Melanina o melatonina?

scottatura-262x300      Ormai gli esami di stato sono terminati e molti hanno deciso di prendersi qualche giorno o qualche settimana di vacanza, in prevalenza al mare. Le mani e i piedi si imbratteranno di finissima sabbia. I corpi esposti al Sole non avvertiranno gli effetti dei suoi raggi per la frescura della brezza di mare e, si spera, per le creme filtranti adottate. Ci occupiamo sinteticamente di abbronzatura. Nel titolo ho accostato due sostanze molto diverse perché talvolta vengono confuse, è successo anche durante il colloquio dell’esame concluso da poco.

La melatonina è un ormone (la formula chimica bruta è C13H16N2O2) che nel nostro corpo regola i ritmi biologici, soprattutto il ritmo sonno-veglia. Viene prodotta dall’epifisi, detta anche ghiandola pineale (ha le dimensioni di un cece e si trova al centro dell’encefalo), in base alle condizioni di luminosità i cui recettori sono presenti nell’occhio, insieme alle cellule deputate alla visione. La melatonina è anche definita “ormone del buio” perché la sua produzione è massima durante il periodo invernale, quando le ore di luce sono ridotte, e durante la notte. I meccanismi con i quali controlla i ritmi biologici non sono ancora ben conosciuti.

Altra cosa è la melanina o le melanine (la principale per il corpo umano è l’eumelanina, la cui formula di struttura non è ancora ben chiara). Si tratta di pigmenti prodotti da cellule specializzate dell’epidermide: i melanociti che, stimolati dai raggi solari, formano granuli di melanina detti melanosomi. Quando questi granuli, prodotti in quantità, si raggruppano intorno ai cheratinociti (altre cellule specializzate dell’epidermide) provocano l’abbronzatura. Melanine sono presenti anche nell’iride degli occhi e nei peli. Un ruolo fondamentale viene svolto dai raggi solari (o da quelli artificiali delle lampade) che penetrano nella nostra pelle: gli Uvb si fermano soprattutto all’epidermide mentre gli Uva raggiungono anche lo strato più profondo, il derma. Secondo alcuni studi condotti alla Boston University da Barbara Gilchrest, l’esposizione alla luce provoca sempre danni al DNA delle cellule dell’epidermide. Normalmente questi danni attivano la produzione di enzimi riparatori che recidono e sostituiscono le parti di DNA danneggiato. Questi stessi enzimi stimolano i melanociti alla produzione di un ormone, l’Msh o Melanocyte stimulating hormon che, a sua volta, induce la produzione di melanina che “protegge” la pelle da possibili danni ben più gravi. Quali sono? Soprattutto il rischio di melanoma, il più grave tumore che può colpire la pelle. Paradossalmente, per proteggerci un po’ di più dal melanoma dobbiamo prima far subire dei danni alla stessa pelle. Il melanoma è un tumore in aumento nel mondo. In Italia provoca circa 7-8000 decessi all’anno. La sua aggressività sembra dovuta non tanto alle dimensioni visibili, ma alla sua profondità: se non supera 0,7 cm è considerato poco aggressivo e una volta asportato si possono fare visite di controllo ogni sei mesi. Se invece è più profondo di 0,7 cm, purtroppo si collega ai vasi linfatici del derma che possono trasportare in altri distretti le cellule “impazzite”.

I melanociti possono trasformarsi in cellule tumorali sia per cause genetiche, sia per eccessive esposizioni alle radiazioni solari o artificiali. Quindi attenzione: esposizioni moderate e graduali, con le necessarie creme protettive. Per la prevenzione, bisogna far controllare regolarmente i nei dopo i trent’anni. I principali segnali d’allarme sono: i bordi frastagliati, la variazione di colore o di dimensione, la forma asimmetrica, il sanguinamento, la “scomparsa”.

Per saperne di più sulla prevenzione: http://www.prevenzionetumori.org/

Nell’immagine una tipica “scottatura” solare.

Avvertenza: Le informazioni riportate in questo blog hanno solo un fine didattico e divulgativo: non costituiscono e non provengono né da indicazioni né da consiglio medico! Eventualmente rivolgersi al proprio medico di fiducia.