenziano ai poli tre volte più intensamente rispetto al resto della Terra. A questo proposito un gruppo di esperti ha compiuto la “Missione Artico” WWF su una barca a vela. Si è constatato che ogni dieci anni si perde il 13% della massa dei ghiacci che copre la Groenlandia, per un totale annuo corrispondente a ben 50.000 piramidi egiziane! La superficie ghiacciata riflette la luce solare, che altrimenti viene assorbita maggiormente da acque marine e permafrost. Il ghiaccio è fondamentali per la formazione di correnti marine e quindi per la distribuzione di calore tra Nord e Sud Gli orsi polari tendono ad avvicinarsi sempre più alle zone abitate, beluga, trichechi e narvali si stanno spostando più a Nord

La giornata della Terra, celebrata il 22 aprile,(un mese e un giorno dopo l’equinozio di primavera), porta alla ribalta anche quest’anno tanti vari segnali di allarme, per cercare rimedi pronti e ed efficaci a situazioni sempre più incresciose per noi e tutta la biodiversità. Le indicazioni e i provvedimenti internazionali dovrebbero andare di pari passi con i nostri comportamenti quotidiani, se vogliamo davvero salvaguardare il nostro prossimo futuro.

Il primo obiettivo basilare resta la riduzione sostanziale delle emissioni di anidride carbonica, in modo da contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi, fino al 2050, con lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, come quella solare ed eolica, e con l’uso sempre più diffuso di motori elettrici. Dante Iagrossi (Foto da Pixabay).

La grandine è sempre più intensa e distruttiva

Vuoi assicurare l’auto anche contro la grandine e gli eventi meteorici? Puoi farlo solo se l’auto è nuova e, comunque, il costo della copertura assicurativa per questi eventi è aumentato notevolmente negli ultimi anni. Il motivo è sotto gli occhi di tutti: gli eventi meteorologici estremi, grandine, temporali intensi con bombe d’acqua, siccità e incendi, alluvioni e frane, sono aumentati di numero e di intensità a causa dei mutamenti climatici in atto.

Tra tutti questi fenomeni sono diventati particolarmente rilevanti i danni economici causati dalla grandine all’agricoltura, alle abitazioni, alle serre e agli autoveicoli. Non sono poche le persone ferite e, in qualche caso, decedute perché colpite da chicchi di grandine di notevoli dimensioni (nell’immagine: chicchi di grandine della scorsa estate in provincia di Torino).

La grandine è costituita da chicchi di ghiaccio di dimensioni variabili a seconda delle condizioni e del tempo impiegato per la sua formazione. Questi chicchi si formano prevalentemente durante il periodo estivo all’interno di particolari nubi a sviluppo verticale: i cumulonembi, gli stessi da danno origine ai temporali. Quando la temperatura in alta quota scende a 0 °C oppure sotto zero, il vapore acqueo presente nell’atmosfera si condensa intorno ai nuclei di condensazione (granelli di polvere, sabbia, argilla o di sostanze inquinanti) e mediante brinamento si trasforma in chicchi di ghiaccio. Solitamente si tratta di chicchi di piccole dimensioni perché la forza di gravità tende a portarli al suolo. Ma in alcuni casi la turbolenza atmosferica, con i suoi moti ascensionali e discensionali delle masse d’aria, genera moti convettivi che mantengono in sospensioni i primi chicchi la cui parte esterna funziona da nucleo di aggregazione per altro vapore acqueo. Trascinati verso l’alto dai moti ascensionali, i chicchi aumentano di dimensioni perché lo strato esterno liquido solidifica a sua volta. Se la salita e la discesa di questi chicchi si ripete più volte, perché la turbolenza atmosferica impedisce ai chicchi di precipitare al suolo, i chicchi stessi aumentano progressivamente di dimensioni. L’accrescimento termina quando la turbolenza diminuisce o quando le dimensioni dei chicchi raggiungono una massa tale, per cui la forza di gravità prevale sulla capacità dell’aria di mantenerli in sospensione con le sue forze ascensionali, e si ha la grandinata.

