Il pesco


Qualche mese fa, Caterina Gromis di Trana, biologa ed etologa con numerose pubblicazioni al suo attivo e collaboratrice di diverse riviste, tra cui Piemonte Parchi, già collaboratrice del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e del Museo Civico di Storia Naturale di Carmagnola, ha pubblicato un interessante articolo sul pesco (Prunus persica): Fiori rosa, fiori di pesco.

Pesche nettarine

L’articolo che riporta riferimenti scientifici e anche letterari su quest’albero, i suoi fiori e i suoi frutti, è utile e gradevole da leggere per quanti sono appassionati di ambiente, botanica e Scienze Naturali. Ci sono riferimenti sull’origine di questa pianta, sulla sua coltivazione e sulle diverse varietà di frutti che tutti abbiamo mangiato. Non mancano segnalazioni sui vari impieghi dei fiori e dei frutti del pesco, come l’impiego delle pesche nella preparazione di dolci, ad esempio le pesche ripiene. Chi vuol provare, trova precise indicazioni sugli ingredienti e sulle fasi di preparazione! Chi invece ha un campo o un giardino e vuole cimentarsi nella coltivazione e nella cura della pianta, trova utili indicazioni nel video sottostante. Crediti: http://www.piemonteparchi.it/

RACHEL CARSON, UNA DONNA CORAGGIOSA E BISTRATTATA

Dante Iagrossi. Piccoli, brutti, sporchi e “cattivi”: spesso vengono definiti così, evitati e non di rado schiacciati, senza riconoscere le loro funzioni fondamentali nelle catene alimentari dei vari ambienti : soprattutto, impollinatori e riciclatori di rifiuti organici.

Parassiti delle piante da orto

Gli insetti sono gli animali più numerosi, diffusi praticamente in quasi tutti gli ambienti. Dobbiamo senz’altro stare in guardia nei confronti di molti di essi. Api, vespe e calabroni possono causare gravi intossicazioni, con le loro punture che iniettano veleni, capaci di agire sui globuli rossi e sul sistema nervoso. Le mosche domestiche possono diffondere varie malattie, come tubercolosi, dissenteria, colera, lebbra, ecc. La zanzara anofele causa la temibile malaria; altri insetti, come pulci, cimici e pidocchi, in condizioni di scarsa igiene, sono in grado di creare spiacevoli disturbi e diffondere in certi casi anche gravi malattie.

Locuste

Inoltre, molti insetti (locuste, afidi, coleotteri) danneggiano fortemente le coltivazioni, di cui circa il 10% diventa quindi non più disponibile, quantità notevole, per un milione di persone. In un primo momento, venivano adoperati insetticidi naturali, come nicotina, rotenone e piretro, che però erano di breve durata. Allora si ricorse al famigerato DDT, insetticida sintetico, che pur ottenuto nel 1873, solo più tardi, nel 1939, fu adoperato con successo sia contro la zanzara anofele, che causa la diffusione della malaria, sia contro molti insetti infestanti. Esso infatti agisce sul sistema nervoso degli insetti, provocandone spasmi e morte.

Rachel Carson

Nel 1962 uscì un libro famoso, “Primavera silenziosa” di Rachel Carson, che, dopo una serie di accurate documentazioni, denunciò senza mezzi termini le conseguenze nefaste dell’uso intensivo di DDT, in particolare la morte di uccelli che si nutrivano di insetti irrorati. Naturalmente questo suo deciso atto d’accusa si opponeva ai notevoli interessi economici delle ditte produttrici. Allora fu attuata contro di lei una meschina e pressante campagna denigratoria, durante la quale venne definita addirittura “zitella isterica”. Comunque il suo libro ebbe un enorme successo, tanto da vendere in due anni più di un milione di copie, influenzando profondamente l’opinione pubblica. Da allora, infatti, si formarono le prime associazioni ecologiste, come la EPA in America e il WWF. Alla fine il DDT fu proibito. La Carson morì prematuramente per tumore nel 1964, lasciando però un’ impronta profonda nella storia delle scienze, basata su due principali messaggi:

  • la stretta interconnessione tra gli organismi della Natura
  • la fondamentale responsabilità umana nel deciderne le sorti. (Testo di riferimento: ENTOMANIA di Nicola Anaclerio, crediti fotografici: coltivazionebiologica.it/ nationalgeographic.it/ nature.org). Dante Iagrossi, Caiazzo

