IL MUFLONE: COMBATTIMENTI SERRATI

Dante Iagrossi. Secondo una leggenda sarda, un pastore quasi sempre isolato dalla comunità vicina, conduceva il suo gregge al pascolo di prima mattina. Un giorno, salendo in montagna, visto un muflone, gli puntò il fucile contro, ma quello gli confessò di essere lo spirito di suo nonno. Allora il pastore, impaurito, corse subito alla sua baracca, dove si era acceso un incendio, che fece in tempo a bloccare. Quindi il muflone gli permise di salvare la sua abitazione.

Caratteristiche generali

Il muflone europeo (Ovis gmelini musimon), mammifero artiodattilo, ungulato, della famiglia dei Cervidi, discende da quello asiatico. Vive in particolare in Sardegna, Corsica, Cipro, e in altre isole minori, ma dal 1700 è stato introdotto anche in Europa, poi in Cile ed Usa. Il pelo si inscurisce d’inverno, ma è bianco sul muso, parte interna delle orecchie, attorno agli occhi, sotto e dietro. I maschi si distinguono dalle femmine, di colore marroncino, per due grosse corna ricurve, fisse su base ossea, ambiti trofei di caccia. Tre le varietà: oltre alla sarda, anche quella della Corsica e di Cipro.

Habitat

Si trova specialmente in zone collinari e rocciose, in cui si rifugia quando è in pericolo. Comunque si po’ spingere anche in foreste di conifere e latifoglie, fino ad altezze di circa 1500 metri.

Struttura sociale

Mentre le femmine con i loro piccoli vivono in grossi gruppi, i maschi, in genere coetanei, vivono in altri, separati da loro e più ristretti. Invece quelli più vecchi preferiscono stare soli. Non sono territoriali, non avendo ghiandole odorifere adeguate per contrassegnare confini. A volte ci possono però essere lotte per una certa zona o per l’accoppiamento.

Alimentazione

Animali da pascolo, oltre che di erbe, si nutrono anche di tanti altri vegetali e varie ghiande, anzi possono brucare persino piante abbastanza dure, evitate da altri animali.

Comportamento

Piuttosto diffidente verso chi potrebbe disturbarlo, appare più pacifico nelle zone più tranquille. Più corridore che arrampicatore, si accorge di potenziali pericoli grazie all’udito, l’olfatto e la vista molto fini.

Corteggiamento e riproduzione

Nel mese d’ottobre, o anche dopo, in zone più fredde, i maschi si avvicinano ai branchi femminili, attratti dal loro profumo. Entrano in competizione per attirarle. Con cozzate frontali di corna, o con vigorose spallate. Nel primo caso essi, dopo una breve rincorsa, si saltano addosso con forte impatto, persino sonoro, udibile anche da lontano. Nel secondo, invece, meno violento, essi si spingono l’un l’altro, con corna incrociate. Da notare però che si tratta di comportamenti ritualizzati, senza grosse ferite, per stabilire solo chi è il più forte, senza la soppressione del perdente. Tra marzo ed aprile, le femmine lasciano il gruppo e, dopo circa 5 mesi di gestazione, partoriscono isolate uno o due piccoli, già capaci di muoversi, allattati inizialmente ogni 15 minuti, per sei mesi. La maturità sessuale si ha a circa un anno e mezzo di età. Poi d’estate femmine e piccoli si riuniscono in una quarantina. I maschi vivono per 12 anni circa, le femmine circa 15.

Situazione e problematiche attuali

I mufloni, in base alla convenzione europea di Berna (1982), sono specie protetta, ma in Italia ciò si attua realmente solo nell’Asinara, con territorio inaccessibile ai cacciatori, e nella riserva privata di Capo Figari, isola Figarolo, con adeguati controlli. A volte però ci sono iniziative non positive se considerate a lungo termine. Nell’isola del Giglio, ad es., negli anni ’50 furono introdotti 7 mufloni, che però nel tempo sono cresciuti molto in numero, arrivando a circa 150. La conseguenza è stata grave: in una piccola isola, con flora e fauna protette, una riduzione cospicua del patrimonio boschivo, in particolare dei lecci, ma anche di giovani arbusti, che quindi non si potevano più riprodurre. La soluzione drastica è stata l’abbattimento di 35 capi, nonostante le proteste animaliste, e il trasferimento di 52 in altre zone.