L’aumento dell’intensità e della frequenza di questi fenomeni sono lo specchio dei mutamenti atmosferici e climatici provocati dal consumo smodato di combustibili fossili negli ultimi due secoli. Grandinate che avvenivano solo nei periodi estivi, ormai in molte zone, Italia compresa, avvengono anche in primavera e in autunno. Nonostante ciò, nella rete si nota che il negazionismo riguarda anche i cambiamenti climatici (non dobbiamo meravigliarci, succede per convenienza, ignoranza o semplicemente per farsi notare, del resto esiste anche il fenomeno del “terrappiattismo” con i suoi seguaci), però tutti gli studi provenienti da vari Paesi del mondo concordano: i fenomeni meteorologici estremi nella loro intensità e frequenza hanno una stretta correlazione con i mutamenti climatici le cui cause sono anch’esse conosciute ed accertate.

PIANTE MIGRANTI

di Dante Iagrossi

Secondo lo studio di ricercatori delle università della California e della Columbia, risalente a qualche anno fa, basterebbe un aumento della temperatura globale media di soli due gradi a provocare un notevole spostamento verso Nord di persone, animali e anche vegetali. Dal centro America, Africa ed India, per sfuggire al surriscaldamento, pure le foreste, in modo più lento migrerebbero verso zone più settentrionali. Del resto, questo fenomeno si è già verificato dopo la fine dell’ultima grande glaciazione, nei 13 mila anni successivi.

La migrazione delle foreste è operata in realtà dal vento, dalle correnti d’acqua, dalle pellicce appiccicose di certi animali e dalle loro feci con semi. Lo sviluppo di tali piante in altre terre comporta un

incremento dei loro strumenti difensivi da erbivori: veleni e spine. Il problema di fondo che si pone è la velocità nell’aumento di temperature globali, poiché le piante più isolate e con meno semi porebbero non avere tempo necessario e quindi rischiare l’estinzione. Inoltre ci sono anche ostacoli insormontabili o quasi come le catene montuose. Quindi si prospettano in generale, da un lato una frammentazione di zone boschive, dall’altro addirittura la scomparsa di certe specie vegetali del tutto disadattate alle nuove condizioni climatiche.

Anche in Italia si assiste alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Varie piante, prima relegate a basse altitudini, adesso cominciano a comparire più in alto.

In questi giorni giovani di tutto il mondo, capeggiati da Greta e Vanessa, stanno denunciando la politica del BLA BLA di certi Stati: ormai c’è bisogno urgente di soluzioni pratiche concrete da attuare per risolvere il problema impellente del riscaldamento globale. Ma oltre agli impegni ufficiali, contano soprattutto quelli quotidiani delle persone, del loro senso di responsabilità. Innanzitutto ci dobbiamo adoperare per ridurre sempre di più l’uso di combustibili fossili, ricorrendo alle energie pulite rinnovabili. Fondamentali ad es. l’uso di auto elettriche e di energia solare nelle case.

Inoltre si possono costruire altre Banche di semi, soprattutto per le specie vegetali a rischio, come lo Svalbard global seed vault, nelle isole al nord della Norvegia. Dapprima si pensava a salvaguardare soprattutto specie agricole, ma poi anche altre selvatiche, come il pino silvestre e l’abeto rosso.

Un piccolo ma significativo contributo, anche per diffondere una sana consapevolezza della necessità del verde per tutti, potrebbe venire anche dagli alberi piantati presso le scuole, dal rimboschimento da parte di privati e da quelli impiantati in zone migliori dalle associazioni ambientaliste.

Molto positive certe iniziative, come l’impiantamento di abeti dei Nebrodi dalla Sicilia all’Appennino Toscano e la creazione in Val Padana della foresta di Carpaneta, piantandovi migliaia di piante di farnia, specie che correva seri rischi di estinzione, per tagli eccessivi, inquinamento ed aumento di zone urbanizzate. Crediti fotografici: Biopills. Dante Iagrossi, Caiazzo

Sondaggio sul cambiamento climatico

Temperature medie globali: Elaborazione grafica basata sui dati dello studio del World Meteorological Organization (WMO). The Global Climate 2001-2010. Crediti: Italian Climate Network