Agricoltura e forestazione per sottrarre CO2 dall’atmosfera

coltura_patate     La scorsa settimana, a Roma nella sede nazionale della Confederazione Italiana Agricoltori, c’è stato un interessante convegno su come utilizzare lo sviluppo dell’agricoltura e del patrimonio boschivo, anche per ridurre gradualmente la concentrazione di biossido di carbonio dall’atmosfera. Nel Convegno sul clima di Parigi si è discusso di tante cose ma questa strada, che può offrire anch’essa un contributo al grave problema dell’aumento della temperatura globale che sta causando i cambiamenti climatici in atto, è stata decisamente trascurata. Invece sarebbe fondamentale per il clima, intervenire per mantenere un’elevata percentuale di suolo forestale in tutte le parti del pianeta dove è possibile. Allo stesso modo, il ritorno all’utilizzo dei suoli agricoli, dove sono stati abbandonati e la riduzione del consumo di suolo, soprattutto quando viene fatto a vantaggio di attività che determinano un aumento di CO2, sarebbe un forte investimento per i prossimi decenni.

     Il convegno ha voluto essere un contributo tecnico agli amministratori, ai politici e alle associazioni agricole per quando dovranno prendere decisioni sul settore agroalimentare e forestale. Adottare adeguate politiche agricole e forestali porterà indubbi benefici per la salute, l’ambiente e il clima.

Per coloro che vogliono approfondire, propongo i link ad alcune relazioni, pubblicate sul sito dell’ISPRA e su www.free-energia.it :

Stefano Bozzetto (Consorzio Italiano Biogas): Il biogas fatto bene che fa bene all’agricoltura e al clima;

Davide Pettenella (Università di Padova),  Lorenzo Ciccarese (Ispra): Il ruolo del patrimonio forestale nazionale nella sottrazione di CO2dall’atmosfera;

Renato Nistri (RE-CORD): La carbonizzazione: una tecnologia innovativa per lo stoccaggio di carbonio nel suolo.

Su youtube è stato inserito un video del convegno (durata: ben 2h e 47 min) da ISPRA Ambiente Streaming.

Manifesto della green economy per l’agroalimentare

     Si tratta di un documento approvato dal Consiglio Nazionale delle Green Economy, un’associazione che raggruppa 65 organizzazioni di impresa e presentato ieri a Roma. Per gli Stati Generali che si sono occupati della sua elaborazione: “Questo Manifesto, approvato dall’assemblea plenaria del Consiglio nazionale della green economy, formato da 65 organizzazioni di imprese, elaborato con una procedura partecipata dei gruppi di lavoro degli Stati Generali, espone il punto di vista della green economy sulla produzione agroalimentare, in occasione dell’Expo di Milano 2015. Questo Manifesto si propone di esporre, in un contesto internazionale, il punto di vista radicato nel modello italiano di agroalimentare orientato alla green economy su 7 temi cruciali per l’agricoltura e la produzione di cibo nella nostra epoca: lo sviluppo durevole e di qualità della produzione agroalimentare, il rapporto fra priorità della produzione agroalimentare e la multifunzionalità dell’agricoltura, gli impatti sulle produzioni agroalimentari e le misure per fronteggiare la crisi climatica, i modelli sostenibili di agricoltura, la sicurezza alimentare, lo spreco di alimenti, le minacce alle produzioni agroalimentari e il consumo di suoli agricoli. Questo Manifesto, per stimolare il dibattito e la riflessione in occasione di Expo 2015, è diffuso tradotto in più lingue e aperto ad una raccolta di adesioni.”

Riferimenti: http://www.statigenerali.org

Per leggere il manifesto, per aderire e firmare: il Manifesto della green economy.

Protocollo di Milano

mele-biologiche-208x300     Il tema dell’EXPO Milano 2015 “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” vuole portare al centro dell’attenzione per tutti i Paesi, i problemi del cibo, della sostenibilità ambientale e del benessere umano.

     Gli organizzatori propongono la discussione e l’eventuale adozione di un Protocollo Internazionale che impegni i vari Stati a rivedere e provvedere ai bisogni delle società riguardo alle più importanti questioni legate al cibo e all’alimentazione.

