Anche il nostro Istituto contro i cambiamenti climatici

“Come è già successo per moltissime altre specie, l’uomo è destinato a scomparire dal nostro pianeta. Inquina, incendia, costruisce dighe gigantesche, disbosca, uccide. Tutto questo modifica in pochi anni gli ambienti naturali, frutto dell’equilibrio raggiunto in milioni di anni. Le conseguenze sono molte, alcune già visibili, altre prevedibili. L’innalzamento della temperatura dell’atmosfera determinerà danni che si ripercuoteranno sia sugli ambienti che sugli esseri viventi” (Didier).

“A causa delle attività umane la Terra mostra i sintomi del suo malessere. Il problema dei ghiacciai è uno dei sintomi più evidenti. Lentamente si stanno sciogliendo e questo non causa soltanto l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani ma crea squilibri nella vita degli esseri che vivono negli ecosistemi marini e terrestri. Ad esempio lo scioglimento dei ghiacci rende sempre più difficile la caccia degli orsi polari e molti di essi sono troppo magri per potersi riprodurre. Naturalmente molti pongono l’attenzione solo sui danni che possono esserci per l’uomo e le sue attività, per le sue città costiere. In Cina l’incidenza delle piogge di sabbia è dieci volte maggiore rispetto ai decenni scorsi. La pioggia vera deve essere provocata “sparando” sostanze chimiche nell’atmosfera, mentre altre zone del pianeta sono soggette ad alluvioni devastanti” (Eleonora).

“Le conseguenze delle attività umane e del consumo indiscriminato dei combustibili fossili sono numerose. Secondo gli scienziati, se si sciogliessero solo i ghiacci della Groenlandia il livello dei mari salirebbe di sette metri! L’eccessivo disboscamento determina ogni anno l’aumento delle aree desertiche e improduttive e l’impoverimento della biodiversità. Secondo me sono tutti problemi reali e poiché i cambiamenti non sono ancora irreversibili, dobbiamo fare qualcosa non solo a parole: servono fatti e impegni concreti. Nel nostro piccolo possiamo impegnarci nella riduzione dei rifiuti, nella raccolta differenziata, nel risparmio dell’acqua e dell’energia” (Miriam).

“Il surriscaldamento globale e l’effetto serra provocati dalle emissioni in atmosfera della CO2 e di altri gas ha raggiunto valori allarmanti per tutti. Come è stato già fatto da molti Stati per la riduzione dei clorofluorocarburi (cfc) responsabili della distruzione dell’ozono sull’Antartide, allo stesso modo sono necessari impegni per arrestare e invertire la tendenza verso questo riscaldamento globale. I vari gas provenienti dai combustibili fossili formano nuvole di inquinanti che si spostano con i venti su tutto il pianeta. Non esistono zone della Terra al riparo dagli effetti dell’inquinamento e del riscaldamento generale. Quest’ultimo problema è evidente anche in Italia: i ghiacciai delle Alpi sono sempre più ridotti e con loro diminuiscono anche le nostre riserve di acqua dolce” (Davide).

“Tempeste di sabbia, alluvioni catastrofiche, desertificazioni, incendi, in parte sono fenomeni naturali ma in molti altri casi sono le conseguenze degli errori dell’uomo. È necessario un ritorno a comportamenti sostenibili per l’ambiente che portino ad una riduzione delle sostanze inquinanti. Noi possiamo iniziare dalle piccole cose, dai comportamenti quotidiani ma gli Stati, i vari Enti territoriali, le grandi industrie devono orientarsi decisamente verso lo sviluppo e l’utilizzo di fonti energetiche alternative se vogliamo rendere più pulito il pianeta” (Roberta).

“Per l’ambiente, i cambiamenti climatici sono il problema principale degli ultimi anni. Acque sempre più calde, piogge sempre più acide, terreni sempre più aridi, inquinati e meno produttivi. Si tratta di problemi globali sui quali intervenire in modo deciso tutti” (Cristina).

“Stiamo andando verso la rovina. Le cause sono diverse, soprattutto l’inquinamento prodotto dalle attività umane: industrie, auto, impianti di riscaldamento e raffreddamento delle case. Per le auto da qualche anno ci sono sforzi nella costruzione a prezzi competitivi di motori a basse emissioni inquinanti. Ancora molto rimane da fare negli altri settori. Soprattutto per quanto riguarda l’uso del carbone in molte parti del mondo” (Francesco).

“L’emissione di anidride carbonica, dannosa per l’atmosfera, è aumentata e continua ad aumentare. Senza rinunciare al benessere raggiunto, dovremmo prendere esempio dai comportamenti dei nostri nonni o da quelli di alcune popolazioni non ancora industrializzate: ridurre gli sprechi, utilizzare prodotti naturali e non sfruttare oltre il limite della sostenibilità ambientale le risorse della Terra. Penso ad esempio alla pesca indiscriminata con le reti di fondale estese per decine di kilometri” (Ilenia).

Usi e consumi. Il nostro impegno per il clima e il summit di Copenaghen

    Siamo alla vigilia del summit dell’ONU sul clima che si terrà a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre 2009. Dai risultati degli incontri bilaterali fra alcuni grandi inquinatori del pianeta (USA, Cina, India e altri Paesi industrializzati o in fase di forte industrializzazione) non si prevedono impegni vincolanti per gli Stati ma solo l’enunciazione di principi (belle parole insomma!). Eppure oggi la tecnologia mette a disposizione molte soluzioni per la riduzione dei gas serra e cercare di arrestare l’aumento della temperatura media dell’atmosfera. Se gli Stati e le grandi multinazionali non trovano un accordo per interventi concreti, ciascun cittadino si può comunque impegnare con piccoli passi: meno rifiuti e un uso più efficiente dell’energia e dell’acqua, cioè meno sprechi. Questo cambiamento dei comportamenti delle persone viene messo al primo posto tra le possibili cose da fare anche dall’ex vicepresidente degli Stati Uniti, il premio Nobel Al Gore, nel suo ultimo libro “Our Choice” (La nostra scelta).