Qualche settimana fa è stato pubblicato il risultato di un sondaggio sulla percezione del cambiamento climatico, organizzato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, che ha interessato 50 Paesi nel mondo e circa 1,2 milioni di persone. Il più grande sondaggio realizzato a livello globale, in collaborazione con l’università di Oxford. Mediamente il tema del cambiamento climatico costituisce un’emergenza mondiale per il 70% della popolazione che ha risposto, con punte in Italia e Gran Bretagna dove questo dato sale all’81%. Ma anche nei Paesi “meno preoccupati” (Stai Uniti, Moldavia, Argentina, India …) del cambiamento climatico in atto, comunque il valore resta al di sopra del 50%. Le differenze non sono molto marcate tra le varie generazioni, non come ci si poteva aspettare. I giovani, soprattutto quelli nella fascia d’età 14-18 anni, quella della frequenza degli istituti superiori ovviamente sono più sensibili e preoccupati per le scarse misure messe in atto per contrastare i cambiamenti climatici. Oltretutto la maggioranza di loro non ha ancora diritto di voto e non può tradurre la propria opinione nella scelta della rappresentanza politica.

Le persone più sensibili al problema sono quelle che hanno un livello di istruzione superiore o universitario.

La maggioranza della popolazione mondiale quindi, è convinta che il surriscaldamento globale sia un’emergenza grave da affrontare con interventi e strumenti più efficaci. Ovviamente i “negazionisti”, come sull’efficacia dei vaccini o sulla forma “sferica” della Terra o sugli allunaggi dal 1969 in avanti, ci sono e sono presenti in rete anche per negare il riscaldamento globale. Video:

Luca Mercalli:

Crediti: “Peoples’ Climate Vote

COP 25 a Madrid

COP 25 Madrid          L’Italia è tra i Paesi che pagheranno di più in termini economici, ambientali e sociali le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto. Il nostro Paese si trova al centro della Regione Mediterranea ed è caratterizzato da un’elevata vulnerabilità climatica: ondate calore, di siccità estreme e incendi, progressivo scioglimento dei ghiacciai alpini (di quelli appenninici rimane un piccolo lembo sul Gran Sasso), progressiva erosione delle coste in conseguenza dell’innalzamento del livello dei mari e del moto ondoso sempre meno controllabile, aumento dei fenomeni alluvionali e franosi come conseguenza delle “bombe d’acqua” sempre più frequenti. Sono tutte conseguenze prevalentemente dell’aumento di gas ad effetto serra nell’atmosfera e della scarsa cura dell’uomo per l’ambiente. Il clima di questo nuovo secolo, per il Pianeta e per l’Italia, ha incominciato ad essere e sarà decisamente diverso rispetto a quello del XX secolo.
I rapporti annuali dell’IPCC, l’organo della Nazioni Unite che sintetizza i lavori di migliaia di gruppi di ricerca sui fenomeni climatici della Terra e sulle loro cause ormai non lasciano dubbi: l’aumento della temperatura globale sarà progressivo nei prossimi decenni e per contenerlo entro +1,5 o +2 °C tra il 2030 e il 2050 bisogna mettere in atto azioni concrete e durature. Altrimenti sarà una catastrofe per molte forme di vita, compresa quella umana: scarsità d’acqua dolce e di cibo per una popolazione di oltre sette miliardi di persone e destinata ad aumentare velocemente, migrazioni verso zone più abitabili e meno toccate dalla carenza d’acqua e dalla desertificazione del suolo.
In questi giorni, dal 2 al 13 dicembre, a Madrid si sono riuniti i rappresentanti di tutti i Paesi del mondo per discutere (ancora una volta) e, si spera, per prendere decisioni sulle azioni da mettere in atto fin da subito per rallentare l’aumento della temperatura globale. Magari anche per rispettare gli impegni già presi a Parigi (COP 21, del 2015) e disattesi da alcuni grandi Paesi inquinatori.
La Conferenza doveva tenersi in Cile, ma le grandi proteste di piazza degli ultimi mesi che si sono svolte in quel Paese, contro le disuguaglianze sociali estreme che hanno portato una parte della popolazione in condizioni di forte povertà, hanno determinato lo spostamento nella capitale della Spagna.
Alla fine, tra tecnici e politici, parteciperanno ai negoziati oltre 20.000 persone. Obiettivo fondamentale: azioni concrete comuni per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, entro il 2100. Obiettivo non facile, considerato che ogni volta gran parte dei Paesi non riescono a rispettare gli impegni già presi nelle conferenze precedenti, soprattutto quella di Parigi. I governi attuali di alcuni Paesi, Stati Uniti e Brasile in testa, si sono tirati fuori dagli impegni, in nome di un consumismo sfrenato e di motivazioni pseudoscientifiche (anche i cambiamenti climatici in atto e l’aumento della temperatura globale sarebbero fenomeni naturali, svincolati dall’aumento della produzione di gas serra) che la Scienza non riconosce.
I problemi da affrontare sono molti, in più si è scoperto che le conseguenze dei cambiamenti climatici purtroppo si stanno manifestando in modo più veloce rispetto a quanto era stato previsto dagli stessi scienziati negli anni scorsi. Problema che si aggiunge agli altri problemi.
Tra i principali ricordo:
– L’NDC (Nationally Determined Contributions), le promesse di riduzione dei gas serra su cui ci si era impegnati a Parigi nel 2015 e che molti non hanno rispettato e che, comunque, si sono rivelate insufficienti. Come porre rimedio, considerando anche che gli attuali governi di Stati Uniti e Brasile (due grandi Paesi, molto influenti sulle cause dei cambiamenti climatici per diversi motivi) sono decisamente climatoscettici?
– L’ETS (Emission Trade System) che, in base all’art. 6 dell’accordo di Parigi, prevede l’uso dei mercati per lo scambio di quote di emissioni di CO2 : I Paesi più inquinatori possono acquistare quote di CO2 da quelli (spesso più poveri) che inquinano meno. Ciò avrebbe dovuto portare a qualche riduzione delle emissioni di gas serra, ma non tutti sono d’accordo sulla loro efficacia.
– La volontà degli Stati Uniti di Trump di uscire dall’accordo di Parigi, notificata alle Nazioni Unite.
– Lo scarso entusiasmo di Russia e diversi “piccoli” Stati europei e asiatici nei confronti degli impegni per ridurre la causa fondamentale dei mutamenti climatici in atto e destinati ad aggravarsi in futuro.
Si riuscirà a passare ad azioni concrete per rispondere agli allarmi degli scienziati e alle preoccupazioni rappresentate anche dalle proteste dei giovani (effetto Greta) in gran parte del mondo nell’ultimo anno? Oppure sarà uno dei tanti vertici inutili, a fronte delle situazioni drammatiche di molte zone del Pianeta?
Video: Greta Thumberg e COP 25 a Madrid; Fanpage.t su COP 25. Incendio_Amazzonia