In Sardegna la popolazione attuale è abbastanza numerosa, con oltre 2.000 esemplari, dovuta anche ad introduzioni, che però potrebbero creare una certa competitività con i camosci. Dante Iagrossi (foto da Pixabay).
Fonti: Wikipedia, Ente gestione Aree protette (Alpi marittime), Ambiente.regione.emilia-romagna.

La nostra casa comune

La Santa Sede, in particolare il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e l’Istituto per l’Ambiente di Stoccolma, hanno elaborato congiuntamente e pubblicato una guida per prendersi cura del nostro pianeta Terra. Il libretto (9 MB) in pdf si può scaricare a questo link: La nostra casa comune | SEI .

Il volumetto si ispira alla seconda enciclica di Papa Francesco, “Laudato si’, sulla cura della casa comune”, che rintraccia le radici della nostra crisi ecologica nel consumo eccessivo e negli attuali modelli di sviluppo economico. Fa riferimento al fatto che sul nostro pianeta tutto è collegato e che anche il clima è un bene comune, di tutti e per tutti e che la crisi climatica è una grave minaccia per la nostra sicurezza e per la natura. Non mancano i riferimenti all’economia dei combustibili fossili, considerata causa principale del riscaldamento globale. Si richiedono cambiamenti radicali, anche se non possono che essere graduali:

Con un’azione drastica per eliminare rapidamente le emissioni di gas serra, possiamo limitare l’aumento della temperatura e prevenire le conseguenze più pericolose. Nel 2015, quasi 200 Paesi hanno firmato un accordo a Parigi per bloccare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius, ma non si è agito abbastanza velocemente. Il prossimo decennio sarà decisivo.

È necessario niente di meno che un cambiamento completo nelle nostre economie e società. Dobbiamo: a) fermare la deforestazione; b) cambiare il modo in cui consumiamo il cibo e coltiviamo la terra; c) produrre energia senza combustibili fossili con una conversione completa all’energia pulita”.

Di notevole importanza sono i riferimenti alla biodiversità, fondamento della sopravvivenza e del progresso umano, nonché all’acqua potabile sicura, come diritto umano essenziale, fondamentale e universale. Un altro tema centrale della pubblicazione è l’aria, con la sua composizione e l’inquinamento che uccide più di quattro milioni di persone ogni anno, senza dimenticare che l’inquinamento domestico è causa di innumerevoli malattie tra le popolazioni più povere. Molto importanti anche i riferimenti al cibo, all’agricoltura intensiva che ha rimodellato il pianeta ed ha un impatto ambientale e sociale devastante e diffuso su gran parte della Terra. La pubblicazione continua con riferimenti al modello consumistico e alle azioni necessarie da mettere in atto noi tutti per iniziare a superare l’attuale crisi ambientale e le conseguenze devastanti, anche per modelli economici sbagliati, su una parte considerevole della popolazione mondiale. Vedi: Stockholm Environment Institute: bridging science and policy (sei.org) .

L’intelligenza degli asini

Dante Iagrossi. Molto spesso si attribuiscono alle persone aggettivi, tradizionalmente associati a certi animali, che non sempre corrispondono alla loro reale indole. Ciò è vero in particolare per gli asini, ritenuti ingiustamente “cocciuti” e “ignoranti”.

Caratteristiche generali (e ibridi)

Gli asini, come i cavalli sono equidi, perissodattili, cioè con numero dispari di dita. Hanno un pelo piuttosto grossolano, criniera corta e dritta, testa grande, con labbra pronunciate, groppa stretta e ventre cascante. Dalla gravidanza, che dura circa un anno, nasce un piccolo, dalla testa pronunciata. La vita media si aggira intorno ai 27 anni, ma può anche superare i 40 anni. I muli sono ibridi ottenuti da cavalla ed asino, i bardotti da cavallo ed asina. In Italia, sono 8 le razze di asini ufficiali (ragusana, romagnolo, ecc.)