La bozza del Protocollo, preparata solo ai fini dell’inizio della discussione, prevede tre tipologie di impegni su altrettanti grandi temi:

– Spreco di alimenti

Agricoltura sostenibile

– Eradicare la fame e combattere l’obesità

Fame-sovrappesobesità-270x300     Tre grandi paradossi del nostro tempo: a) da una parte 800 milioni circa di persone muoiono per carenza di cibo, dall’altra 15000 milioni di persone (quasi il doppio) muoiono per malattie associate al sovrappeso o all’obesità; b) la produzione mondiale di cereali è utilizzata solo per il 50% circa per l’alimentazione umana, la restante parte serve per la produzione di mangimi animali o per biocarburanti; c) lo spreco alimentare, con oltre un miliardo di tonnellate di cibo all’anno che viene buttato via, se eliminato basterebbe da solo a nutrire più volte gli 800 milioni di persone che hanno carenza di cibo fino a morirne.

     Temi forti, proposti nel Protocollo per un accordo globale sull’alimentazione e la nutrizione in occasione dell’EXPO 2015 che sarà inaugurato tra tre mesi. Temi che non si possono ignorare, perché se l’acqua è vita, lo è anche il cibo che provvede alle necessità alimentari di un mondo sempre più popolato: dagli attuali sette miliardi, per il 20150 si prevedono almeno nove miliardi di persone.

     Questi problemi vengono anche segnalati da reportage, documenti e efficaci immagini nella mostra del National Geographic “Food, il cibo del futuro”, al Palazzo delle Esposizioni di Roma fino al prossimo 1° marzo.

Oggi e domani, qui si può seguire in streming, il dibattito internazionale da Washington su alcuni aspetti del Protocollo.

Bozza del Protocollo di Milano .

Per saperne di più: http://www.protocollodimilano.it/

Guida del Protocollo di Milano .

 

Salone del gusto e Terra Madre 2014

Pane_pasquale-300x203     Si tratta di una delle manifestazioni di Slow Food legate al cibo, all’ambiente, all’agricoltura sostenibile, all’alimentazione e alla biodiversità. Una di quelle che hanno avuto maggior successo. Tra le tante interessanti  iniziative, nell’ambito del Salone iniziato l’altro ieri e che si concluderà il 27 ottobre, ricordo: “10.000 orti per l’Africa”, “L’Arca del gusto”, “Percorso di biodiversità”, “Agricoltura familiare”, “Pane libero”, “Storie e culture dei migranti”, “Solidale italiano”.

Nocciole_Caianello-300x245     Il costo non proprio “economico” del biglietto d’ingresso (20 euro) tiene lontano molte persone interessate, soprattutto giovani, e contrasta con i principi di “sostenibilità” e “solidarietà” portati avanti dalla fondazione slow food. Ma forse si rivolge solo a una determinata fascia di cittadini ed è un evento  prevalentemente (se non esclusivamente) commerciale.

A parte quest’aspetto, condivido molte delle iniziative proposte e in particolare voglio segnalare “L’Arca del Gusto”, di cui una vetrina si trova anche sul Google Cultural Institute.

Zucca_Caianello-300x223     Qual è lo scopo fondamentale dell’Arca? Arrestare o ridurre il progressivo impoverimento della biodiversità nel settore alimentare e in quello agricolo. Per ogni prodotto segnalato, una minima parte rispetto alla grande quantità di materiali e sapori che si stanno perdendo nelle varie aree del pianeta, viene indicata la provenienza, l’anno di inserimento, i cenni storici, le immagini e talvolta un video descrittivo.

Per il programma completo dell’evento di Torino (area espositiva del Lingotto), i video e la galleria delle immagini:

http://www.salonedelgusto.com/it/http://www.fondazioneslowfood.it/

https://www.google.com/culturalinstitute/browse/fondazione%20slow%20food?hl=it

Le foto sono dell’autore del post.

 

Il Consiglio d’Europa decide sugli OGM?

     Il mese scorso, la Commissione Europea ha praticamente deciso di dare via libera alle coltivazioni di mais Ogm. Secondo la Commissione, l’assenza di nuove argomentazioni che possano bloccare le coltivazioni deve essere valutata da tutti i Paesi membri. Perciò il divieto di coltivazione di prodotti Ogm, almeno per il mais deve essere rimosso. Una proposta del 2010 dava facoltà ai singoli Stati di decidere autonomamente se coltivare o meno mais modificato geneticamente. In alcuni Paesi tra cui l’Italia ci sono state alcune coltivazioni sperimentali. Alcune regioni, in virtù dei loro poteri, hanno preso decisioni senza aspettare quelle nazionali. Il Friuli Venezia Giulia ad esempio ha vietato la semina di prodotti Ogm e gli amministratori sono decisi a chiedere all’Europa di essere una Regione libera da questi prodotti.

