Al World Food Programme il Nobel per la Pace 2020

Il Comitato del Nobel, da Oslo in Norvegia, oggi ha annunciato che il Premio Nobel per la Pace 2020 è stato assegnato ad un’istituzione delle Nazioni Unite: Il Programma Alimentare Mondiale, “per i suoi sforzi nel contrastare la fame, per il suo contribuito nel migliorare le condizioni di pace nelle aree interessate da conflitti e per essere determinante negli sforzi di prevenzione delle guerre che sfruttano la fame come arma”.

Il Programma alimentare mondiale o World Food Programme (WFP), è un’agenzia dell’ONU che si occupa di promuovere la sicurezza alimentare nel mondo, quindi si impegna per garantire che non ci siano intere popolazioni a soffrire la fame, a causa di conflitti bellici o crisi di altro tipo. Il WFP è finanziato attraverso donazioni volontarie di governi e privati e, secondo i dati, fornisce assistenza alimentare mediamente a circa 91 milioni di persone all’anno.

Le ultime grandi crisi in cui è stato impegnato il WFP che ha sede a Roma, la stessa sede della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), sono state quella della Siria e quella dello Yemen e ancora adesso sta sostenendo con forza centinaia di migliaia di profughi siriani nei campi di accoglienza della Giordania. Inoltre, “In tempi di pandemia il World Food Programme ha dimostrato incredibili capacità nella lotta contro la fame nel mondo”, dichiara il Comitato del Nobel.

Contrariamente alle posizioni dell’attuale Presidente USA che ha tagliato i finanziamenti per le Nazioni Unite, il Programma alimentare mondiale fu fondato nel 1961 su iniziativa dell’allora presidente statunitense Dwight Eisenhower, e il suo primo intervento di sviluppo venne avviato nel 1963. Divenne Programma ufficiale dell’ONU nel 1965.

Riferendosi anche alle iniziative anti-ONU del Presidente USA, il Presidente del Comitato del Nobel (un gruppo di cinque persone elette dal Parlamento di Oslo) ha dichiarato che “Oggi le istituzioni internazionali come il Wfp sono in affanno a causa di populismi e nazionalismi che screditano le agenzie di cooperazione ed è difficile per loro ricevere il supporto finanziario”.

Crediti: https://www.nobelpeaceprize.org/ . https://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/nobel-pace-00001

Nobel per la Medicina 2020 agli scopritori del virus dell’epatite C

Il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2020 è stato assegnato oggi, congiuntamente a tre studiosi, ai virologi americani Harvey J. Alter  e Charles M. Rice e al britannico Michael Houghton “per la scoperta del virus dell’Epatite C”. Nelle motivazioni si legge che questo virus costituisce “un problema mondiale enorme che causa cirrosi e cancro al fegato”. Inoltre “Grazie alla loro scoperta, sono ora disponibili esami del sangue altamente sensibili per il virus e questi hanno essenzialmente eliminato l’epatite post-trasfusione in molte parti del mondo, migliorando notevolmente la salute globale. La loro scoperta ha anche permesso il rapido sviluppo di farmaci antivirali diretti contro l’epatite C”. L’annuncio è stato dato dal Karolinska Institutet di Stoccolma in Svezia, in diretta via Internet e social network.

Harvey J. Alter, con le sue ricerche sull’epatite C, associata alle trasfusioni di sangue, fin dal 1989 dimostrò che la causa comune dell’epatite cronica era un virus diverso da quelli dell’epatite A e B.

Charles M.Rice fornì le prove definitive dell’esistenza di questo virus e dalla sua azione che, anche da solo, provocava l’epatite C.

Michael Houghton utilizzò una nuova strategia per isolare quel virus e il suo genoma e lo battezzò virus dell’epatite C.

Si stima che questo virus nel mondo colpisca almeno 70 milioni di persone ed è stato la causa milioni di morti.

Questo riconoscimento assume un significato particolare proprio in questo periodo di pandemia causata dal virus Sars Cov 2.

I tre studiosi riceveranno una medaglia d’oro e un premio in denaro di 10 milioni di corone svedesi (circa 950 mila euro), oltre ad una notorietà che li accompagnerà per tutta la loro vita.

Crediti: Karolinska Institutet di Stoccolma: https://ki.se/en

Condizioni meteorologiche e diffusione del Covid-19

Sappiamo che temperatura e umidità sono fattori determinanti per la diffusione delle goccioline di saliva contenenti i virus, in particolare il SARS-CoV-2. Quindi i periodi autunnali, primaverili e invernali sono decisamente più favorevoli alla diffusione di questo virus e al rischio di contagio. D’altra parte durante questi periodi si passa più tempo al chiuso rispetto all’estate.

REGOLE ANTI COVID-19

Uno studio pubblicato sulla rivista “Physics of Fluids” fornisce un’ulteriore conferma: le condizioni meteo caratterizzate da bassa temperatura ed elevata umidità favoriscono la sospensione nell’aria delle microscopiche gocce di saliva cariche di virus (se presente) emesse durante l’espirazione. Una maggiore permanenza nell’aria, soprattutto in ambiente poco arieggiato, aumenta la probabilità di contagio.

Lo studio, simulando diverse situazioni di umidità, temperatura e ventilazione ambientale, ha verificato che anche la possibilità di “sopravvivenza” del virus aumenta con basse temperature, elevata umidità e scarsa ventilazione. Nell’abstract si legge che “Quanto sopra potrebbe spiegare l’aumento dei casi di CoV in molte città affollate intorno alla metà di luglio (ad esempio, Delhi), dove i valori di alta temperatura e umidità relativa sono stati registrati un mese prima (nel mese di giugno)”.

Viene così confermato il rischio di una seconda ondata e un aggravamento della pandemia in atto, per quest’autunno e l’inverno prossimo. Purtroppo.

Mai abbassare la guardia, quindi. Le regole di prevenzione sono sempre valide e necessarie: utilizzare sempre la mascherina, anche all’aperto se si è in gruppo, mantenere il distanziamento sociale di almeno un metro e attuare la regolare pulizia ed igienizzazione delle mani! A scuola, almeno ad ogni cambio d’ora, aprire il più possibile le finestre. Crediti immagine: www.istockphoto.com .