IL MUFLONE: COMBATTIMENTI SERRATI

Dante Iagrossi. Secondo una leggenda sarda, un pastore quasi sempre isolato dalla comunità vicina, conduceva il suo gregge al pascolo di prima mattina. Un giorno, salendo in montagna, visto un muflone, gli puntò il fucile contro, ma quello gli confessò di essere lo spirito di suo nonno. Allora il pastore, impaurito, corse subito alla sua baracca, dove si era acceso un incendio, che fece in tempo a bloccare. Quindi il muflone gli permise di salvare la sua abitazione.

Caratteristiche generali

Il muflone europeo (Ovis gmelini musimon), mammifero artiodattilo, ungulato, della famiglia dei Cervidi, discende da quello asiatico. Vive in particolare in Sardegna, Corsica, Cipro, e in altre isole minori, ma dal 1700 è stato introdotto anche in Europa, poi in Cile ed Usa. Il pelo si inscurisce d’inverno, ma è bianco sul muso, parte interna delle orecchie, attorno agli occhi, sotto e dietro. I maschi si distinguono dalle femmine, di colore marroncino, per due grosse corna ricurve, fisse su base ossea, ambiti trofei di caccia. Tre le varietà: oltre alla sarda, anche quella della Corsica e di Cipro.

Habitat

Si trova specialmente in zone collinari e rocciose, in cui si rifugia quando è in pericolo. Comunque si po’ spingere anche in foreste di conifere e latifoglie, fino ad altezze di circa 1500 metri.

Struttura sociale

Mentre le femmine con i loro piccoli vivono in grossi gruppi, i maschi, in genere coetanei, vivono in altri, separati da loro e più ristretti. Invece quelli più vecchi preferiscono stare soli. Non sono territoriali, non avendo ghiandole odorifere adeguate per contrassegnare confini. A volte ci possono però essere lotte per una certa zona o per l’accoppiamento.

Alimentazione

Animali da pascolo, oltre che di erbe, si nutrono anche di tanti altri vegetali e varie ghiande, anzi possono brucare persino piante abbastanza dure, evitate da altri animali.

Comportamento

Piuttosto diffidente verso chi potrebbe disturbarlo, appare più pacifico nelle zone più tranquille. Più corridore che arrampicatore, si accorge di potenziali pericoli grazie all’udito, l’olfatto e la vista molto fini.

Corteggiamento e riproduzione

Nel mese d’ottobre, o anche dopo, in zone più fredde, i maschi si avvicinano ai branchi femminili, attratti dal loro profumo. Entrano in competizione per attirarle. Con cozzate frontali di corna, o con vigorose spallate. Nel primo caso essi, dopo una breve rincorsa, si saltano addosso con forte impatto, persino sonoro, udibile anche da lontano. Nel secondo, invece, meno violento, essi si spingono l’un l’altro, con corna incrociate. Da notare però che si tratta di comportamenti ritualizzati, senza grosse ferite, per stabilire solo chi è il più forte, senza la soppressione del perdente. Tra marzo ed aprile, le femmine lasciano il gruppo e, dopo circa 5 mesi di gestazione, partoriscono isolate uno o due piccoli, già capaci di muoversi, allattati inizialmente ogni 15 minuti, per sei mesi. La maturità sessuale si ha a circa un anno e mezzo di età. Poi d’estate femmine e piccoli si riuniscono in una quarantina. I maschi vivono per 12 anni circa, le femmine circa 15.

Situazione e problematiche attuali

I mufloni, in base alla convenzione europea di Berna (1982), sono specie protetta, ma in Italia ciò si attua realmente solo nell’Asinara, con territorio inaccessibile ai cacciatori, e nella riserva privata di Capo Figari, isola Figarolo, con adeguati controlli. A volte però ci sono iniziative non positive se considerate a lungo termine. Nell’isola del Giglio, ad es., negli anni ’50 furono introdotti 7 mufloni, che però nel tempo sono cresciuti molto in numero, arrivando a circa 150. La conseguenza è stata grave: in una piccola isola, con flora e fauna protette, una riduzione cospicua del patrimonio boschivo, in particolare dei lecci, ma anche di giovani arbusti, che quindi non si potevano più riprodurre. La soluzione drastica è stata l’abbattimento di 35 capi, nonostante le proteste animaliste, e il trasferimento di 52 in altre zone.

In Sardegna la popolazione attuale è abbastanza numerosa, con oltre 2.000 esemplari, dovuta anche ad introduzioni, che però potrebbero creare una certa competitività con i camosci. Dante Iagrossi (foto da Pixabay).
Fonti: Wikipedia, Ente gestione Aree protette (Alpi marittime), Ambiente.regione.emilia-romagna.