Ma cosa sono i prodotti Ogm? La sigla riguarda tutti quegli organismi e i loro semi il cui DNA (patrimonio genetico) è stato modificato con tecniche di ingegneria genetica. Alcuni geni quindi sono stati modificati, aggiunti o eliminati rispetto allo stesso prodotto “naturale”. Non sono ancora ben chiare e comunque non certe le ricadute che queste coltivazioni e il loro utilizzo per l’alimentazione umana o quella degli altri animali potranno avere sulla salute e sull’ambiente.

In questo semestre, la presidenza greca dell’Unione Europea ha deciso di mettere all’ordine del giorno l’annosa questione Ogm sì/no e dopodomani 3 marzo, il Consiglio dei ministri europei dell’ambiente troverà la questione sul tavolo. Ci saranno anche una parte dei risultati tecnici del gruppo di lavoro che ha approfondito l’argomento. Nei laboratori di varie parti del pianeta le sperimentazioni continuano, finanziate soprattutto da grandi gruppi multinazionali del settore agricolo e di quello farmaceutico.

Sicuramente la questione Ogm ha implicazioni scientifiche e soprattutto commerciali, considerato che negli USA queste coltivazioni sono consentite da anni. Il tipo di mais su cui ci sono orientamenti diversi sulla coltivazione è il 1507 della Pioneer, azienda statunitense leader del comparto sementiero mondiale. Probabilmente tra qualche giorno ci sarà il via libera a questa coltivazione, anche se l’Italia è uno dei dodici Paesi che finora si sono opposti. Secondo alcuni organi di stampa (vedi Avvenire) l’Europa sulla questione è divisa in tre “blocchi”: Paesi a favore (Spagna, Gran Bretagna, Finlandia, Estonia), quelli contrari (Francia, Italia, Grecia, Olanda, Lussemburgo, Romania, Malta, Irlanda), senza una posizione netta Germania, Portogallo, Repubblica Ceca e Belgio.

L’immagine: mais naturale prodotto nel mio piccolo campo.

2014: Anno Internazionale dell’agricoltura familiare

     È stato proclamato dall’ONU per valorizzare il ruolo di questo tipo di agricoltura, spesso ecocompatibile, impegnata nella lotta contro la fame e per uno sviluppo sostenibile. Le famiglie che si occupano di agricoltura hanno ancora margini significativi di miglioramento della produzione, senza considerare il loro ruolo contro l’abbandono delle campagne, in particolare delle zone collinari e montane nelle varie parti del pianeta. La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ha quantificato in oltre 500 milioni le aziende agricole a conduzione familiare nel mondo. Il Direttore Generale della FAO, oltre a considerare il ruolo nella sicurezza alimentare delle famiglie impegnate nelle coltivazioni agricole, ha sottolineato anche il loro importante ruolo nel “preservare il suolo e le risorse naturali”. Nel termine generale “risorse” rientra anche la conservazione della biodiversità animale e vegetale utilizzata nell’agricoltura.

     Ricordo che la FAO (Food and Agriculture Organization) venne costituita dall’ONU nel 1945 e ha la sua sede centrale a Roma. È impegnata per lo sviluppo agricolo, la sicurezza alimentare, nella lotta alla deforestazione, nell’assistenza ai Paesi in via di sviluppo, nelle battaglie per uno sviluppo sostenibile, nella conservazione del patrimonio genetico vegetale e animale. 

     Le iniziative che saranno messe in atto durante quest’anno vogliono anche segnalare il ritardo che le nazioni stanno accumulando per il raggiungimento degli otto obiettivi del millennio, fissati nel 2000 da 191 capi di stato e di governo. Il termine temporale fissato per il loro raggiunto è il 2015. Quali sono questi obiettivi?

1.      Sradicare la povertà estrema e la fame

2.      Rendere universale l’educazione primaria

3.      Promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne

4.      Ridurre la mortalità infantile

5.      Migliorare la salute materna

6.      Combattere l’AIDS, la malaria e le altre malattie

7.      Assicurare la sostenibilità ambientale

8.      Sviluppare una partnership per lo sviluppo

     La valorizzazione e il riconoscimento dell’agricoltura familiare può svolgere un ruolo importante per il raggiungimento di alcuni di questi obiettivi.