Società matriarcali

L’asino selvatico vive in piccoli gruppi, guidati da vecchie femmine, mentre i maschi adulti formano piccole bande o preferiscono di stare soli, dopo il periodo della riproduzione.

Modi di comunicazione

Gli asini emettono ragli, suoni forti della durata di circa 30 secondi, con “hi” prodotti inspirando, ed “ho” espirando, udibili fino a circa 3 km di distanza. Sono specifici per ogni individuo, relativi a certi stati d’animo o a messaggi con altri (chiamate di mattina, incontri con altri fuori territorio, contese, corteggiamento di femmine. Producono anche brevi grugniti, e borbottii, più lunghi. Comunicano anche con certe espressioni facciali: le orecchie abbassate sono segno di rabbia, invece il labbro superiore alzato, mostrando i denti, testimonia contentezza, sorriso. Pur essendo pacifici, se minacciati possono sferrare calci, non solo potenti, ma anche molto precisi.

Comportamenti tipici

Una volta allevato, l’asino riconosce perfettamente il suo nome, distinguendo tra gli altri il proprio padrone e obbedendo ai suoi ordini. La sua memoria è davvero notevole, al punto di ricordare accuratamente i percorsi fatti. Si racconta che in Abruzzo, una volta un padrone ubriaco non riuscisse a trovare più la strada di casa: fu il suo asino a riportarlo a destinazione!

Sono molto affettuosi, riconoscenti e bisognosi di coccole; vorrebbero restare al centro delle attenzioni, ricevendo con soddisfazione anche piccoli premi di cibo.

In caso di mungitura, gli asini vengono in modo autonomo e con lo stesso ordine, mai in modo caotico. Pure al ritorno dai pascoli, entrano nelle stalle in maniera “gerarchizzata”: prima la femmina-leader, la più anziana, poi le altre femmine, i puledrini, ed infine i maschi adulti.

Si dimostrano molto coraggiosi anche in situazioni di pericolo: davanti ad un temibile predatore, non indietreggiano, né fuggono come gli altri animali: ponderano la situazione, aspettando il momento giusto per agire. La loro presunta “cocciutaggine” ha quindi importanti motivazioni: non solo con persone, ma anche da soli, si possono bloccare in certi momenti di spostamento su terreni desertici e petrosi per spostarsi poi meglio, evitando cadute e di diventare vittime facili dei predatori.

Utilizzi

Gli asini sono ancora utili per il trasporto di carichi, anche molto pesanti, in zone impervie, e per il latte, dalla composizione molto simile a quello umano, usato in antichità come prodotto di bellezza. Viene ancora sfruttato (purtroppo) per la carne e per la pelle.

Conclusioni

Gli asini sono piuttosto intelligenti, in quanto riflettono in varie situazioni sulle decisioni più opportune da prendere, usufruendo anche di una buona memoria. Riescono inoltre a comunicare e a stabilire, tra loro e con i padroni, rapporti adeguati di convivenza, rispettando anche un preciso ordine gerarchico, con la femmina più anziana al vertice sociale. Dante Iagrossi (Foto gratis da Pixabay).

100 anni di Parchi a La Mandria

Nei prossimi tre giorni presso il Parco Regionale “La Mandria”, in Piemonte, ci sarà la festa dei parchi: “La Natura attraverso i Parchi. Dalla storia centenaria a una nuova gestione del futuro”. Il parco naturale La Mandria è un’area naturale protetta situata tra il torrente Stura di Lanzo, il torrente Ceronda e l’area urbanizzata a nord-ovest di Torino e di Venaria Reale, è stato istituito nel 1978 dalla Regione Piemonte, ed è il primo parco regionale ad essere stato istituito in Italia. È anche il più grande parco recintato d’Europa, la recinzione muraria lunga circa 30 km fu fatta costruire da Re Vittorio Emanuele II per preservare l’area di circa 3.000 ettari e riservarla per le battute di caccia dei componenti della famiglia reale e dei loro invitati.

