Il Kenya mette al bando le buste di plastica

Kenya_plastica     Da qualche giorno il Kenya, pur con i suoi enormi problemi sociali (42 milioni di abitanti, di cui il 50% è in stato di povertà) e politici (ieri la Corte Suprema ha annullato le elezioni presidenziali di alcune settimane fa), per fronteggiare il grave problema dell’inquinamento del suo territorio interno e costiero ha messo al bando le buste di plastica non biodegradabile, prevalentemente buste in PET. Il provvedimento, segue quelli adottati da Marocco e Ruanda, coinvolge un’intera nazione ed era stato annunciato dal governo lo scorso marzo. È vietata la produzione, l’importazione e l’utilizzo di ogni tipo di sacchetto di plastica non biodegradabile, con sanzioni molto pesanti per i trasgressori: da due a quattro anni di prigione oppure una multa da circa 14.000 euro a quasi 32.000 euro.

     Un provvedimento drastico del governo keniota, in un Paese con una superficie quasi doppia rispetto a quella dell’Italia e indipendente dal Regno Unito solo dal 1963. Una decisione politica che si inserisce nella campagna “Clean Seas Initiative” dell’ONU, con la quale il massimo organismo internazionale ha dichiarato “guerra alla plastica”, perché una volta diventata rifiuto inquina pesantemente terreno, fiumi, laghi, spiagge e soprattutto mari e oceani.

     Il Kenya, che vive prevalentemente di turismo ed esportazioni agricole, ha una crescita economica del 5-6% annuo e un consumo notevole di sacchetti di plastica. Una volta tanto, il Ministero delle risorse naturali di quel Paese ha fatto passare un provvedimento che mira a ridurre l’impatto ambientale molto elevato dei rifiuti, partendo dalla plastica. Rimane da affrontare il problema della bonifica delle aree inquinate e quello dell’alternativa: da cosa saranno sostituiti i quasi 300 milioni annui di sacchetti di plastica utilizzati e spesso abbandonati in Kenya? Comunque per i prossimi mesi possiamo aspettarci decisioni analoghe anche in altri Paesi. Crediti immagine: MalindiKenya.net . Video Euronews.