Per saperne di più: http://www.onuitalia.it/events/mdg_ob_08.php

http://www.fao.org/news/story/it/item/207558/icode/ 

 

Crisi dell’agricoltura e del paesaggio

natur-mat 004     Per molti l’agricoltura è qualcosa di sconosciuto. Per altri è solo un ricordo, di quand’erano bambini e nei campi lavoravano genitori e nonni. Eppure l’agricoltura, anche nelle grandi città, permette l’arrivo di cibo fresco: frutta e verdure soprattutto. Ma anche gli altri prodotti, più o meno lavorati, confezionati, provengono in ultima analisi dall’agricoltura e dagli allevamenti: pane, pasta, riso, vino, latte, formaggi, uova, salumi. In questi ultimi anni, all’inizio del XXI secolo, l’agricoltura sta attraversando la sua più grave crisi dal secondo dopoguerra. Si tratta di una crisi economica perché i prodotti agricoli all’origine hanno sempre meno valore, mentre quelli lavorati che ne derivano hanno costi sempre più alti per i consumatori finali. Associata a quella economica c’è quella delle persone: gli addetti al settore agricolo sono sempre meno e le campagne si svuotano. In alcuni casi questo vuoto viene occupato dall’agricoltura intensiva, più spesso invece, non solo nelle zone montane e collinari ma anche in pianura, rimangono vaste aree incolte. Che pena osservare campi incolti a soli 10 km da Torino! Secondo dati forniti da FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) le aziende agricole tra il 2000 e il 2010 si sono ridotte del 27% e quelle con allevamenti addirittura del 50%. Alcuni che avevano la possibilità di investire hanno trasformato l’azienda agricola in azienda agrituristica. Anche in questo caso però, senza agricoltura e allevamento, non avranno vita facile. Bisogna evitare di penalizzare le piccole aziende, com’è sempre successo, e non insistere nell’aiuto dei grandi gruppi formati dai soliti furbi. La faccenda delle “quote latte” che in alcune regioni si trascina da anni ne è un esempio.

Bisogna aiutare i giovani per fargli ritrovare il piacere e la convenienza di coltivare la terra. Qualcuno ci prova. Non mi era mai successo negli anni scorsi. Quest’anno invece, all’esame di Stato di un liceo scientifico, uno studente ha dichiarato che non continuerà con gli studi universitari (non è una buona cosa) perché ha la ferma intenzione di continuare a coltivare la terra (è una  buona cosa), nella cascina dei genitori, con i mezzi agricoli che la tecnologia e le (modeste) possibilità economiche gli mettono a disposizione.

Coltivare significa mantenere vive le nostre origini e l’identità del nostro territorio. Significa anche contribuire concretamente alla salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente. Se non c’è la possibilità di coltivare un campo, piuttosto che lasciarlo semplicemente incolto si può favorire la sua trasformazione in bosco. Si tratta di un processo lento che richiede qualche decennio e nel frattempo non permette alcun ricavo economico. Ma anche una scelta di questo tipo deve essere meditata e richiede una selezione delle specie da impiantare, per non lasciare spazio alle solite infestanti, robinia pseudoacacia in primis.

La crisi dell’agricoltura va di pari passo con quella del paesaggio. Capita spesso di notare, purtroppo, lungo le aree incolte o lungo le stradine di campagna che portano a questi campi, sversamenti abusivi di rifiuti di ogni tipo. Per alcune persone, vedere una zona abbandonata significa potervi a sua volta abbandonare di tutto. Come se non esistessero i centri di raccolta e di differenziamento. Ignoranza è anche questo: andare lontano da casa e abbandonare dove capita ciò che non serve più, anche se potrebbe essere smaltito correttamente vicino casa, gratuitamente o con una telefonata.

Agricoltura e alimentazione biologica

biologico1-300x155     I prodotti biologici si trovano negli ipermercati da qualche decennio ma, oggi, è possibile trovarli anche nei negozi più piccoli e nei mercati rionali, sulle bancarelle, dove è più difficile verificare la loro autenticità. Quindi il biologico non è più solo una moda ma un settore importante dell’agricoltura e del commercio. I prodotti “bio” occupano aree sempre più vaste nei supermercati fino a formare, talvolta, intere corsie. I costi invece si mantengono sempre più alti rispetti ai corrispondenti prodotti non biologici ma questo non spaventa chi è attento ad un’alimentazione di qualità e non deve combattere con difficoltà economiche quotidiane.