Orso polare sofferente di Paul Nicklen

     I biologi e fotografi naturalisti Paul Nicklen e Cristina Mittermaier, tra gli altri lavori, hanno documentato con foto e un video la sofferenza e la forte malnutrizione di un orso polare sull’isola canadese di Baffin. I biologi hanno condiviso un post e il video lo scorso 5 dicembre in occasione del lancio del progetto “Tyde” di Sea Legacy e da allora è stato visualizzato da milioni di persone.

     L’areale dell’orso polare, a causa dei cambiamenti climatici che hanno provocato una progressiva riduzione della calotta glaciale artica, negli ultimi decenni si è ristretto notevolmente. In queste condizioni sono molti gli orsi che muoiono di fame ogni anno.

     Alle sofferenze per la scarsità di cibo di centinaia di milioni di persone nelle aree più povere del pianeta, in Africa, Asia e Sudamerica, bisogna aggiungere anche la sofferenza e la scomparsa di molte specie animali e vegetali, tutto come conseguenza di uno sviluppo umano insostenibile nel tempo e fortemente squilibrato nelle e tra le diverse aree della Terra. Secondo molti studi, le differenze economiche e sociali continuano ad aumentare: pochi ricchi sempre più ricchi e la fascia della povertà che aumenta in quasi tutti i Paesi.

     L’orso polare rappresenta un simbolo di sofferenza e morte che comunque lascerà indifferenti quanti, presidente degli Stati Uniti in testa, continuano a ignorare i cambiamenti climatici o a ritenerli non collegati alle attività umane e all’emissione in atmosfera di miliardi di tonnellate di gas serra-inquinanti ogni anno.