In questo documento invece ci sono i risultati di un’indagine statistica sugli usi e i consumi di acqua ed energia e sulla raccolta differenziata, svolta quest’anno (2009), in 14 classi del biennio dell’Istituto Tecnico Commerciale Statale “Russell-Moro”. Gli studenti hanno restituito in tutto 230 schede. I giovani e le famiglie coinvolte abitano nella stragrande maggioranza nelle circoscrizioni V e VI di Torino, area nord e nord-ovest della città. Gli scopi dell’indagine sono stati: la conoscenza della situazione attuale, l’informazione per studenti e famiglie, lo stimolo verso comportamenti più virtuosi che riducano gli sprechi in generale, non solo d’acqua e di energia.

Ringrazio per la loro disponibilità le colleghe: Adduci, Boccardo, Marchi, Ferrario e il collega Grimaldi che hanno distribuito e poi raccolto i questionari nelle loro classi. Ringrazio altresì la collega dell’ IPSIA “Plana”  e tutti i componenti del gruppo di lavoro sui “consumi energetici” della V Circoscrizione di Torino.  Nelle immagini dell’album in fondo alla pagina sono riportati i grafici ottenuti dai dati.

1) A casa tua, i rifiuti vengono differenziati, almeno in parte?

Sì: 183 risposte (79,6%)            No: 47 risposte  (20,4%)

2) Che cosa viene differenziato?

Su 183 famiglie che fanno in tutto o in parte la raccolta differenziata:

143 differenziano la carta (78,1%)

138 differenziano vetro e lattine (75,4%)

144 differenziano la plastica (78,7%)

137 differenziano l’organico (umido) (74,9%)

Le percentuali calcolate si riferiscono alle 183 famiglie che differenziato, sono escluse le 47 che non fanno alcun tipo di raccolta differenziata.

3) Che tipo di lampadine si usano a casa tua?

Qui iniziano le risposte alle domande sugli usi e i consumi energetici. Il totale non è di 230 ma 273 perché, nonostante si richiedesse l’uso prevalente, alcuni hanno ritenuto di dover dare più risposte. La prima domanda era sul tipo di lampadine che si usano (in prevalenza):

– a incandescenza, 55 famiglie (20,1%)

– a risparmio energetico, 157 famiglie (57,5%)

– alogene, 31 famiglie (11,6%)

– al neon, 30 famiglie (11%)

4) A casa tua si usano prevalentemente batterie:

– ricaricabili, 140 risposte (56,7%)

– non ricaricabili, 107 risposte (43,3%)

In tutto ci sono state 147 risposte anziché 230 perché 17 studenti hanno dato entrambe le risposte, non sapendo definire quale era prevalente.

5)  Per ottenere l’acqua calda, a casa si utilizza:

– lo scaldabagno elettrico, 35 risposte (15,4%)

– lo scaldabagno a gas, 53 risposte (23,4%)

– la caldaia, 139 risposte (61,2%)

In totale sono state date 227 risposte, tre studenti non hanno saputo rispondere

6) Quando fai la doccia, lavi i denti, fai la barba:

– tieni l’acqua sempre aperta, 139 risposte (59,7%)

– la apri solo per sciacquarti, 94 risposte (40,3%)

In totale ci sono state 233 risposte anziché 230 perché tre studenti hanno fatto distinzione tra la doccia e il lavaggio dei denti

7) Quando spegni gli elettrodomestici:

– li lasci in stand by, 91 risposte (39,2%)

– li spegni del tutto, 141 risposte (60,8%)

Il totale è 232 anziché 230 perché alcuni non hanno abitudini fisse

8) Gli elettrodomestici vengono usati:

– solo a pieno carico, 139 risposte (58,9%)

– anche per poca roba, 97 risposte (41,1%)

In totale abbiamo 236 risposte perché alcuni usano indifferentemente entrambe le modalità.

Usi e consumi

L’anno del telescopio

Un libercolo, il “Sidereus Nuncius“, stampato a Venezia il 12 marzo del 1610 rendeva pubbliche le osservazioni fatte da Galilei (1564-1642) col suo primo cannocchiale negli ultimi mesi del 1609 (quest’anno ricorre il 400esimo anniversario). Qual è stata la prima grande intuizione di Galilei? Sicuramente la sua fiducia in uno strumento nato inizialmente solo per scopi meccanici ed utilizzato, a volte, solo in ambienti militari ma ignorato in ambito scientifico. La curiosità e la sua metodologia sperimentale lo portarono a rivolgerlo verso gli astri celesti.

Prima ancora della pubblicazione delle sue osservazioni, Galilei manifesta le sue sensazioni in una lettera a Belisario Vinta, ministro del Granducato di Toscana: “Io mi trovo al presenta in Venezia per far stampare alcune osservazioni le quali col mezo di un mio occhiale ho fatte nei corpi celesti; e sì come sono d’infinito stupore, così infinitamente rendo grazie a Dio, che si sia compiaciuto di far me solo primo osservatore di cose ammirande e tenute a tutti i secoli occulte”. Tra le tante, osserva che la superficie della Luna, contrariamente a quanto si riteneva, “non è affatto liscia, uniforme e di sfericità esattissima, come di essa e degli altri corpi celesti una numerosa schiera di filosofi ha ritenuto, ma al contrario disuguale, scabra, ripiena di cavità e di sporgenze, non altrimenti che la faccia stessa della Terra la quale si differenzia qua per catene di monti, là per profondità di valli“.