Quest’evento di tre giorni celebra i 100 anni dei Parchi nazionali “Gran Paradiso” e “D’Abruzzo, Lazio e Molise”. Dopo le prime due giornate di studi, la terza giornata di domenica 24 settembre 2023 sarà dedicata al grande pubblico, con spazi espositivi e stand di numerosi enti che si occupano della gestione delle aree protette.

Presso ciascuno stand, il personale dei parchi darà informazioni sulla biodiversità custodita nelle Aree protette, proporrà attività educative e didattiche e distribuirà materiale informativo insieme a qualche piccolo gadget. Sarà inoltre possibile acquistare cartine dei sentieri verdi, magliette green e altro ancora. Informazioni sull’evento e il programma dettagliato delle tre giornate: https://100anniparchi.it/events/la-natura-attraverso-i-parchi/ .

Tra i partecipanti alle giornate di studio: Luca Mercalli, presidente Società Meteorologica Italiana e giornalista scientifico; Giuseppe Bogliani, professore di zoologia Università di Pavia;
Maurizio Dematteis, giornalista e ricercatore; Caterina Gromis di Trana, divulgatrice naturalista e scrittrice; Vito Mancuso, teologo. Modera Davide Demichelis, giornalista e documentarista.

Il lago Tanganica e la sua protezione ambientale

Il Tanganica è uno dei grandi laghi dell’Africa orientale, uno dei laghi situati lungo la grande Rift Valley. È il secondo lago più profondo del mondo, con i suoi 1470 metri, dopo il lago Baikal situato in Siberia (Russia). Il Tanganika si trova al confine tra quattro Stati africani: Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Burundi e Zambia. Paesi che sono riusciti ad accordarsi per la protezione di questo particolare ecosistema ed un uso controllato delle sue risorse.

La decisione è particolarmente interessante e da esempio per altri Stati perché questi, pur non essendo Paesi ricchi, né in via di sviluppo come i famosi BRICS di cui tanto si è parlato nelle settimane scorse, hanno sospeso la pesca nel Tanganica per almeno tre mesi per valutare poi altre decisioni. Bisogna ricordare che il lago, con la sua fauna ittica, fornisce sostentamento ad alcuni milioni di persone che vivono lungo le sue rive. Si tratta perciò di una misura radicale e di uno sforzo enorme per le popolazioni, con lo scopo di proteggere la biodiversità del più antico lago della Rift Valley africana, infatti si è formato circa 12 milioni di anni fa ed è destinato ad essere il primo bacino d’acqua del nuovo oceano che sta nascendo in quella fossa tettonica che si estende dal Mozambico verso Nord fino al Mar Rosso e al Mar Morto del Medio Oriente.

Il Tanganica è la maggiore riserva d’acqua dolce dell’intera Africa e. secondo l’Agenzia di Stampa Congolese, è l’ambiente in cui vivono quasi 400 specie ittiche, decine di specie di gasteropodi e circa 500 specie di organismi acquatici endemici, che non si trovano in altre parti del Pianeta. Contrariamente al lago Vittoria, che fornisce le sue acque al Nilo, il lago Tanganica ha come emissario il fiume Lukuga che poi confluisce nel grande fiume Congo che sfocia nell’Oceano Atlantico.

Molti Paesi ricchi o in via di sviluppo raramente hanno fatto sacrifici tanto significativi, come quelli di questi quattro Stati, per la protezione dell’ambiente. Ma in questa regione e nel resto dell’Africa non mancano i disastri provocati dalle attività umane e/o dai mutamenti climatici in atto.

Rifiuti: da pericoli a risorse

Iagrossi Dante. Le problematiche connesse alla produzione e smaltimento dei rifiuti, pur non risolte, soprattutto in certe zone presentano nel complesso tendenze positive, connesse ad una maggiore consapevolezza e volontà di miglioramento.

