Attenti all’acqua!

logo_campagna_acqua    Oggi è la giornata mondiale dell’ambiente e, anche in considerazione dei referendum che ci saranno tra una settimana, è opportuno riflettere su due temi. L’acqua è un bene comune oppure no? Bisogna garantire a tutti l’accesso a questo liquido o no? Finora in Italia la gestione degli acquedotti è stata affidata a società municipalizzate pubbliche. Con la legge che il referendum vuole abrogare è previsto l’ingresso di privati nella gestione di acquedotti e acqua potabile. I pochi casi in cui la gestione è stata affidata a privati, come a Grosseto, hanno visto un considerevole aumento dei prezzi. Uno dei quesiti referendari vuole anche abrogare la legge che prevede un guadagno netto del 7% annuo del capitale investito dai privati nella distribuzione dell’acqua e che deve ricadere sulle bollette. Società private e multinazionali controllano già il grosso affare delle acque imbottigliate dietro il versamento allo Stato di una tariffa irrisoria per l’estrazione da pozzi e sorgenti di acqua pubblica. Negli ultimi anni, anche a causa della crisi economica, determinata non certo da noi comuni cittadini ma dai grandi gruppi economici e finanziari, banche in testa, c’è stata e c’è una continua spinta verso la privatizzazione di beni pubblici, all’insegna di un neo-liberismo quasi sfrenato. Purtroppo è facile prevedere aumenti di tariffa sia per l’acqua di uso domestico sia di quella per usi industriali e agricoli. Ma, precisamente, qual è il contenuto dei due quesiti referendari sull’acqua?

Il primo ha come titolo “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione” In pratica si propone di abrogare l’art. 23 bis della Legge n. 133/2008, modificata dal Decreto Ronchi (n. 135/2009) relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici locali tra i quali rientra anche l’acqua. La legge e il decreto in questione prevedono l’ingresso dei privati, con i loro investimenti, in tutti i servizi pubblici che entrerebbero così nella logica di mercato della domanda e dell’offerta, per quanto riguarda i costi. Senza considerare quello che è successo in altri settori privatizzati, con i cosiddetti “cartelli” per tenere alti i prezzi!

Il secondo quesito ha come titolo “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma.” Con il quesito viene proposta l’abrogazione dell’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) nella parte che dispone un profitto fisso sull’acqua di almeno il 7% annuo. È facile prevedere, se la noma non viene abrogata, a quali rincari si potrebbe arrivare in pochi anni.

Nell’area metropolitana torinese l’acqua di rubinetto è di buona qualità e la rete idrica è gestita senza sprechi o scandali dalla Società pubblica SMAT. I numerosi interessi che gravitano attorno a questo potenziale, enorme, business, si sono spostati dalle acque imbottigliate a quelle degli acquedotti, tanto che da alcuni anni si parla di una vera e propria “corsa all’oro blu”. Nei secoli passati, spesso l’accesso all’acqua intesa come sbocco di nazioni sul mare o controllo di fiumi e laghi, ha scatenato guerre fra varie popolazioni del pianeta. Negli ultimi decenni invece più spesso le guerre sono state scatenate per il controllo delle fonti energetiche fossili: il caso della guerra in Iraq è stato eclatante ma non è certo il solo. Nei ricchi Paesi occidentali invece le guerre sono di altro tipo, sono economiche e commerciali in molti settori e quello dell’acqua è molto promettente riguardo ai possibili guadagni: dell’acqua nessuno può farne a meno. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per avere condizioni di vita accettabili, occorrono almeno 50 litri di acqua potabile al giorno a persona. Nel mondo invece abbiamo enormi disparità: si va da un massimo di circa 450 litri al giorno di un abitante degli Stati Uniti, a meno di 10 litri al giorno degli abitanti di alcuni Paesi africani. In Italia il consumo medio è di circa 220 litri al giorno per persona. Senza un intervento deciso della popolazione, è facile prevedere che l’acqua diventerà un lusso. Dopo essere stati erroneamente colpevolizzati i cetrioli e la Spagna, probabilmente anche il grave fatto di cronaca degli ultimi giorni che ha colpito il nord della Germania ha avuto l’acqua come vettore, in particolare può essere stato causato dall’inquinamento dell’acqua di falda. Infatti il batterio responsabile delle intossicazioni e delle decine di morti, l’Escherichia coli, proviene dal contatto con feci animali o umane e una delle cause di inquinamento potrebbe essere la perdita delle fognature o il cattivo utilizzo del letame in agricoltura. Comunemente questo batterio è presente nel nostro intestino senza provocare danni ma la mutazione che ha portato alla nuova variante resistente, anche agli antibiotici, lo hanno reso molto pericoloso e in alcuni casi mortale.  Su quanto è successo in Germania ne sapremo di più nei prossimi giorni, intanto in Italia prepariamoci a votare i referendum sull’acqua, ciascuno con le proprie idee e convinzioni ma con consapevolezza!