Scopre così che il paesaggio lunare non è molto diverso da quello terrestre e perciò la Terra non è affatto “unica” nell’Universo. Le stelle poi, osservate col cannocchiale appaiono numerosissime rispetto a quelle osservabili ad occhio nudo. Già il primo rudimentale cannocchiale potenzia di molto la capacità visiva dell’uomo.

Le descrizioni riguardanti Giove, contenute nel Sidereus Nuncius, fatte nel gennaio del 2010 ci fanno immaginare lo stupore che deve aver provato lo scienziato.

La notte del 7 gennaio, accanto a Giove nota tre piccole lucenti stelle, due a est e una ad ovest del pianeta. La notte seguente si presentano tutte e tre a ovest, in posizione diversa rispetto al 7. Il giorno 10 una è scomparsa (dietro al pianeta) e due sono a est. Il 12, mentre è impegnato nelle osservazioni, vede comparire la terza stella! Il 13 gennaio le stelle intorno a Giove diventano 4. Naturalmente non erano stelle: è la scoperta dei principali satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) ma Galilei, in onore a Cosimo II dei Medici, le chiamò “stelle medicee”.

Ma quali furono le reazioni alle scoperte di Galilei? I lettori più attenti e aperti si accorsero del carattere rivoluzionario di queste osservazioni e le paragonarono alle scoperte geografiche fatte dai grandi navigatori: Colombo, Vespucci, Magellano.

Tra le persone impressionate dalle osservazioni rese pubbliche da Galilei, vi fu l’ambasciatore inglese a Venezia, sir Henri Wotton. Il giorno stesso della pubblicazione del Sidereus, lo spedisce al suo re, Giacomo I Stuart (Edimburgo 1566 – Theobalds Park, Hertfordshire 1625), aggiungendo la promessa di spedirgli al più presto anche un cannocchiale con il seguente commento: “Invio alla Maestà Vostra, con questa lettera, la più strana notizia che mai sia apparsa al mondo. Si tratta del libro qui allegato del professore di matematica di Padova … Costui ha rovesciato tutta l’astronomia e tutta l’astrologia … L’autore potrà o diventare oltremodo famoso, o rendersi oltremodo ridicolo“. Ma la maggior parte degli studiosi manifestava incredulità e diffidenza. C’era chi, per principio, non riconosceva alcuna validità alle osservazioni fatte con uno strumento meccanico e si affidava unicamente al ragionamento e alla teoria aristotelica. D’altra parte il testo fondamentale del sapere astrologico ed astronomico era la Syntaxis o Almagesto, di Claudio Tolomeo vissuto ad Alessandria d’Egitto nel II secolo dopo Cristo e nessuno aveva osato metterlo in discussione per oltre mille anni.

Frane e dissesto idrogeologico

     Ogni anno la cronaca segnala i moniti della natura all’uomo. L’uomo che costruisce nelle zone sismiche senza rispettare le fondamentali regole delle costruzioni antisismiche oppure che costruisce alla base o alle pendici di vulcani pericolosi come il Vesuvio. L’ultimo fatto invece, avvenuto nel messinese, si riferisce alle frane e alle costruzioni lungo i torrenti se non proprio nei vecchi alvei delle fiumare. Ma cosa sono le frane? Sono cadute o scivolamenti verso il basso causati dalla forza di gravità di masse detritiche, solide o fluide. Quando si verificano? Quando viene superato il cosiddetto “angolo di riposo”, cioè l’angolo che indica la pendenza oltre la quale un dato materiale (terreno, costone roccioso, masso) perde la sua stabilità e si mette in movimento sotto la spinta della gravità (già è sempre lei che pervade tutto il nostro pianeta: la forza di gravità). Esistono diversi fattori che favoriscono le frane: la presenza di strati d’argilla, particolari giaciture degli strati, oppure fattori che modificano la pendenza o alterano la stabilità dei versanti delle colline e delle montagne. Ma il fattore principale che ha messo in movimento le frane di Messina del mese scorso è l’eccesso di infiltrazione d’acqua che ha fatto venire giù enormi colate di fango.

Naturalmente non è stato solo un fenomeno naturale, l’azione dell’uomo sul territorio è stata sicuramente una concausa. Costruzioni abusive o concessioni edilizie date con leggerezza, senza valutare o senza avere le competenze per valutare i rischi del territorio. Ma anche i disboscamenti operati per secoli fanno sentire i loro effetti in varie parti del mondo. Gli alberi e gli arbusti infatti esercitano un’azione antierosiva notevole e non tanto per l’intrigo di radici che imbrigliano e trattengono meccanicamente il suolo, come comunemente si crede. Certo, è presente ed è importante anche quest’azione ma sono più importanti un insieme di altri fattori. Le piante trattengono grandi quantità d’acqua, riducendone lo scorrimento e l’infiltrazione. Le loro parti aeree poi, intercettano le precipitazioni riducendone la violenza e la forza erosiva, ulteriormente ridotta al suolo dalla presenza della lettiera. Il fenomeno della traspirazione mediante le foglie permette il ritorno in atmosfera, sotto forma di vapore, di una certa quantità d’acqua. Sia le piante, sia la lettiera rallentano lo scorrimento delle acque (ruscellamento), riducendo la formazione e la piena di corsi d’acqua responsabili delle colate di fango. Molte ricerche hanno evidenziato che la velocità di scorrimento dell’acqua sul terreno ricoperto da vegetazione è solo del 25% rispetto al suolo nudo! Ecco perché tra le sistemazioni idraulico forestali da effettuare nelle zone a rischio frane, se manca la copertura vegetale, bisogna sempre prevedere la riforestazione. Non bisogna fermarsi ad una copertura scarsa o media, ma la copertura deve essere forte: su oltre il 50-60% di suolo. Purtroppo è tale il dissesto e il rischio di varie regioni che è facile prevedere che la tragedia a cui abbiamo assistito, con passerella anche di politici e amministratori responsabili della devastazione del territorio, non sarà l’ultima. Allo stesso modo è facile prevedere che non ci saranno risorse sufficienti da utilizzare per la prevenzione. Per alcuni è molto più comodo e fornisce un miglior ritorno d’immagine e maggior consenso elettorale spendere saltuariamente per le emergenze.