     Il video straziante e commovente si può vedere QUÍ. Naturalmente i biologi-fotografi non potevano intervenire per somministrare cibo (carne di foca) che non possedevano: un orso affamato inoltre è inavvicinabile senza un intervento di sedazione. Il problema riguarda tutti gli abitanti dell’artico e comunque a poco sarebbe servito riuscire a salvarne uno.

Crediti: https://www.lifegate.it/persone/news/orso-polare-fame-paul-nicklen . Crediti immagine: https://www.wwf.it/orso_bianco3/, con il Progetto Orso Polare.

“Planet is calling” del WWF

Report_suolo_WWF“Il nostro Pianeta ci sta  lanciando un disperato SOS: non possiamo più restare a guardare, il momento per agire è ora: il futuro del Pianeta dipende da te!”

     E’ lo slogan lanciato dal WWF per sostenere la campagna “Planet is calling”. In 30 secondi di video, la presentazione dei cambiamenti climatici in atto, con il 2017 considerato un anno terribile per il Pianeta.

     L’iniziativa serve anche per sostenere la nuova campagna di associazione al WWF, quindi è anche un fatto commerciale (forse anche troppo). Ma questo non toglie nulla ai meriti del WWF e ai suoi numerosi progetti internazionali che si sono succeduti negli anni per la salvaguardia del Pianeta.

Sono particolarmente interessanti per la didattica le pubblicazioni su vari temi di carattere ambientale, ricche di dati e liberamente scaricabili, come quella del 2017 sul consumo di suolo in Italia.

Per saperne di più: http://www.wwf.it/ .

Capacità dei vari Paesi di rispettare gli impegni sul clima

emission_CO2     COP21 di Parigi ha concluso i suoi lavori con un documento che ha suscitato molti commenti positivi. L’impegno sottoscritto da più di 190 Stati è andato oltre le aspettative iniziali: limitare il riscaldamento globale dei prossimi decenni a 1,5 °C. Si partiva da documenti con un impegno meno ambizioso: riduzione dell’aumento della temperatura dell’atmosfera e della superficie del pianeta a 2,0 °C.

     Su quest’ultimo dato, un gruppo di organizzazioni scientifiche (Climate Analytics, Potsdam Institute for Climate Impact Research, Ecofys, NewClimate Institut) prima dello svolgimento di COP21 hanno compilato un database sulla capacità dei Paesi di rispettare gli impegni sul clima: CAT (Climate Action Tracker). Alcuni di questi dati sono stati pubblicati anche sul National Geographic, numero speciale di novembre 2015, dedicato ai cambiamenti climatici.

     In base a questi dati, emerge che sono pochissimi i Paesi attualmente in grado di rispettare gli impegni che limitano l’aumento di temperatura sotto i 2 °C: solo Etiopia, Marocco e Costa Rica. Paesi che hanno inciso e incidono molto poco sui cambiamenti climatici in atto. I Paesi le cui attività hanno un forte impatto sul clima globale, sono stati valutati con una capacità insufficiente o altamente insufficiente di contenere il riscaldamento entro quella soglia. Pare che abbiano un’insufficiente capacità di adottare misure efficaci per i loro impegni nei confronti del clima (l’ordine di segnalazione è casuale): Stati Uniti, Messico, Brasile, Perù, Unione Europea, Cina, India, Indonesia. Come si vede si tratta di veri e propri colossi energivori. Ma altri Paesi stanno peggio, la loro capacità di limitare il riscaldamento entro la soglia dei 2 °C è stata valutata altamente insufficiente: Canada, Cile, Sudafrica, Russia, Ucraina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda. Per altri Stati non è stato possibile fornire una valutazione o, in qualche caso, non erano neanche intenzionati a sottoscrivere l’impegno. Ora che è stato firmato un documento con impegni più stringenti, i Paesi in questione e gli altri metteranno in atto politiche, risorse e concrete azioni per aumentare la loro capacità di rispettare gli impegni? Naturalmente molti di noi si augurano che gli studiosi delle organizzazioni che hanno contribuito al database CAT siano stati troppo severi nelle loro valutazioni, oppure che si siano sbagliati. In caso contrario le prospettive per il futuro del pianeta, delle attuali giovani generazioni e di quelle future sono scoraggianti.

Nell’immagine: la mappa delle emissioni di CO2 come risulta da en.wikipedia.org .