In origine, precursori dell’agricoltura biologica sono stati i contadini diffidenti verso un uso sempre crescente di fitofarmaci e insetticidi. Anche quella fascia di popolazione sensibile alle tematiche ambientali e etichettata come “verdi” ha sempre sostenuto il ritorno ad un’agricoltura e ad un allevamento biologici. Sono stati proprio i verdi a portare avanti, dagli anni ’80 ad oggi, trent’anni di battaglie culturali, giuridiche e politiche. L’agricoltura biologica ammette solo prodotti naturali per le pratiche agricole e l’allevamento. Sono esclusi quindi i prodotti chimici industriali e i prodotti OGM. Naturalmente ci sono anche altre ragioni che spingono per una continua sostituzione dei vecchi metodi di lotta con insetticidi: il vasto impiego di questi prodotti è stato sempre accompagnato, nelle tipologie di insetti trattati, dallo sviluppo di una sorta di resistenza genetica e, perciò, da una progressiva riduzione dell’efficacia del trattamento.

Ma quando e come i prodotti agricoli possono essere dichiarati biologici? Innanzitutto devono essere coltivati in terreni dove è stato sospeso l’impiego di sostanze chimiche di sintesi da almeno due anni e devono essere nettamente separati da altri terreni e colture non biologiche. Sono fondamentali poi, per mantenere la fertilità del suolo, alcune buone e antiche pratiche: l’utilizzo di fertilizzanti naturali (compost e letame animale), il sovescio per interrare piante (generalmente leguminose) seminate appositamente per la fertilizzazione, la rotazione delle colture per sfruttare diversi tipi di minerali e per ridurre lo sviluppo dei parassiti. Per quest’ultimo scopo si interviene anche con le normali pratiche di aratura e zappatura e con sostanze a base vegetale (ad esempio piretro) e favorendo lo sviluppo e l’azione di organismi antagonisti di quelli dannosi.

Per quanto riguarda gli allevamenti, sono esclusi quelli in batteria ed è escluso l’uso di antibiotici che, per qualche decennio, sono stati utilizzati massicciamente a scopo preventivo insieme agli ormoni per accelerare la crescita, soprattutto di specie avicole e di bovini. Per la conservazione dei prodotti non sono ammessi coloranti e conservanti chimici. Purtroppo però anche questo settore non è immune dalle frodi, anche se le aziende che vogliono ottenere per i loro prodotti i marchi “bio” sono sottoposte a controlli da parte di una delle agenzie riconosciute per il rilascio a livello italiano o europeo. Si tratta perciò di un’agricoltura controllata in base a regolamenti nazionali ed europei. Questi controlli invece non esistono per l’agricoltura convenzionale e sono molto ridotti per l’agricoltura “integrata” che in parte prevede l’utilizzo anche delle sostanze chimiche di sintesi. In Italia, per i controlli sono riconosciute una decina di agenzie: AIAB, Bioagricoop, Bios, CCPB, Codex, Ecocert Italia, IMC, AC & I, Suolo e Salute, Amab, Demeter, Biozart, Imo. Questo ci aiuta a capire perché l’agricoltura biologica ha un costo maggiore. Non solo per la necessità di ottenere le certificazioni, che hanno un costo, e per i controlli che i tecnici effettuano sul campo e in azienda ma anche perché i fertilizzanti sono più cari, la resa per ettaro del prodotto è inferiore, la difesa biologica è più costosa e, spesso, meno efficace. Tutto questo in passato ha fatto salire i prezzi fino al 100% in più rispetto a quelli non biologici ma, negli ultimi, anni questa differenza è meno marcata.

Non bisogna trascurare un aspetto sociale e sanitario: una percentuale significativa di malattie tumorali ha origine alimentare, dovuta proprio ai residui di pesticidi che si trovano negli alimenti vegetali (frutta, verdura, ortaggi) e agli antibiotici contenuti nelle carni. Un’alimentazione rivolta maggiormente ai prodotti biologici potrebbe ridurre malattie, morti e costi sociali. Ricordo un conoscente e amico che, proprietario di un frutteto trattato con fitofarmaci, mostrando una cassetta di mele molto grandi e belle diceva: “una di queste ti guarisce!”. Dopo pochi anni, non ancora sessantenne è deceduto per un tumore all’intestino. Purtroppo di casi simili, negli ultimi anni, ce ne sono stati tanti. Frutta e carni non vanno demonizzate ma bisogna fare attenzione alla loro origine e la prima va consumata sempre lavata e sbucciata, le carni vanno consumate con molta moderazione.

L’immagine è tratta da www.madeinitalyblognetwork.it/tag/biologico/