I calabroni: architetti da milioni di anni

    In Italia esistono vari generi di vespidi. Si trovano soprattutto i generi vespa, polistes e vespula. I calabroni appartengono al genere vespa e sono presenti con due specie: vespa cabro e vespa orientalis; quest’ultima si trova solo nelle regioni meridionali. I calabroni sono i vespidi di maggiori dimensioni in Europa, in Italia raggiungono circa 3,5 cm di lunghezza e hanno un colore bruno con striature orizzontali gialle. Come tutti gli altri vespidi, si notano soprattutto in estate e in autunno e sono attratti dalle sostanze zuccherine contenute nella frutta matura, soprattutto uva, fichi, mele, pere. Sono insetti che, come le api, hanno un’organizzazione sociale molto complessa, con differenze morfologiche tra la regina, le operaie e i fuchi. Hanno un ciclo biologico annuale e il nido viene costruito tra aprile e maggio dalla regina e le prime operaie nascono a giugno, poi la colonia aumenta gradualmente il numero di individui e le dimensioni del nido. Come nelle api, sono le operaie che si occupano della nutrizione delle larve e della pulizia del nido, i soldati sono addetti alla difesa e la regina solo alla deposizione delle uova. Pare che sia la regina con i suoi feromoni a inibire lo sviluppo degli organi produttori negli altri individui che diventeranno operaie sterili. In autunno muoiono sia la regina, sia le operaie e i maschi; sopravvivono invece per l’inverno le giovani femmine fecondate che nella primavera successiva daranno origine ad una nuova colonia. In genere i nidi di calabroni si trovano nei tronchi cavi degli alberi, nelle vecchie case, nel terreno, nei sottotetti ma anche nei cassonetti delle tapparelle, se non sono disturbati. I nidi possono essere spettacolari: possono raggiungere diverse decine di cm di lunghezza ed essere costituiti da più favi sovrapposti e avvolti in una struttura cartacea. Si tratta di vere costruzioni multipiano racchiuse in modo più o meno completo in un involucro. I favi sono orientati verso il basso e il loro numero aumento a mano a mano che la colonia cresce. Considerate le dimensioni dei calabroni, le cellette naturalmente sono molto più grandi di quelle delle vespe o delle api. Le colonie di calabroni sono meno numerose di quelle delle vespe (alcune decine di individui). La puntura dei calabroni è molto più dolorosa e pericolosa di quella delle vespe o delle api. Se ci si trova in campagna, nei frutteti, nelle vecchie abitazioni, bisogna sempre fare molta attenzione: in genere prima di attaccare i vespidi danno segnali di avvertimento volando nei dintorni del vespaio se sentono il loro nido in pericolo. Fare particolare attenzione alla frutta molto matura: se è stata già intaccata da insetti o uccelli, qualche vespide potrebbe essere all’interno. Allo stesso modo è necessaria molta attenzione quando si bevono bevande zuccherate all’aperto, ad esempio bibite in lattina, vespe, moscerini, formiche possono anche penetrarvi se lasciate incustodite. Se si viene punti, pulire la parte colpita e applicare una pomata antistaminica o cortisonica. Le persone allergiche dovrebbero andare al Pronto Soccorso o chiamare il 118: il rischio di shock anafilattico è serio.

Il vespaio delle immagini è stato trovato in un sottotetto ed era formato da 4 favi sovrapposti e legati fra di loro da uno o più peduncoli. Lo strato di rivestimento esterno era parzialmente rovinato, comunque “vecchio”.

Calabroni

Raccomandazioni e indicazioni per la prevenzione da virus A/H1N1V

    Riporto integralmente le raccomandazioni e le indicazioni, concordate tra il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sui comportamenti che le scuole devono osservare per la gestione dei casi di influenza pandemica (VIRUS A/H1N1V) nelle scuole e per la prevenzione della sua diffusione. Il documento serve come prima iniziativa per sensibilizzare studenti e famiglie alla prevenzione dell’influenza  e all’educazione alla salute.
Oltre all’ambiente scolastico cui si fa riferimento nel documento, ricordo che sono potenziali luoghi di infezione tutti gli ambienti affollati (autobus, treni, oratori, ospedali, sale d’attesa, …) e gli oggetti utilizzati da più persone (sostegni e sedili di treni e autobus, monete, banconote, …) perciò è particolarmente importante lavarsi accuratamente le mani anche dopo che ci si è trovati in queste situazioni. In caso di malattia o assistenza a persone malate, utilizzare mascherine igieniche. Questi comportamenti sono utili per cercare di prevenire qualunque tipologia di influenza.

Carmine De Fusco

Raccomandazioni e indicazioni operative per la gestione dei casi di influenza pandemica da virus A/H1N1V.

1. MISURE IGIENICHE E COMPORTAMENTALI DA ADOTTARE A SCUOLA (da parte degli studenti e del personale)

§ Igiene delle mani: lavare regolarmente le mani con acqua e sapone, soprattutto dopo avere tossito, starnutito e avere soffiato il naso;

§ Corretta gestione delle secrezioni respiratorie (“etichetta respiratoria”): coprire la bocca ed il naso quando si tossisce e si starnutisce, possibilmente con un fazzoletto di carta, da gettare immediatamente nella spazzatura dopo l’uso;

§ Pulizia ordinaria, con i normali prodotti comunemente in uso, delle superfici e suppellettili che sono a contatto con le mani (banchi, sedie, lavagne, dispostivi elettronici utilizzati: video-proiettori, computer, ecc.). Effettuare la pulizia subito, nei casi in cui tali superfici si presentino visibilmente sporche;

§ Non consumare cibi, bevande già assaggiate da altri, o da confezioni non integre;

§ Non mangiare utilizzando le posate di altri;

§ Non portare alla bocca penne, gomme, matite ed altro materiale di uso scolastico e/o comune;

§ Aerare le aule e gli ambienti regolarmente durante l’intervallo e dopo la fine di tutte le attività scolastiche quotidiane.