In caraffa o imbottigliata?

acqua1-300x121     Negli ultimi anni i costi delle varie forme di energia sono aumentati di continuo. Quelli dei prodotti alimentari di base, anche. Le speculazioni finanziarie hanno contribuito in modo determinante a questi aumenti che gravano soprattutto sulle famiglie meno abbienti. Quest’estate notavo che nella nostra città, negli ipermercati, la maggioranza dei carrelli in coda alle casse contenevano uno o più confezioni di acqua imbottigliata. Nei periodi di crisi molte persone cercano dove tagliare le spese del proprio bilancio familiare. Sono sorpreso che tanti ancora continuino a comprare acqua imbottigliata ad un prezzo esorbitante, se paragonato a quello dell’acqua di rubinetto. Purtroppo da qualche decennio si è persa la cultura dell’acqua potabile di casa. La pubblicità martellante delle televisioni sulle acque imbottigliate (a mio parere come giro d’affari è seconda solo alla pubblicità delle automobili) induce i consumatori a credere che quella dell’acquedotto non sia buona o comunque crea verso di essa un clima di diffidenza. Senza considerare il grande affare di filtri e depuratori di ogni tipo che dovrebbero essere applicati ai rubinetti. Eppure le società di gestione degli acquedotti (per Torino la SMAT) e le ASL garantiscono controlli e sicurezza che nessuna società di imbottigliamento può garantire. Questo doppio controllo è una garanzia di qualità, freschezza e potabilità.

Bisogna sfatare anche la convinzione diffusa in tanti cittadini sulla “durezza” dell’acqua di rubinetto. Questa caratteristica viene evidenziata dalle incrostazioni di calcare (CaCO3) sui sanitari e in alcuni elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie, ferro da stiro. La durezza è determinata dalla concentrazione di sali solubili disciolti, soprattutto carbonati di calcio e di magnesio e dipende dalle caratteristiche geologiche della zona di provenienza dell’acqua. È un parametro che si misura in gradi francesi e, secondo l’O.M.S., per il nostro organismo è consigliato un valore compreso tra 15 e 50 gradi. Questi stessi valori sono stati recepiti anche dalla normativa italiana, inoltre secondo l’Istituto Superiore di Sanità la durezza dell’acqua non è pericolosa per l’organismo e non è la causa principale di calcoli renali e biliari. Perciò se bisogna fare molta attenzione al bilancio familiare e alle spese, quella per l’acqua imbottigliata è superflua. Nel mondo siamo i maggiori consumatori di acqua in bottiglia a tutto vantaggio di poche multinazionali. In Italia i principali produttori di quest’acqua sono quattro: Nestlé, San Benedetto, Uliveto e Ferrarelle, ciascuno con diversi marchi.

Negli ultimi anni ci sono state numerose campagne messe in atto da associazioni di consumatori (Altroconsumo soprattutto) e da alcuni enti istituzionali a favore dell’acqua di rubinetto. Poi la grande raccolta di firme dell’ultimo anno, contro il tentativo di una parte politica di privatizzare l’acqua degli acquedotti, ha creato un clima di attenzione e vigilanza verso questo bene pubblico fondamentale.

Le acque minerali in bottiglia più diffuse e commercializzate sono quelle oligominerali, le altre si trovano meno perché hanno poco mercato. La classificazione in minimamente mineralizzate, oligominerali e ricche di minerali si basa sulla quantità di residuo fisso (r.f.) che, per legge, deve essere riportato in etichetta insieme agli altri parametri in mg/l delle sostanze disciolte. Le acque oligominerali hanno un r.f. compreso tra 50 e 500 mg/l.

Nella tabella: valori massimi e valori guida delle sostanze naturali più comuni nelle acque imbottigliate.

Per chi vuole approfondire il discorso e consultare le tabelle della qualità delle acque di molte città italiane o solo di Torino:

http://www.altroconsumo.it/acqua/acqua-minerale-o-del-rubinetto-s107192.htm