Meno foreste, più deserti

Dante Iagrossi. I nostri boschi e le grandi foreste svolgono funzioni fondamentali per noi e gli altri viventi. Purtroppo, da vari decenni sono a rischio, soprattutto per certe sconsiderate attività umane, anche se ci sono valide iniziative per preservarle, con risultati positivi, ma ancora non risolutivi a livello globale.

Importanza delle foreste

Le foreste sono innanzitutto enormi produttrici di ossigeno e assorbono anidride carbonica, regolano il clima e sono formidabili scrigni di biodiversità, oltre che fonti immense di legno e piante usate nei modi svariati (alimentazione, farmaci, colori, ecc.).

Cause principali di desertificazione

Le grandi foreste del mondo stanno diminuendo significativamente le loro estensioni, soprattutto per tre gravi motivi:

  • creazione di nuove superfici soprattutto per agricoltura ed allevamento; in misura minore, per scopi minerari ed edilizi.
  • Uso di legno come combustibile: circa un terzo della popolazione mondiale ha bisogno ancora del legno per il riscaldamento.
  • Richiesta di legname pregiato (mogano, ebano, ecc.) per costruzioni e artigianato, soprattutto in Messico, Brasile, Colombia, Cile, Nigeria, India, e altri Paesi del Sud Est asiatico.

Conseguenze basilari

Il disboscamento intenso e progressivo causa la diminuzione notevole del manto vegetale terrestre, per cui maggiori quantità di Anidride Carbonica nella fotosintesi non vengano più trasformate in Ossigeno e glucosio. Quindi si registra un incremento dell’effetto serra e del conseguente riscaldamento globale: si stima che ogni anno ci siano 1,6 miliardi di tonnellate di Carbonio in più per il disboscamento e ben 6 per le combustioni.

Si riducono anche le popolazioni di animali ospitati e delle stesse popolazioni di indigeni e diventano più probabili eventi estremi negativi. Infatti, lo sfruttamento intensivo delle coltivazioni e la siccità, per la diminuzione di piogge, insieme alla desertificazione, che accompagna certe zone disboscate, stanno creando notevoli disagi per la sopravvivenza di milioni di persone, costrette a migrare verso i Paesi europei.

Il caso dell’Amazzonia e dell’olio di palma

Quella amazzonica è la più estesa foresta del mondo, ma in un solo anno, tra l’agosto 2020 e il luglio 2021, la sua deforestazione è aumentata di quasi il 22% rispetto al periodo precedente, per un totale di 13.235 kmq perduti. In alcune zone dell’America del Centro e Sud, Africa, e Asia tropicale l’espansione dei campi coltivati con palme ad olio ha determinato la diminuzione di foreste e torbiere, con incendi e rilascio di rilevanti quantità di gas serra. Nel solo decennio 1990-2000, secondo un rapporto della FAO, sono andati persi in tutto circa 420 milioni di ettari di foreste. Inoltre, secondo l’Atlante Mondiale della Desertificazione, oltre il 75% della superficie terrestre è già degradato e si potrebbe arrivare al 90% nel 2050. Nella sola UE circa l’8%, in 13 Stati, è a rischio.

Accordi internazionali

Nel 2014 a New York, durante il vertice Onu Climate Summit, per contrastare la deforestazione, è stato deciso lo stop al taglio di alberi nel 2030 e il ripristino di oltre 350 milioni di ettari di foreste e campi coltivati. Nel COP26 di Glasgow del 2021, 110 nazioni, che coprono l’85% dell’intero patrimonio forestale mondiale, hanno avuto la promessa di 15 miliardi di sterline per ripristinare le foreste. Il 2011 è stato l’Anno internazionale delle Foreste e, dal 1997, il 17 giugno è stato dichiarato giornata mondiale della lotta alla desertificazione.

Non ci sono “ricette” globali per combattere la desertificazione, ma è stato approvato il progetto della “Grande muraglia verde” in Africa, enorme “corridoio” verde dal Senegal al Corno d’Africa, lungo 7.800 km e largo 15 km, che nel 2030 potrebbe catturare 250 milioni di tonnellate di Anidride Carbonica dall’atmosfera. Alcune associazioni e privati si impegnano a piantare molti alberi all’anno. Si dovrebbe anche anche attuare un’agricoltura nuova, con aumento di produzione accompagnata da una gestione sostenibile, oltre ad un equilibrio tra quantità di emissioni ad effetto serra e assorbimento da foreste. Dante Iagrossi (foto da Pixabay)

Giornata mondiale delle api

Si celebra oggi la giornata mondiale delle api, una ricorrenza internazionale che tende a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di questi fondamentali insetti impollinatori. Insetti sociali che con il loro instancabile lavoro di ricerca del nettare, da un fiore all’altro, svolgono un ruolo insostituibile di sviluppo ambientale sostenibile, sentinelle ambientali e di sostegno alla biodiversità.