2. RESTARE A CASA QUANDO SI È MALATI

Gli studenti e il personale scolastico che manifestino febbre o sindrome simil-influenzale* (*generalmente febbre, tosse, mal di gola, dolori muscolari e articolari, brividi, debolezza, malessere generale e, a volte, vomito e/o diarrea) devono responsabilmente rimanere a casa nel proprio ed altrui interesse, ed è consigliabile contattare il proprio medico o pediatra di famiglia, quando i sintomi persistono o si aggravano.

I VANTAGGI di tale misura sono:

· evitare l’insorgenza di complicanze dell’influenza per la persona che ne è affetta;

· evitare di contagiare altre persone (tra cui persone che appartengono a categorie a rischio di sviluppare gravi sequele);

· limitare e/o circoscrivere il diffondersi dell’evento morboso

La riammissione alla vita di comunità è consigliabile dopo 48 ore, e comunque non prima di 24 ore dalla scomparsa della febbre, salvo diversa indicazione da parte del medico.

Tale periodo, tuttavia, varia a seconda del quadro clinico e della scomparsa della febbre. Pertanto, si raccomanda di mantenere il flusso informativo tra amministrazione scolastica, ASL, medici e pediatri curanti e genitori in maniera più coerente possibile.

E’ altresì fortemente raccomandata la corretta gestione delle secrezioni respiratorie (“etichetta respiratoria”), come precisato al punto 1.

Poiché è stato evidenziato, tramite test di laboratorio, che i bambini in particolare possono eliminare, attraverso le secrezioni respiratorie, il virus influenzale oltre le 24 ore dalla scomparsa della febbre, seppure con frequenza minore rispetto agli individui febbrili, è raccomandata comunque, al ritorno a scuola, la corretta applicazione della gestione delle secrezioni respiratorie e l’igiene delle mani, per limitare il più possibile il contagio di persone appartenenti a categorie a rischio di complicanze.

La riammissione a scuola avverrà secondo le modalità già in uso nelle singole Regioni e province Autonome.

3. STUDENTI E PERSONALE SCOLASTICO CHE PRESENTANO I SINTOMI INFLUENZALI

In caso di febbre o sintomatologia influenzale* il personale scolastico deve contattare

direttamente i genitori o chi ne fa le veci, per la presa in carico dei minori a domicilio.

Nel caso la sindrome influenzale* si manifesti nel personale della scuola, il dirigente scolastico, o chi da lui delegato, lo inviterà a recarsi a casa ed eventualmente a contattare il medico curante, il quale si occuperà dei provvedimenti di astensione dal lavoro, come da normativa vigente.

Resta indispensabile e doveroso, ai fini di sanità pubblica, mantenere la gestione trasparente dell’informazione tra il Responsabile dell’Istituzione scolastica, il competente servizio della ASL di riferimento territoriale, i medici curanti (pediatra, medico di medicina generale) e i genitori.

In corrispondenza del picco epidemico atteso, sarà pianificato con le Regioni/PP.AA. un

sistema sentinella per monitorare le assenze (dagli asili nido alle scuole superiori), identificando le scuole da coinvolgere per ciascuna Azienda Sanitaria Locale, d’intesa con le Autorità scolastiche.

Tali dati permetteranno di monitorare l’andamento delle assenze rispetto al dato storico degli anni precedenti, l’evoluzione della curva epidemica, l’eventuale presenza di un cluster all’interno di una scuola.

4. GESTIONE DELLA LOGISTICA SCOLASTICA COME PREVENZIONE

In caso di picchi o di focolai diffusi di influenza pandemica da virus AH1N1v, potranno essere implementate misure per limitare gli ‘assembramenti’ e, secondo le indicazioni della ASL competente, si valuterà, da parte dei Dirigenti scolastici, la possibilità di posporre gite scolastiche, eventi e altre manifestazioni che assemblino più classi/istituti scolastici nei periodi di picco della patologia.

5. EVENTUALE CHIUSURA MIRATA DI SCUOLE.

I vantaggi della chiusura delle scuole appaiono decisamente modesti in relazione ai problemi sociali, sanitari e di sicurezza che si verrebbero a creare.

La chiusura può invece mantenere un significato di opportunità in presenza di un andamento particolarmente grave dei casi di malattia. Tali situazioni, ad oggi a bassissima probabilità di accadimento, saranno valutate al momento ed potranno essere, eventualmente, oggetto di ulteriori indicazioni.

Su segnalazione delle autorità sanitarie – ASL, e previa adeguata valutazione del rischio, il Sindaco del Comune ove è sita la scuola, d’intesa con il dirigente scolastico, può determinare la sospensione in tutto o in parte delle attività didattiche per gli studenti o la possibile chiusura della scuola.

La durata della sospensione delle attività didattiche o della chiusura della scuola dipenderà dalla gravità e dall’estensione della malattia.

Le scuole, per le quali sarà disposta la sospensione dell’attività didattica, potranno comunque rimanere accessibili agli insegnanti e al personale, per facilitare la continuità dell’insegnamento, anche se con altre modalità.