Ultimi dati ufficiali

Dal Rapporto Rifiuti Solidi Urbani (RSU), risulta che la produzione di questi nel 2021 ammonta a 29,6 milioni di tonnellate, con un aumento del 2,3% rispetto all’anno precedente.

La percentuale di raccolta differenziata è arrivata al 64%, con un lieve incremento (1%). In particolare, i rifiuti di carta e cartone costituiscono il 19,1% del totale.

Il riciclaggio dei rifiuti solidi si sta avvicinando al 50%, esattamente al 48,19%.

Il 19% è stato smaltito in discarica, con una sensibile riduzione del 3,4% rispetto al 2020.

Invece il 18,3% è andato in incenerimento, con un aumento del 1,6%. In Italia ci sono in tutto 37 impianti operativi, di cui 26 al Nord, di cui la metà in Lombardia.

Il recupero totale di imballaggi è del 82,6%, con un lieve calo.

Il costo medio annuo pro capite per la gestione-rifiuti risulta di 194,5 euro a persona.

Osservazioni

Per poter analizzare i dati, conviene vederli non solo rispetto all’anno precedente, ma anche nell’arco di una decina di anni, in cui sono più evidenti e forti i cambiamenti.

A fronte dell’aumento della massa di rifiuti, si riscontra una percentuale apprezzabile di raccolta differenziata, molto maggiore di un decennio fa. Essa infatti allora era di circa il 35%, molto inferiore all’attuale 64. Certamente, però, dovrebbero aumentare le quantità di carta e cartone anche da avviare al riciclo. Questo ha superato il 48%, mentre era al 41% nel 2012.

Significativo il fatto che rispetto a quell’anno, dal 31% dei rifiuti gestiti in discarica nel 2014, si è scesi a meno del 20%. Invece è leggermente aumentata la percentuale dei rifiuti inceneriti, al 17% circa al 18,3%.Osservando i dati relativi al Nord, Centro e Sud si notano ancora differenze sensibili: la differenziata al Nord è del 71%, al Centro del 60,4% e al Sud del 55,7%.Quindi, in questo settore persiste un’ Italia a tre velocità, ma con qualche eccezione isolata nei comuni virtuosi, con raccolta differenziata almeno al 65 % e produzione massima di rifiuto secco di 75% pro capite: 43% nel Salernitano, 33% nel Beneventano e solo 8% nel Casertano.

Conseguenze di una gestione scorretta

L’abbandono dei rifiuti, soprattutto inorganici, sia solidi che liquidi, al suolo, in discariche non controllate e in corsi d’acqua compromette seriamente la purezza dell’acqua dei nostri rubinetti e la genuinità di frutta, verdura e legumi. Le persone, sia adulte che piccoli, che vivono nella Terra dei fuochi, anche per l’aria infettata da fumi velenosi, hanno contratto gravi malattie e forme incurabili di tumori, spesso letali. In provincia di Vicenza poi, per gli scarichi in un fiume di sostanze chimiche (PFAS), usate in un’industria conciaria, molti sono a rischio di serie patologie, tra cui alcune legate alla fertilità.

Rimedi possibili

Purtroppo viviamo in società da molto tempo legate alla deleteria pratica dell’Usa e Getta. Invece bisognerebbe abituarsi a quella delle 3 R (Riduci, Riusa e Ricicla), cioè:

RIDURRE il più possibile la mole dei rifiuti prodotti.

RIUSARE al massimo gli oggetti, spesso riparabili.

RICICLARE, partendo dalla Raccolta Differenziata, da svolgere in modo costante e corretto, in particolare di: carta, cartone, vetro, plastica, metalli, pile e farmaci.

Da parte del Meridione, ci vorrebbe un maggior senso di responsabilità e la consapevolezza sicura del fatto che chi inquina non danneggia solo gli altri, ma anche se stesso.