La loro importanza economica come produttori di miele è del tutto secondaria (ma non la pensano così gli apicoltori, me ne rendo conto) rispetto al ruolo di impollinatrici delle piante con fiore, sia arboree che erbacee e arbustive.

Spesso viene citato il detto di Albert Einstein secondo cui alla specie umana, senza le api, resterebbero solo quattro anni di sopravvivenza. Sono decine di migliaia le specie di api nel mondo, una delle più diffuse è l’ape domestica (Apis mellifera), che si trova in tutti i continenti, escluso l’Antartide e le zone artiche. Il genere Apis venne introdotto dal grande tassonomista Carlo Linneo nel 1758, la famiglia è Apidae, ordine è quello degli imenotteri che appartengono alla classe degli insetti.

Le attività umane più pericolose per la vita delle api sono l’utilizzo indiscriminato di pesticidi, fertilizzanti e fungicidi. In molte parti del mondo queste pratiche hanno causato una riduzione molto preoccupante del numero di questi insetti sociali, tanto da rappresentare una delle maggiori emergenze ecologiche. Per chi vuole approfondire lo studio delle api: Rudolf Steiner, Le api, biblioteca antroposofica Milano, 1982.

Dopodomani, 22 maggio sarà anche la giornata mondiale della biodiversità, proclamata nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare l’adozione della Convenzione della Diversità Biologica.

STRANE CREATURE ABISSALI

di Dante Iagrossi

Il mare è stato il grande contenitore in cui è nata e si è sviluppata la vita: ospita tuttora l’ottanta per cento di tutti i viventi, ci fornisce il 50% dell’ossigeno respirato e assorbe un terzo dell’anidride carbonica prodotta da attività umane. Inoltre dona lavoro, cibo ed energia ad almeno la metà dell’intera popolazione mondiale.

Anche se il mare occupa circa i tre quarti della superficie terrestre, finora ne abbiamo esplorato solo il 5-7% dei fondali. Di conseguenza, abbiamo anche una conoscenza limitata dei vari organismi che lo popolano: spesso se ne trovano di nuovi e inattesi, a rinfoltire una galleria di esseri strani, mostruosi, molto grandi o piccoli. Forse la “bruttezza” di questi organismi è dovuta al fatto che, rispetto a certi fattori estetici, diventa più importante la necessità di sopravvivere in condizioni avverse, molto diverse da quelle di animali terrestri o che vivono a minori profondità. Di vita se ne trova anche a più di 4000 m di profondità, procurandoci spesso un profondo senso di meraviglia per gli espedienti particolari adottati per adeguarsi a condizioni davvero proibitive. Innanzitutto a certe profondità, la luce del Sole non arriva, per cui c’è buio notevole e freddo intenso; inoltre la pressione idrostatica aumenta parecchio e le possibilità di cibo risultano molto ridotte.

Alla mancanza di luce, certi organismi rispondono con la bioluminescenza, cioè col produrre luce da sé, soprattutto per la cattura di cibo e la difesa da nemici. Alcuni sono addirittura ciechi del tutto o comunque ipovedenti.

Molti animali assumono anche masse molto superiori a quelli in zone diverse, in modo da tollerare meglio le pressioni elevate. I denti sono in genere lunghi e ben affilati, ricurvi verso l’interno. Le bocche assai grandi consentono l’entrata di prede di mole notevole, che trovano abbastanza spazio nello stomaco ben dilatabile.

Rana pescatrice

La rana pescatrice non ha certo un bell’aspetto, ma racchiude in sé varie caratteristiche che ne permettono la vita. La testa è molto grande, con bocca enorme, dotata di denti assai affilati, per ingoiare grosse prede. Possiede sul capo una protuberanza capace di emettere luce, con cui attira prede subito ingoiate. I maschi sono molto più piccoli delle femmine, per cui affondano i denti sul loro corpo, mettono in comunicazione i sistemi di circolazione, ricevendone il cibo. Così atrofizzano i vari organi, tranne quelli sessuali.