Roma, 18 settembre 2009

IL MINISTRO IL VICE MINISTRO alla SALUTE

F.to On.le Mariastella GELMINI F.to Prof. Ferruccio FAZIO

Allarme virus H1N1 e influenza A

      Da un po’ di tempo si parla molto del virus H1N1. Da oltre due decenni si parla e si scrive molto di un altro virus, dei suoi effetti e dei modi per combatterlo: è l’HIV. Ma in generale, cos’è un virus? Il significato del nome è indicativo, virus è un termine latino e significa veleno. Sul vocabolario “Castiglioni-Mariotti” si legge: “maleum virus = mortifero veleno (Virgilio). I virus sono microscopici parassiti (le dimensioni vanno da 0,04 a 0,3 μm, perciò sono visibili solo al microscopio elettronico, non a quello ottico che arriva al massimo a 1.500 ingrandimenti) la cui natura è discussa, infatti non sono considerati organismi viventi perché non sono in grado di riprodursi da soli né di svolgere processi metabolici senza un ospite vivente, unicellulare o pluricellulare, nel quale insediarsi. Oltre ad essere circa 1000 volte più piccoli di un batterio, contengono acidi nucleici: DNA oppure RNA e spesso hanno anche forma geometrica. Sono parassiti obbligati e il loro genoma sfrutta il genoma della cellula ospite per riprodursi. Il genoma del virus infatti contiene le informazioni per la costruzione di altre particelle virali ed è racchiuso in un involucro proteico detto capside. Talvolta è presente un’altra struttura esterna detta envelope, costituita da proteine, lipidi e glucidi. La struttura del capside può avere tre forme fondamentali: quella di icosaedro (solido regolare a 20 facce triangolari); tubulare, con aspetto dritto o curvato; struttura complessa, con una serie di rivestimenti irregolari o con appendici che non determinano una forma geometrica. 

     I virus possono infettare sia cellule eucariote che procariote e alcuni possono passare da una specie vivente ad un’altra con relativa facilità. Una volta entrato in una cellula, i geni virali si “impadroniscono” del sistema che sintetizza le proteine della stessa cellula e lo utilizzano per produrre nuove particelle virali. Dopo un certo tempo la cellula muore, liberando le migliaia di particelle virali che si diffondono nell’organismo per infettare altre cellule. La velocità di riproduzione dei virus è maggiore rispetto a quella già elevata dei batteri. Esistono diverse classificazioni dei virus: in base al tipo di involucro, al tipo di acido nucleico, al tipo di ospite; perciò abbiamo centinaia di tipi diversi di virus e molti di essi provocano malattie che possono essere anche mortali, sia per l’uomo sia per gli altri esseri viventi (monere, protisti, funghi, piante, animali).

     I virus del raffreddore e dell’influenza, ad esempio, sono parassiti transitori e il contagio tra le persone avviene per contatto con mani o oggetti contaminati, oppure per via aerea per mezzo di microscopiche goccioline diffuse nell’aria da colpi di tosse o starnuti. Il virus H1N1 è proprio di tipo influenzale e determina la cosiddetta “influenza suina” o influenza A, per non dare a quest’animale colpe che non ha e per non causare riduzioni ingiustificate del consumo di prodotti suini. Infatti se maiali e polli si ammalano è perché vivono ammucchiati uno sull’altro e sono bombardati da antibiotici di vario tipo, per non parlare della loro alimentazione. Il primo caso di influenza A è stato diagnosticato in Messico nell’aprile del 2009, da allora il virus responsabile si è diffuso in quasi tutto in mondo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, per la facilità di diffusione e di contagio dell’H1N1, ha definito un allarme al livello 6, il massimo previsto. Questo perché si tratta di un virus nuovo, con cui il nostro organismo non è mai venuto a contatto, tranne in parte gli ultrasessantenni, perciò siamo privi di difese immunitarie. Secondo l’O.M.S., dagli inizi di aprile al 31 luglio 2009, il virus ha contagiato 162.380 persone e i morti sono stati 1.154, lo 0,71% cioè il 7,1‰, all’incirca la stessa incidenza percentuale della normale influenza. Ciò che preoccupa è che l’H1N1 colpisce soprattutto persone giovani e l’influenza A che produce va ad aggiungersi alla normale influenza, non la sostituisce. Uno studio statistico statunitense ha rilevato che l’influenza A colpisce 14 volte in più i giovani rispetto agli anziani. In Europa e in Italia il picco delle infezioni si prevede per il periodo invernale, da dicembre a marzo, ed è stata già prevista una campagna di vaccinazione per alcune categorie: personale sanitario e delle forze dell’ordine. Il Ministero della salute ha comunicato che dal 15 novembre saranno disponibili circa 8 milioni di dosi di vaccino e la vaccinazione sarà gratuita e facoltativa presso gli ambulatori dei medici di base e i pediatri. In Germania intanto c’è una diffidenza diffusa verso la vaccinazione contro questo virus per gli effetti collaterali che può provocare e l’incertezza sulla sua efficacia. Una volta colpiti, i farmaci utilizzati e tutt’ora in produzione contro questo nuovo virus sono l’oseltamivir e lo zanamivir, però la loro efficacia varia a seconda delle persone, considerata anche la facilità con cui il virus muta. L’allarme dell’influenza A segue di alcuni anni quello dell’influenza aviaria, il cui virus fu isolato per la prima volta nel 1996 in Cina, che a sua volta seguiva quello della “mucca pazza” o Encefalopatia bovina spongiforme, determinata da un virus isolato all’inizio in Gran Bretagna, nel 1986. Questi allarmi ci mettono in guardia per il pericolo di infezione, però per molti sono una fonte di guadagno e arricchimento, infatti anche gli allarmismi sono una forma di marketing per alcune industrie farmaceutiche, la più immorale e forse la più redditizia.

