COP27 e i dati dell’emergenza climatica mondiale

Tre settimane fa, prima che in Egitto si svolgesse la COP27 sulla crisi climatica, su Le Monde (quotidiano francese fondato a Parigi nel 1944) è stato pubblicato un articolo di Audrey Garric relativo alla necessità di risarcire i Paesi del sud del mondo per poter portare avanti la lotta ai cambiamenti climatici. Per dimostrare la gravità dell’emergenza, sono stati pubblicati alcuni grafici i cui dati sono stati ricavati ed elaborati da prestigiosi Enti scientifici internazionali.

I dati riguardano l’aumento della temperatura media del Pianeta, l’aumento della concentrazione di CO2, l’innalzamento del livello degli oceani, l’aumento del calore assorbito dagli oceani, la diminuzione dell’area coperta dai ghiacci dell’Artico, la perdita di massa dei ghiacciai. Tutti i dati sono concordi e dimostrano quanto sia urgente intervenire per contenere il riscaldamento globale della Terra. I dati sono disponibili anche in italiano sulla rivista settimanale Internazionale n. 1486 del 11-17 novembre 2022. Nel frattempo la COP27 si è conclusa con poche luci e molte ombre.

Secondo l’ultimo rapporto sulle emissioni di gas serra del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, senza decisioni più drastiche e coraggiose, il nostro pianeta è destinato ad un aumento di temperatura di 2,6 °C entro la fine di questo secolo, accompagnato da danni, devastazioni e disastri sempre più gravi. Quello di pochi giorni fa a Casamicciola nell’isola di Ischia è solo uno dei tanti.

I risultati della COP27 sono stati modesti per vari motivi. Innanzitutto per l’assenza di colossi dell’inquinamento come Cina, India e Russia e poi per la presenza di ben 636 rappresentanti di potenti gruppi industriali legati all’estrazione di petrolio e carbone, come ha segnalato il settimanale tedesco Der Spiegel pochi giorni fa. La potenza economica di questi gruppi industriali si fa sentire molto sui rappresentanti di molti governi, tanto che nel testo finale del vertice c’è solo un riferimento generico alla necessità di ridurre l’impiego dei combustibili fossili, senza alcuna indicazione su come farlo.

Qualche risultato positivo c’è stato: l’istituzione di un fondo a favore dei Paesi più vulnerabili alle conseguenze del riscaldamento globale, che sono anche i Paesi più poveri e meno responsabili delle emissioni di gas serra. Il fondo, alimentato dai Paesi più ricchi, dovrà aiutare quelli più poveri a fronteggiare i danni sociali ed economici causati dai fenomeni meteorologici estremi sempre più intensi e frequenti.

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