Pesce blob

Il Pesce blob ha una lunghezza di circa 30 cm, con un corpo gelatinoso, senza muscoli: piuttosto sedentario, non ha denti e ingoia le prede che si avvicinano alla sua bocca.

Il Verme di Pompei, vivendo attaccato a sorgenti vulcaniche calde, può resistere anche a temperature che si avvicinano agli 80° C. Il corpo è peloso e sulla testa presenta tentacoli per la cattura di cibo.

Verme di Pompei

Il Pesce Vipera è dotato di grandi denti sporgenti, ricurvi e molto affilati. Il corpo è disseminato di fotosfori luminosi.

Pesce vipera
Pesce lumaca

Il Pesce Lumaca, avvistato a 7 km di profondità, nelle acque della Fossa delle Marianne, la più profonda del mondo, ha la pelle trasparente, un cranio non del tutto chiuso, lo scheletro con poca quantità di tessuto osseo, muscoli sottili e stomaco abbastanza capiente.

Nelle varie esplorazioni odierne, avvengono di continuo scoperte di nuovi organismi, in particolare per la microfauna, con alcune sorprese. Gli Xenofiofori, ad es., sono Foraminiferi, cioè Protozoi che si costruiscono gusci protettivi; invece di quelli già noti, non più grandi di un paio di millimetri, ne sono stati trovati alcuni lunghi una ventina di centimetri. Si tratta di un caso di “gigantismo”. I giganti abissali tra i più conosciuti sono il Calamaro gigante, che con i suoi tentacoli può superare i 14 metri, e il Re d’Aringhe, una sorta di enorme anguilla, anche più lunga di 11 metri. Il crostaceo isopode Bathynomus g. ha una lunghezza di circa mezzo metro con un peso di 2 kg, invece dei pochi centimetri di quelli delle coste. La notevole massa consente una minore dispersione del calore interno, per cui possono muoversi di meno rispetto a quelli di dimensioni più piccole. Invece il Verme Tubolare gigante preferisce stare presso sorgenti idrotermali, dove trova batteri in grado di fornirgli energia.

Oltre all’enorme biodiversità ancora da scoprire negli abissi marini, il fondo del mare si sta rivelando come un serbatoio ricchissimo di minerali, che sulla superficie terrestre cominciano a scarseggiare. Oltre al petrolio, da trivelle di piattaforme capaci penetrare a 5000 metri, ci sono giacimenti di noduli di Manganese, costituiti da Ossidi di Manganese, con Nichel, Rame e Cobalto. Inoltre i depositi idrotermali di Solfuri contengono vari metalli pesanti dall’acqua calda che esce lungo le dorsali oceaniche: Rame, Piombo, Zinco, e persino Argento ed Oro. Centinaia di miliardi di tonnellate di Terre Rare sono state individuate in tutto il fondo dell’Oceano Pacifico. Infine l’Idrato di Metile, presente dovunque, potrebbe essere per tutti una ottima fonte di energia per molto tempo. (Crediti fotografici: Chioggiapesca.it/facebook.com/ animalpedia.it/ catawiki.it/ scienze.fanpage.it).

VIDEO su Animali abissali:

Dante Iagrossi, Caiazzo

Biodiversità e Darwin day 2018 e 2019

extinction     Per richiamare l’attenzione sul prossimo Darwin day che si celebrerà dopodomani 12 febbraio 2019, segnalo anche gli eventi che hanno caratterizzato quello dello scorso inverno, presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Infatti a conclusione della mostra “ESTINZIONI biodiversità dei vertebrati in allarme rosso” e per celebrare il Darwin day del 14 febbraio 2018, venne programmato un seguitissimo evento di letture e musica.
Furono selezionati brani di testi di vari autori scientifici e letti con accompagnamento musicale. Agli studenti consiglio la raccolta completa delle letture (1,1 MB, circa 50 pagine pdf), che può essere scaricata dalla scheda “Collezioni” del sito del Museo dove è consultabile l’elenco dei brani letti con i rispettivi lettori.
Qui, a scopo didattico, propongo un breve testo tratto da: Il significato dell’esistenza umana, di Edward O. Wilson, 2015, Codice Editore.
“Proviamo a pensare alla biodiversità della Terra, alla varietà della vita esistente sul nostro pianeta, come a un dilemma circondato da un paradosso, vale a dire dalla seguente contraddizione: quanto più numerose sono le specie che l’umanità spinge all’estinzione, tanto più lo sono quelle che gli scienziati vanno scoprendo. Nondimeno, come i conquistadores che fondevano l’oro degli Inca, essi ammettono che prima o poi il grande tesoro si esaurirà, e che ciò accadrà presto. Da questa consapevolezza nasce il dilemma: fermare la distruzione per il bene delle generazioni future, oppure, al contrario, continuare ad alterare il pianeta perseguendo le nostre esigenze immediate? Nel secondo caso il pianeta Terra farà il suo ingresso – sconsiderato e irreversibile – in una nuova era della sua storia, che alcuni chiamano Antropocene: un’era della nostra specie soltanto, tutta incentrata su di essa, in cui le altre forme di vita saranno relegate a ruoli sussidiari. Io preferisco chiamare questo futuro miserabile Eremocene: l'”era della solitudine”. Gli scienziati suddividono la biodiversità (si badi bene, tutto il resto della vita) in tre livelli. All’apice troviamo gli ecosistemi, per esempio prati, laghi e barriere coralline; più sotto vi sono le specie che costituiscono ciascun ecosistema; alla base, infine, vi sono i geni che prescrivono i tratti distintivi di ciascuna specie.
Il numero di specie è una comoda misura della biodiversità. Nel 1758, quando mise mano alla classificazione tassonomica formale tuttora in uso, Carl Linnaeus riconobbe, in tutto il mondo, circa ventimila specie. Linnaeus pensava che, insieme ai suoi allievi e ai suoi assistenti, sarebbe stato in grado di registrare la flora e la la fauna mondiali nella loro interezza, o quasi. Nel 2009, secondo l’Australian Biological Resources Study, quel numero era salito a 1,9 milioni e nel 2013 è probabilmente arrivato a due milioni. Eppure ci troviamo ancora a una delle tappe iniziali nel viaggio linneano. Il numero reale delle specie presenti in natura non è conosciuto nemmeno con un’approssimazione al più vicino ordine di grandezza. Quando aggiungiamo al computo invertebrati, funghi e microrganismi ancora sconosciuti, le stime variano enormemente, da cinque a cento milioni di specie.
La Terra, per farla breve, è un pianeta poco conosciuto; il ritmo con cui viene mappata la biodiversità, poi, è tuttora lento, … “. Crediti: Museo di Scienze Naturali di Torino.
Darwin_day_2019     Il Darwin Day è una celebrazione in onore di Charles Darwin (1809-1882) che si tiene in tutto il mondo nell’anniversario della nascita del grande naturalista inglese, avvenuta il 12 febbraio 1809. Per conoscere i principali eventi italiani del Darwin day 2019, dedicato alle meraviglie dell’evoluzione, segnalo il sito: https://www.uaar.it/uaar/darwin-day/ .
Crediti immagine Darwin day: https://www.agoravox.it/ Crediti immagine extinction: http://discovermagazine.com/ .

La banca dei semi alle Svalbard

L’arcipelago delle Svalbard si trova all’interno del circolo polare artico ed è stato scelto alcuni anni fa come “Deposito globale di sementi del Pianeta” (Global Seed Vault). Lo scopo del deposito, situato a circa 1.200 km dal Polo Nord, è quello di garantire la conservazione dei semi di almeno i principali tipi di piante della Terra. La costruzione iniziò nel 2006 e, ultimato, ha l’aspetto di un bunker in calcestruzzo armato e acciaio, adatto a resistere alle peggiori calamità ambientali o a quelle causate dall’uomo: fino ad un’esplosione nucleare ravvicinata.

     Il Deposito è stato costruito, finanziato ed è gestito dal governo norvegese, ma per la parte tecnico-scientifica è intervenuto il Fondo mondiale per la diversità delle colture. Il Fondo di Bill & Melinda Gates (quello della Microsoft) è intervenuto per assistere finanziariamente le nazioni in via di sviluppo per la confezione, l’invio e il trasporto dei semi al deposito.

     L’attenzione è stata concentrata inizialmente sulle 21 colture (con le diverse varietà) più importanti per l’alimentazione della popolazione del Pianeta: riso, frumento, patate, mais e così via. In un secondo momento se ne sono aggiunti altri, fino ad arrivare a 500 milioni, anche i più rari presenti solo in poche zone della Terra.

     Si tratta di una vera e propria banca dei semi, proprietaria della struttura e delle singole “cassette di sicurezza”, mentre i Paesi che li hanno portati sono proprietari dei semi (sigillati) in esse contenuti ad una temperatura di circa -18 °C.