Per approfondimenti:

http://it.wikipedia.org/wiki/H1N1

http://www.ministerosalute.it/dettaglio/principaleFocusNuovo.jsp?id=13&area=influenzaA&colore=2

http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=6593

La foto del virus H1N1 è di pubblico dominio e di proprietà del governo USA

Ancora sulla amata Luna

uid_1228ef8320a.100.100     In questo duplice anniversario (40 anni dell’allunaggio e 400 anni delle prime osservazioni di Galilei col telescopio), segnalo che anche nella letteratura si trovano moltissimi riferimenti alla Luna. Circoscrivendo la ricerca solo alla letteratura italiana, sono molti gli autori che nelle loro opere hanno descritto emozioni e stati d’animo riferendosi al nostro satellite. Nelle righe che seguono, c’è la descrizione di 400 anni fa fatta da Galileo, seguita dal testo di alcuni poeti e scrittori italiani.

Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni; così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti.
….Per maggior chiarezza divido l’emisfero in due parti, più chiara l’una, più scura l’altra: la più chiara sembra circondare e riempire tutto l’emisfero, la più scura invece offusca come nube la faccia stessa e la fa apparire cosparsa di macchie… e queste non furono viste da altri prima di noi.

Galileo Galilei, Sidereus nuncius (1609)

Una luna grande e bianchissima illuminava il mondo. Il forte, le rupi, la valle pietrosa al nord erano inondati di luce meravigliosa, risplendeva perfino la cortina di nebbie ristagnanti all’estremo settentrione.
La luna cammina cammina, lenta ma senza perdere un solo istante, impaziente dell’alba.

Dino Buzzati “Il deserto dei Tartari” (1939)

Era un autunno sereno; approssimandosi il plenilunio di novembre mi trovai a discorrere un pomeriggio con Makiko riguardo al luogo più adatto per osservare la luna tra i rami degli alberi. Io sostenevo che nell’aiola sotto il ginko il riflesso sul tappeto di foglie cadute avrebbe diffuso il chiarore lunare in una luminosità sospesa. […] La ragazza replicò che era da preferire il laghetto, in quanto la luna autunnale, quando la stagione è fredda e secca, si specchia sull’acqua con contorni più netti di quella estiva, spesso alonata di vapori.

Italo Calvino “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979)

La luce della luna, penetrando dal ponte, illuminava quel luogo.
Forse, se il cielo pietoso non mi invierà soccorso, Voi non leggerete mai la lettera che ora vi scrivo, e arso come una face dalla luce di questi mari io mi farò oscuro agli occhi vostri, siccome una Selene che, troppo ahimè goduto della luce del suo Sole, a mano a mano che compie il suo viaggio oltre la curva estrema del nostro pianeta, derubata del soccorso dei raggi dell’astro suo sovrano, dapprima si assottiglia a immagine della falce che recide la vita, poi, sempre più illanguidita lucerna, del tutto si dissolve in quel vasto ceruleo scudo ove l’ingegnosa natura forma eroiche imprese ed emblemi misteriosi dei suoi segreti.
La bella luna che descrive in quelle notti lo rinfranca… La prima volta che la vide fu una sera in cui gli apparve in vesti scure, velata come una Luna pudica che si nascondesse dietro al raso delle nubi. … Amare è come fare un Bagno di Luna. I raggi della luna sono quelli del sole, riflessi sino a noi. ….  Umberto Eco, “L’isola del giorno prima” (1994)

“Dottor Stuhlinger, cosa si prova a guardarla [la Luna]?”.
“Non lo so” disse. “Non l’ho mai capito. Una volta chiesi a von Braun cosa provasse, lui, a guardarla. E anche lui mi rispose: non lo so, non l’ho capito. Però tutti e due ci trovammo d’accordo sul fatto che staccarsi dal telescopio dava dispiacere. Un grosso dispiacere.”

Oriana Fallaci,  “Se il sole muore” (1965)

Che fai tu luna in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor tu non sei paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
[…]

Giacomo Leopardi,  “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” (1829)

[…] Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giù dà colli e dà tetti,
al biancheggiar della recente luna. […]                                              Giacomo Leopardi,   
“Il sabato nel villaggio” (1829)

Si possono facilmente trovare altri riferimenti alla Luna in: Dante, Petrarca, Manzoni, D’Annunzio, Pavese (la luna e i falò) ecc. Nella musica, poi i riferimenti sono altrettanto numerosi: Mina (tintarella di luna), Gianni Togni (luna), Fred Buscaglione (guarda che luna), Angelo Branduardi (la luna), Renzo Arbore (luna rossa), Loredana Berté (e la luna bussò) …

Comunque, il brano che preferisco è il canto XIV, ancora di Leopardi,  composto a Recanati, molto probabilmente nel 1820. Fu pubblicato la prima volta con altri idilli (L’infinito, la sera del dì di festa, …) nel 1826, prima a Milano e poi a Bologna.

Alla Luna       

O graziosa luna, io mi rammento

che, or volge l’anno, sovra questo colle

io venia pien d’angoscia a rimirarti:

e tu pendevi allor su quella selva

siccome or fai, che tutta la rischiari.

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci

il tuo volto apparia, che travagliosa

era mia vita: ed è, né cangia stile,

o mia diletta luna. E pur mi giova

la ricordanza, e il noverar l’etate

del mio dolore. Oh come grato occorre

nel tempo giovanil, quando ancor lungo

la speme e breve ha la memoria il corso,

il rimembrar delle passate cose,

ancor che triste, e che l’affanno duri!

Note:

graziosa: piena di grazia

or volge l’anno: un anno fa

venia: ero solito venire

pendevi: eri sospesa nel cielo

nebuloso: velato

luci: occhi

che: poiché

mi giova: mi è cara

la ricordanza: il ricordo del dolore di allora

grato occorre: torna caro

ancor che: anche se

triste: cose tristi

e che: anche se

Sta a voi cercare tanti altri riferimenti e scegliere quello preferito!