I vantaggi di un buon smaltimento sarebbero notevoli non solo per la salute nostra e per la Natura, ma anche da un punto di vista economico, con un notevole risparmio nell’acquisto di materie prime, anche dall’estero. Infine l’utilizzo di efficienti inceneritori, con emissioni controllate, ci assicurerebbe calore ed energia elettrica, senza ricorrere ai combustibili fossili. Iagrossi Dante (foto da Pixabay).

COP27 e i dati dell’emergenza climatica mondiale

Tre settimane fa, prima che in Egitto si svolgesse la COP27 sulla crisi climatica, su Le Monde (quotidiano francese fondato a Parigi nel 1944) è stato pubblicato un articolo di Audrey Garric relativo alla necessità di risarcire i Paesi del sud del mondo per poter portare avanti la lotta ai cambiamenti climatici. Per dimostrare la gravità dell’emergenza, sono stati pubblicati alcuni grafici i cui dati sono stati ricavati ed elaborati da prestigiosi Enti scientifici internazionali.

I dati riguardano l’aumento della temperatura media del Pianeta, l’aumento della concentrazione di CO2, l’innalzamento del livello degli oceani, l’aumento del calore assorbito dagli oceani, la diminuzione dell’area coperta dai ghiacci dell’Artico, la perdita di massa dei ghiacciai. Tutti i dati sono concordi e dimostrano quanto sia urgente intervenire per contenere il riscaldamento globale della Terra. I dati sono disponibili anche in italiano sulla rivista settimanale Internazionale n. 1486 del 11-17 novembre 2022. Nel frattempo la COP27 si è conclusa con poche luci e molte ombre.

Secondo l’ultimo rapporto sulle emissioni di gas serra del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, senza decisioni più drastiche e coraggiose, il nostro pianeta è destinato ad un aumento di temperatura di 2,6 °C entro la fine di questo secolo, accompagnato da danni, devastazioni e disastri sempre più gravi. Quello di pochi giorni fa a Casamicciola nell’isola di Ischia è solo uno dei tanti.

I risultati della COP27 sono stati modesti per vari motivi. Innanzitutto per l’assenza di colossi dell’inquinamento come Cina, India e Russia e poi per la presenza di ben 636 rappresentanti di potenti gruppi industriali legati all’estrazione di petrolio e carbone, come ha segnalato il settimanale tedesco Der Spiegel pochi giorni fa. La potenza economica di questi gruppi industriali si fa sentire molto sui rappresentanti di molti governi, tanto che nel testo finale del vertice c’è solo un riferimento generico alla necessità di ridurre l’impiego dei combustibili fossili, senza alcuna indicazione su come farlo.

Qualche risultato positivo c’è stato: l’istituzione di un fondo a favore dei Paesi più vulnerabili alle conseguenze del riscaldamento globale, che sono anche i Paesi più poveri e meno responsabili delle emissioni di gas serra. Il fondo, alimentato dai Paesi più ricchi, dovrà aiutare quelli più poveri a fronteggiare i danni sociali ed economici causati dai fenomeni meteorologici estremi sempre più intensi e frequenti.

Giornata mondiale dei fiumi

Oggi si celebra la giornata mondiale dei fiumi, World Rivers Day, arrivata alla diciassettesima edizione. Lo scopo fondamentale è la sensibilizzazione dei cittadini e degli amministratori a vari livelli ed incoraggiarli ad assumere comportamenti e decisioni per una migliore gestione dei corsi d’acqua in tutto il mondo.

In Italia già qualche anno fa il WWF, in una sua pubblicazione sullo stato dei fiumi, segnalava che solo il 40% dei fiumi si trovava in un buono stato di condizioni ecologiche in base alla Direttiva Quadro sulle Acque. Nonostante alcuni sporadici interventi sulla riqualificazione dei corsi d’acqua per impedire catastrofi che invece puntualmente continuano a verificarsi, come è successo la scorsa settimana nelle Marche con il fiume Misa, in cui ci sono state una dozzina di vittime e ingenti danni, la situazione generale non è migliorata.