     Per saperne di più: La cassaforte mondiale dei semi. Video: Deposito Globale per le sementi delle Svalbard, in Norvegia. L’Arca dei semi (Giulio Salvador). Viaggio fotografico alle isole Svalbard (rberetta 100).

I colori profondi del Mediterraneo

Colori_profondi_Mediterraneo     È il titolo di un documentario dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Un racconto con riprese molto belle degli ambienti marini scoperti ed esplorati negli ultimi dieci anni. L’esplorazione ha riguardato soprattutto le zone del Mediterraneo comprese tra 100 e 500 metri di profondità (zone afotiche, prive o con scarsa luce) e sono state condotte con un robot filo-guidato dotato di ottime videocamere e buone fonti di illuminazione.

    Il documentario “I colori profondi del Mediterraneo” dura 23 minuti circa ed è stato curato da Michela Angiolillo e Marco Pisapia, con foto di Simonepietro Canese. Altrettanto interessante è il videoSottoilmare: la biodiversità negli ambienti remoti ed estremi in Sicilia”, curato sempre dall’ISPRA.

     Ricordo, a scopo didattico, che i fondali marini e oceanici in base alla profondità si suddividono in varie zone:

a) Piattaforme continentali, che costituiscono il prolungamento dei continenti fino ad una profondità media di circa 200 m e sono costituite da fasce di detriti rocciosi e sabbiosi poco inclinate;

b) Scarpate continentali, caratterizzate da canyon prodotti dallo scorrimento dei detriti verso il basso. Le scarpate sono costituite da pendii più o meno ripidi e scendono fino alla profondità di 2000 m circa.

c) Piane abissali, che si estendono oltre le scarpate fino a profondità di 6000 m circa. Le piane abissali sono caratterizzate da innumerevoli rilievi sottomarini, spesso di natura vulcanica, dalle dorsali oceaniche (zone in cui si forma nuovo fondale oceanico) e dalle fosse (zone in cui i fondali si consumano).

     Per quanto riguarda gli ecosistemi invece, negli oceani e nei mari si suddividono zone con differenti fattori abiotici (luce, temperatura, pressione, nutrienti, correnti), ciascuna con particolari comunità di organismi.

1. Zona intercotidale, una zona di confine tra mare e terraferma con ambienti abbastanza studiati e conosciuti: spiagge e paludi salmastre.

2. Zona pelagica, caratterizzata dal mare aperto, in cui vivono organismi in grado di spostarsi autonomamente insieme al altri, soprattutto plancton (fitoplancton e zooplancton) che si lasciano trasportare dalle correnti.

3. Zona bentonica, costituita dai fondali marini e oceanici, occupata da comunità animali, vegetali, batteriche, che variano soprattutto in relazione alla profondità e alla penetrazione della luce, generalmente poco conosciute. Perciò si individua una zona fotica, fino a 100 m circa di profondità, con alghe e batteri fotosintetizzanti, più ricca di animali e una zona afotica, buia, dove vivono organismi non fotosintetizzanti e animali di profondità, in gran parte sconosciuti. Ma l’intera zona bentonica è poco conosciuta: ad esempio, lo scorso mese sulla rivista “Science”, Rodrigo Moura dell’Università Federale di Rio De Janeiro ha annunciato la scoperta di una barriera corallina estesa per circa 1000 Km al largo della foce del Rio delle Amazzoni, fra acque fangose e poco illuminate. Una formazione del tutto sconosciuta prima, che molti ritenevano non potesse esistere alla foce di un fiume, individuata tra i 50 e i 100 m di profondità e difficile da esplorare per la torbidità delle acque (riferimenti: Scienza news in “Le Scienze”, giugno 2016).

Crediti immagine zone marine: www.fao.orgzone marine -FAO-

Parco delle biodiversità a Padova

     Inaugurato lo scorso settembre da diverse autorità, il Parco-giardino della Biodiversità è una nuova sezione dello storico orto botanico di Padova. Da allora è stato aperto anche al pubblico ed è stato già visitato da alcune decine di migliaia di cittadini.

La superficie di “orto” botanico è aumentata di 15 mila mq, passando da 22 mila a ben 37 mila mq in cui sono rappresentate migliaia di specie di quasi tutti gli ambienti terrestri: foresta tropicale, subtropicale e savana, bioma temperato, clima mediterraneo, deserto.

Con questa iniziativa Padova e la sua antica università si mostrano già pronte per gli eventi dell’EXPO 2015 mentre non si può dire la stessa cosa di Milano e delle sue numerose strutture in cantiere. Oltre al parco, la struttura presenta anche una palazzina in grado di ospitare eventi, mostre, concerti, aule di studio e la banca dei semi.

