2009: Anno internazionale dell’astronomia

  Il 2009 è appena iniziato e, se dal punto di vista economico e sociale si preannuncia difficile, dal punto di vista scientifico celebra il bicentenario della nascita di Charles Darwin e soprattutto il quattrocentesimo anniversario delle prime osservazioni di Galileo Galilei con il cannocchiale. Era il 1609 quando Galilei a Padova utilizzava il primo rudimentale cannocchiale: un tubo con due lenti alle estremità. Le scoperte di Galileo ebbero un ruolo di primaria importanza nella rivoluzione astronomica con il suo sostegno al sistema eliocentrico e alle teorie copernicane. Accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galileo fu per questo condannato come eretico e costretto, il 22 giugno 1633, all’abiura delle sue concezioni astronomiche.
La risoluzione è stata avanzata dall’UNESCO e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2009 "Anno Mondiale dell’Astronomia": International Year of Astronomy, con la sigla AIA09 in italiano e IYA09 in inglese. Il primo promotore dell’iniziativa, nel 2003, fu lo scienziato italiano Franco Pacini dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica).  L’obiettivo fondamentale è quello di stimolare l’interesse di tutti ed in particolare dei giovani non solo verso la stessa astronomia ma verso tutte le scienze in generale, visti i suoi forti legami con la matematica, la fisica, la chimica e altre scienze naturali e biotecnologiche. Inoltre bisogna insistere nell’osservare e nel far osservare il mondo e l’Universo con la stessa passione e curiosità del fondatore della scienza moderna. Il motto elaborato per l’IYA è "L’Universo, a te scoprirlo" che sottolinea l’importanza della scoperta personale e collettiva dell’Universo e mette l’accento su  come la conoscenza scientifica possa contribuire ad un mondo più equo e pacifico.

In ogni nazione partecipante è stato designato un "riferimento" nazionale, nel caso dell’Italia il compito è affidato proprio ad INAF con l’incarico di stabilire e favorire collaborazioni fra Enti, Università, Science Centers, Società scientifiche e di appassionati in vista di manifestazioni ed eventi di quest’anno.

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Il cielo azzurro

Cerco di rispondere nel modo più completo e chiaro possibile ad una domanda che mi è stata posta in una classe da alcune ragazze, probabilmente incuriosite da uno dei temi di giovedìscienza di quest’anno, rivolto alle scuole: PERCHé IL CIELO è AZZURRO? che verrà affrontato da
Bice Fubini, giovedì 12 febbraio 2009, ore 10.00 solo su prenotazione per le classi della Scuola Materna, al Teatro Colosseo di Torino, in via Madama Cristina 71.
Sappiamo già (vedi anche uno dei post precedenti, novembre 2008, sul blog di scienza della materia:
http://scienza_materia.blog.tiscali.it//La_dispersione_della_luce_1942532.shtml ) che la luce visibile è apparentemente di color bianco e proviene dal Sole. Sappiamo anche che la luce è composta dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche di diverse lunghezza d’onda che variano dai 380 nm (nanometri) della radiazione che percepiamo come violetta, fino ai 720 nm della radiazione rossa, passando per tutti gli altri colori dell’arcobaleno(blu, verde, giallo, arancio) [ricorda: 1 nanometro (nm) = 1 milionesimo di millimetro, cioè 10-6 mm]. Quando i raggi solari raggiungono la Terra, avvolta dall’atmosfera, interagiscono con questo strato gassoso che sappiamo essere composto da elementi e sostanze diverse. Sappiamo che l’aria è trasparente, ma questo è vero fino ad un certo punto perché è composta da miscugli di gas e altre particelle. I risultati di questa interazione luce-atmosfera dipendono dalla lunghezza d’onda delle diverse componenti della luce visibile, dalle dimensioni e dalla natura delle particelle colpite.

Quando la luce colpisce particelle molto più grandi della sua lunghezza d’onda (pulviscolo atmosferico, goccioline d’acqua, …), viene riflessa in tutte le direzioni, indipendentemente dalla lunghezza d’onda dei vari colori componenti.

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Studi italiani su Tunguska

Molti libri scientifici, siti web, libri di testo di scienze riportano il nome di questa località della Siberia centrale, devastata nel 1908 da qualche evento catastrofico. Sugli stessi testi si riporta che la causa più probabile di questo evento, che ha distrutto la foresta di conifere per circa 2000 chilometri quadrati, abbattendo e bruciando gli alberi a "raggiera" a partire da una zona centrale (orientamento centrigugo), fu probabilmente l’impatto di un meteorite. Ma diversi studiosi di varie parti del mondo hanno considerato anche altre ipotesi: un’eruzione vulcanica, un terremoto, l’esplosione di un’enorme bolla di metano "imprigionata" nel terreno ghiacciato, la formazione di un blocco di antimateria o di un piccolo buco nero, la caduta di un UFO. A proposito di quest’ultima ipotesi, il governo di Mosca nel 1960 inviò sul posto una spedizione scientifica proprio per verificare se quella devastazione poteva essere stata provocata da un’astronave. Non si trovò nessun elemento che potesse avvalorare un’ipotesi così suggestiva.

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I colori delle foglie

 

Secondo alcuni studiosi, i mutamenti climatici influenzano anche i cambiamenti nel colore delle foglie. Secondo altri non esistono certezze neanche su "cosa" determini il cambiamento di colore. Ci sono botanici che, negli USA, con webcam fisse collocate sugli alberi controllano il cambiamento di colore delle foglie nei mesi autunnali. Sembra accertato che le temperature più alte ritardino di alcuni giorni la caduta delle foglie e in generale le condizioni meteorologiche la influenzano. Periodi di siccità possono determinare un precoce ingiallimento e la successiva colorazione marrone e caduta.

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IL METODO SCIENTIFICO

 

Formulato per la prima volta con chiarezza da Galileo Galilei (1564-1642), è fondato sull’esperimento, perciò viene detto anche metodo sperimentale. Dopo Galilei, è diventato la base delle scienze sperimentali (per esempio fisica, chimica, biologia, astronomia, geologia), che hanno permesso di raggiungere l’attuale grado di conoscenza della natura. Il metodo sperimentale si basa sull’esperienza e sull’osservazione più che su qualsiasi discorso, ma tutto ciò non è sufficiente. È necessario, come diceva Galilei, interrogare la natura con un esperimento appositamente progettato e realizzato. Per fare questo, occorre costruire dei dispositivi tecnici, fare uso di strumenti che potenzino i propri sensi (cannocchiali, microscopi, strumenti di misura, ecc.), in modo che la risposta sia chiara e precisa. A tal fine, i dati dell’osservazione (distanze, tempi, temperature, ecc.) devono essere tradotti in numeri, cioè devono essere misurati. Solo così sarà possibile capire la realtà. In ogni caso, occorre essere disposti a rivedere le proprie teorie quando queste si dimostrano inadeguate.

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