Pulizia degli alvei (non dragaggio indiscriminato per ricavare sabbia per l’edilizia) e taglio programmato di parte della vegetazione ripariale dovrebbero far parte dell’ordinaria manutenzione dei corsi d’acqua più soggetti allo straripamento e all’esondazione, soprattutto quando le costruzioni (abitazioni, capannoni, fabbriche) si trovano in zone esondabili. Bisogna migliorare la possibilità del flusso libero dei sedimenti trasportati dalle piene e creare, dove è possibile, aree di espansione per ridurre la portata e la velocità dell’acqua che si verificano durante le cosiddette “bombe d’acqua”, segnalate dall’allarme arancione o rosso dalla Protezione Civile.

Purtroppo la cementificazione selvaggia delle sponde e, a volte, ponti che fanno da barriera e tagli indiscriminati della vegetazione a monte e lungo i corsi d’acqua hanno determinato un generale aumento della capacità erosiva dell’acqua lungo il suo percorso verso il mare o verso i laghi.

I fiumi rappresentano una cartina al tornasole che segnala la fragilità di molti territori, italiani e di molte altre regioni del Pianeta, gestiti male e sfruttati senza regole da decenni. L’alternanza di fenomeni estremi di siccità e bombe d’acqua, negli ultimi anni ha aggravato la situazione. Ma non si tratta solo di colpa del cambiamento climatico in atto che amplifica ed evidenzia gli errori nella gestione dei corsi d’acqua, perché anche quello è colpa dell’eccessivo sfruttamento delle fonti energetiche fossili da parte dell’uomo. Il consumo di suolo poi aumenta di anno in anno e l’acqua piovana, anziché penetrare nel sottosuolo e alimentare le falde acquifere, scorre quasi tutta in superficie. Le aree di esondazione sono diventate aree industriali o zone urbane, senza alcun rispetto per la natura e i suoi fenomeni.

Anziché invadere le zone di pertinenza fluviale, è necessario liberarle e applicare nella loro interezza le Direttive Quadro sulle Acque (2000/60/CE) e sulle Alluvioni (2007/60/CE). Come spesso accade, le indicazioni ci sono ma attuarle è tutt’altra cosa, soprattutto in Italia.

La signora dei falchi è l’ambientalista dell’anno 2021

Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus)

Poche settimane fa è stato assegnato il premio “Ambientalista dell’anno” 2021. Si tratta del premio intitolato a Luisa Minazzi ambientalista deceduta nel 2010, arrivato alla quindicesima edizione, assegnato lo scorso 3 dicembre a Casale Monferrato (AL) alla vincitrice Anna Giordano, messinese e fondatrice della “Associazione Mediterranea per la Natura”. La Giordano, naturalista e specializzata in ornitologia, da alcuni decenni nel WWF, da oltre quarant’anni combatte contro il bracconaggio lungo le coste siciliane e calabresi dello Stretto di Messina. In queste zone era diffusa l’usanza di abbattere i rapaci in migrazione tra l’Europa e l’Africa e viceversa, soprattutto il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus). Si tratta di un rapace diurno, protetto, insettivoro, la cui dieta prevalente è a base di larve di vespe. Nonostante le minacce e le intimidazioni ricevute, l’attività divulgativa e di denuncia di Anna Giordano ha portato ad una notevole diminuzione del fenomeno degli abbattimenti di falchi, già stremati dal lungo viaggio.

L’Associazione da lei fondata, oltre che di antibracconaggio, si occupa di recupero della fauna selvatica. Per il suo impegno ambientalista, la Giordano nel 1998 aveva già ricevuto il Goldman Environmental Prize.

Il Premio di Casale Monferrato, riconosce e valorizza il lavoro delle persone fortemente impegnate per la tutela e l’educazione ambientale e, di conseguenza, per la tutela della salute delle comunità locali. In una città, Casale Monferrato, che ha subìto per molti decenni il forte impatto ambientale e sanitario della Eternit e in cui sono morte di mesotelioma, pleurico soprattutto, migliaia di persone compresa Luisa Minazzi. Per approfondire, vedi Legambiente.