L’Orto Botanico si può visitare dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18, per  i prezzi, le visite guidate, la frequenza di laboratori, le scolaresche, consultare www.ortobotanicopd.it

L’orto botanico di Padova è un esempio per tante regioni europee. Fondato nel 1545, è il più antico orto universitario del mondo e, con le sue attuali 7 mila specie vegetali rappresentate, dal 1997 è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

Sulla storia dell’orto, dal sito già segnalato si legge: “In quel tempo (1500) era già consolidata la fama dell’Ateneo padovano nello studio delle piante, soprattutto come applicazioni della scienza medica e farmacologica: qui infatti venivano lette e commentate le opere botaniche di Aristotele e di Tefrasto; sempre qui tra gli altri avevano studiato Alberto Magno di Laningen (1193-1280), considerato il più grande cultore della materia dopo Aristotele, e Pietro D’Abano (1253-1316), che aveva tradotto in latino la terapeutica greca di Galeno.

     Il progetto di ampliamento dell’orto botanico fu affidato nel 2005 ad uno studio italiano, in seguito ad un bando internazionale,  e le nuove serre che simulano i diversi ambienti sono ospitate in una struttura di vetro lunga circa 100 metri.

Fin dalla loro fondazione gli orti botanici hanno svolto funzioni scientifiche essenziali, oggi sono strutture dove si svolgono attività di ricerca, educazione, divulgazione e conservazione.

Per saperne di più sugli orti botanici italiani, consultare la mappa della loro dislocazione e le schede: http://www.ortobotanicoitalia.it/

 

 

Due importanti riconoscimenti all’Etna e al Monviso

Etna-da-satellite-237x300      L’Etna, il vulcano più alto d’Europa e uno dei più conosciuti al mondo, ieri, giorno del solstizio d’estate, è stato riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Perché è uno dei vulcani più documentati al mondo, con scritti risalenti anche a 2700 anni fa, e perché è una destinazione privilegiata per la ricerca e per l’istruzione. Nelle motivazioni si legge anche che “la sua notorietà, la sua importanza scientifica e i suoi valori culturali e pedagogici sono d’importanza mondiale”. Sull’Etna ho già scritto in questo blog: L’Etna, le Eolie e il MarsiliL’Etna dà spettacolo.

MABshadow-for-printing-jpg-300x298     Invece del Monviso non ho mai scritto ed è il momento di farlo, perché anche questa superba montagna, visibile da tutta la pianura piemontese, meno di un mese fa ha avuto un riconoscimento particolare.  È stato designato nuova Riserva della Biosfera nazionale e transfrontaliera, nel programma UNESCO “Man and Biosphere”.  Transnazionale perché sono interessati il Parco del Po Cuneese e il Parco francese del Queyras ,con la riserva gemella “Mont Viso”.

Questa designazione è stata accompagnata da una condizione: la  sottoscrizione di un accordo di cooperazione tra lo stato italiano e quello francese, che dovrà essere presentato dai Ministeri competenti, entro il prossimo novembre 2013.

Monviso-300x297Nel mondo sono state definite 621 riserve della biosfera, di cui solo 9 in Italia:

         Il Programma “Man and Biosphere” – MaB UNESCO, è nato negli anni settanta con lo scopo di migliorare il rapporto tra uomo e ambiente e ridurre la perdita di biodiversità sul nostro pianeta. Il Monviso era già una delle montagne simbolo del Piemonte e delle Alpi, d’ora in poi sarà anche un simbolo di turismo sostenibile, conservazione della biodiversità, corretta gestione del territorio e cooperazione trasnazionale.

Per saperne di più: http://www.unesco.org/new/en/natural-sciences/environment/ecological-sciences/man-and-biosphere-programme/

http://www.unesco.it/cni/index.php/scienze-naturali/biosfera

L’immagine da satellite della Sicilia, con l’Etna in eruzione, è tratta da: http://taglidotme.files.wordpress.com/2013/04/

 