40° anniversario del primo sbarco umano sulla Luna

    Immagini storiche. La notte del 20 luglio 1969 è stato fissato uno dei tasselli più significativi della storia dell’umanità. Il LEM di Apollo 11 con gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin si posa sul suolo lunare e il fatto con le immagini in bianco e nero fa il giro del mondo. Era il culmine della risposta americana, con un grande sforzo finanziario e scientifico-tecnologico, all’enorme successo sovietico dello Sputnik prima e del volo in orbita di Yuri Gagarin poi. Dal punto di vista scientifico, lo sbarco dell’uomo sulla Luna non ha portato novità importanti sulla conoscenza del nostro satellite. Il successo è stato più simbolico e di natura tecnologica.

     Ma quali sono le caratteristiche fondamentali della Luna? È l’unico satellite naturale della Terra, con un raggio medio di 1738 km, circa un quarto di quello terrestre. Ha una distanza media dalla Terra di 384.000 km. La sua massa è 7,35*1022 kg, circa 1/81 di quella della Terra, perciò è uno dei maggiori satelliti del sistema solare. Poiché la Terra invece è uno dei pianeti più piccoli, secondo molti studiosi Terra e Luna costituiscono non una normale coppia pianeta-satellite ma un sistema planetario doppio perché si influenzano vicendevolmente e, addirittura, nonostante la notevole distanza, la Luna è maggiormente attratta dal Sole anziché dalla Terra. La forza di gravità è circa un sesto di quella terrestre pertanto sono assenti atmosfera e vapore acqueo. La mancanza di atmosfera ha molte e importanti conseguenze, ad esempio: assenza di fenomeni meteorologici, assenza di crepuscoli, il cielo che appare sempre nero anziché azzurro, … Altri dati si possono trovare in qualunque tabella nei libri di scienze. Tralasciamo i vari movimenti della Luna e fenomeni molto importanti come le eclissi e le fasi lunari, però è opportuno ricordare che, poiché il moto di rotazione della Luna intorno al proprio asse impiega lo stesso tempo di quello di rivoluzione intorno alla Terra, la Luna ci presenta sempre la stessa faccia. Analogamente il fenomeno delle maree potrà essere trattato a parte, perciò vediamo le caratteristiche geomorfologiche essenziali  della Luna. I primi particolari della superficie lunare furono scoperti da Galilei all’inizio del 1600, con i primi telescopi riconobbe crateri e catene montuose. Oggi con un telescopio, con le immagini dei satelliti artificiali o anche utilizzando un semplice binocolo, si nota un’alternanza di zone scure e zone chiare. Le zone scure sono vaste depressioni dette “mari”, quelle chiare sono molto irregolari, ricche di rilievi e sono dette “terre alte”. I mari sono ricoperti da uno strato di detriti e polveri detti “regolite” mentre le terre alte, prevalentemente rocciose (ammassi lavici solidificati), costituiscono circa il 70% della superficie visibile della Luna e sono la parte più antica. Possono arrivare fino a 9000 metri di altitudine rispetto al livello dei mari vicini. Le strutture che meglio caratterizzano la superficie lunare sono i crateri. Sono numerosissimi, di forma e dimensioni variabili, riguardano sia i mari che le terre alte e la maggior parte di essi si è formata per l’impatto di meteoriti. Per l’assenza dei fenomeni meteorologici, sono molto ridotti l’erosione e il modellamento della superficie perciò i crateri si mantengono per periodi di tempo lunghissimi. Altre strutture caratteristiche della superficie sono i solchi, fratture larghe qualche km e lunghe fino ad alcune centinaia di km. Riguardo alle “notizie” secondo le quali lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto, faccio solo notare che gli sbarchi si sono poi ripetuti e sono stati ben undici gli astronauti che vi hanno messo piede (l’ultimo è stato Eugene Cernan nel 1972, con l’Apollo 17). Credere a simili panzane è come credere che il Sole ruota realmente attorno alla Terra, dalla sera alla mattina e dalla mattina alla sera. Per uno studio più completo e dettagliato, consulta il libro di testo oppure i link sottostanti.

L’allunaggio visto dalla Rai

http://speciali.espresso.repubblica.it/grafici/luna/video03.html

Sintesi della diretta Rai

http://notizie.tiscali.it/articoli/video/09/06/allunaggio_video.html

Allunaggio

http://it.wikipedia.org/wiki/Allunaggio

Armstrong

http://it.wikipedia.org/wiki/Neil_Armstrong

Aldrin

http://it.wikipedia.org/wiki/Buzz_Aldrin

Scienze della Terra: esercitazioni per il periodo estivo

1) Spiega ciascuno dei seguenti concetti o fenomeni utilizzando per ognuno circa dieci righe.

  • a) Luminosità, colore e dimensioni delle stelle
  • b) Legge della gravitazione universale o legge di Newton
  • c) Come si determina la posizione di un punto sulla superficie terrestre?
  • d) Perché sulla Terra si alternano il dì e la notte?
  • e) Perché sulla Terra, in molte zone, si alternano diverse stagioni?
  • f) Quali sono i movimenti della Luna e le loro conseguenze?
  • g) Le carte topografiche e la scala per rappresentare una parte della superficie terrestre
  • h) Le caratteristiche dell’atmosfera
  • i) I venti e la loro classificazione
  • j) L’acqua e la sua importanza per il nostro Pianeta
  • k) Le maree: cosa sono e quali sono le loro cause
  • l) Cosa sono e come si calcolano la pendenza e la portata di un corso d’acqua?
  • m) L’importanza dei fattori abiotici di un ecosistema
  • n) In tutti gli ecosistemi il carbonio si ricicla. In che modo?