Biodiversamente 2011

biodiversamente00     Si tratta di un’iniziativa del WWF con le sue Oasi, dei Musei Scientifici Italiani, degli Orti botanici e degli Acquari, per valorizzare e sostenere la ricerca scientifica sulla biodiversità. Questi Enti vogliono continuare l’opera di sensibilizzazione sull’argomento, iniziata con la dichiarazione dell’ONU per il 2010 “Anno Internazionale della biodiversità” (vedi post del 5 febbraio 2010). Le manifestazioni sono organizzate per il 22 e il 23 ottobre (oggi e domani), un weekend tra scienza e natura che coinvolge musei di Scienze Naturali, con volontari e iniziative per informare e sensibilizzare i cittadini sul problema della perdita di biodiversità del pianeta e dell’Italia in particolare. Lo sanno bene genitori e nonni che ricordano di tante specie di alberi da frutto o ortaggi coltivati decine di anni fa e ormai scomparse. Il problema non riguarda solo le specie coltivate o allevate, ma anche quelle spontanee della nostra penisola. Eppure l’Italia continua ad essere, a livello europeo (è uno dei pochissimi record positivi che ci sono rimasti), il paese con la maggiore biodiversità, sia per la sua conformazione geografica che per quella geologica. L’altro messaggio che si vuole trasmettere riguarda la ricerca scientifica, in un periodo in cui fare ricerca è considerato da tanti solo uno spreco di tempo e denaro e non un investimento per la salute, il lavoro, l’industria, il futuro. Purtroppo a fronte di tanta ricchezza naturale l’Italia, pur avendo ratificato la Convenzione sulla Biodiversità nel 1994 con la legge 124, sta facendo poco per la ricerca , lo studio e la conservazione di questo patrimonio. Anche i Parchi si sono trovati i fondi ridotti drasticamente fin dallo scorso anno.

Segnalo alcune delle principali iniziative previste per il Piemonte.

BIELLA, 22 e 23 Ottobre, Giardino botanico e centro studi -Museo di Oropa , Via Sabadell, sabato 22, ore 10-00 – 12.30 -14,30 – 17,00 (Erbario del Giardino Botanico) “Tesori nascosti: le collezioni naturalistiche del Santuario di Oropa, recuperate e restituite al pubblico”.
Domenica 23, ore 10.30 (Giardino Botanico di Oropa) “L’autunno nel Giardino” come i faggi di Oropa si preparano alla brutta stagione. Visita guidata alla scoperta dell’albero più “importante” di Oropa: il faggio ed ai meccanismi che provocano la caduta delle foglie in autunno.” Per informazioni museo@gboropa.it

OVADA, 22 e 23 Ottobre, Museo Paleontologico Giulio Maini, Via Sant’Antonio, Sabato 22, ingresso gratuito 15.00 18.00 con guida alle collezioni scientifiche (non esposte al pubblico)

CARMAGNOLA, Museo civico di storia naturale, C.P. 89 – Via San Francesco di Sales,  dalle 15.00 alle 18.00. Visita guidata alle collezioni scientifiche (di solito non esposte al pubblico)

TORINO, 22 e 23 ottobre, Museo A come Ambiente, Via Carlo De Giacomi, Sabato 22 e domenica 23, Visite guidate previste alle 15.00. Il percorso prevede la visita all’area denominata BIO.NET e all’area “Cambiamenti climatici”. La visita è guidata dall’animatore e prevede anche utilizzo degli exhibit del percorso, di laboratori e giochi relativi. Il tema della visita è il rapporto tra biodiversità e ambiente.

USSEGLIO, 23 Ottobre, Museo civico alpino “Arnaldo Tazzetti”, Piazza Cibrario
Domenica 23, apertura 14:00-17:00, visite guidate 14.00 e 15.30.  Ingresso gratuito, visite guidate e proiezione dei filmati “Una memoria di ferro”, “Farina del mio sacco” e “Fila la lana”. 

TORINO, 22 e 23 Ottobre, Museo Regionale di Scienze Naturali, Via G. Giolitti 36, Domenica 23, ore 11.00 “Forme e colori delle foglie d’autunno” presso il Museo attività di riconoscimento attraverso le foglie di alberi del Giardino Botanico. Attività a cura di Rosa Camoletto, conservatore responsabile della Sezione Botanica del museo.
Ore 15.30 “Incontro con gli orsi”: laboratorio rivolto alle famiglie per ammirare le varie specie di orso e i loro territori e per conoscere i progetti di conservazione e le azioni di tutela. Visita guidata alle sale del Museo con una particolare attenzione agli esemplari presenti. A cura di Elena Gavetti, conservatore responsabile della Sezione di Zoologia, Elena Giacobino, responsabile Museologia e Didattica del museo e con la collaborazione di Stefano Boccardi. Per informazioni tel 0114326354

Per maggiori informazioni museocivicoalpinousseglio@antropologiaalpina.it

Le iniziative sono tante, in tutte le regioni italiane. Per conoscerle, per i programmi e le notizie: http://www.wwf.it