Drosophila melanogaster, sorprendente e utilissima

     In un post della scorsa estate ho accennato alla melatonina e al suo ruolo (non ben conosciuto) nei ritmi circadiani del corpo umano, come il ritmo sonno-veglia. Ebbene i moscerini della frutta (Drosophila melanogaster), che chiunque può osservare sulla frutta matura o marcescente, soprattutto nel periodo estivo, da un secolo a questa parte hanno dato un notevole contributo alla scienza e lo scorso anno sono stati studiati anche per il loro ritmo circadiano. Lo studio pubblicato su Nature di aprile 2012, dimostra che le attività diurne dei moscerini liberi in natura hanno ritmi differenti da quelli sottoposti ad attività di laboratorio. Quindi un moscerino possiede recettori che gli permettono di “distinguere”, in qualche modo, tra le condizioni dell’ambiente naturale e quelle del laboratorio.

     I primi studi su questo moscerino, di 2-2,5 millimetri, furono condotti da William Castle (1867-1962) nel 1905 per la selezione di variazioni genetiche.  Thomas Hunt Morgan (1866-1945), biologo statunitense, nel 1910 costituì un gruppo di ricerca, destinato a diventare famoso, chiamato “Drosophila Group”  nel dipartimento di zoologia della Columbia University. Altri gruppi di ricerca, divertiti, chiamarono quel laboratorio “la stanza delle mosche”, un appellativo che rimase per anni. Ancora prima, altri studi cercarono nella riproduzione degli insetti le conferme alle teorie di Gregor Mendel. In particolare i testi scolastici riportano quelli di Walter Sutton (1877-1916) che, nel 1902, utilizzando le cavallette dimostrò che i geni portatori di caratteri ereditari sono strutture concrete, localizzate nei cromosomi. Ma perché per i suoi studi di genetica Morgan (e prima ancora Castle) scelse i moscerini della frutta? Per le loro dimensioni ridotte sicuramente: possono essere allevati e osservati in piccoli contenitori di vetro, si riproducono con molta facilità (ogni due-tre settimane) e, soprattutto, hanno solo 4 paia di cromosomi (3 coppie di autosomi e 1 di cromosomi sessuali). Inoltre i cromosomi sessuali, come nell’uomo, sono del tipo XY nei maschi e XX nelle femmine.

     Morgan e i suoi collaboratori individuarono alcune differenze genetiche nella popolazione di moscerini utilizzata. La differenza più caratteristica e facilmente osservabile era il colore degli occhi, generalmente rossi e talvolta bianchi. In alcune esperienze, incrociando maschi con gli occhi bianchi con femmine con occhi rossi, nella generazione F1 i discendenti maschi e femmine avevano tutti gli occhi rossi, in accordo con la legge della dominanza di Mendel. Continuando a seguire il percorso degli esperimenti mendeliani, Morgan incrociò tra di loro i moscerini ottenuti in F1 ma i risultati furono diversi da quelli che ci si aspettava: non si manifestava il rapporto 3:1 tra il fenotipo dominante (occhi rossi) e quello recessivo (occhi bianchi). Però il fatto più sorprendente per i ricercatori fu l’assenza di femmine con gli occhi bianchi. Su 4252 moscerini che componevano la generazione F2 , 1783 (il 42%) erano maschi e 2459 (il 58%) femmine, tutte con gli occhi rossi! Nei maschi invece, 1011 avevano gli occhi rossi e 782 gli occhi bianchi. Era impossibile che l’assenza di femmine con gli occhi bianchi dipendesse dal caso e per capirne il motivo, il gruppo di Morgan incrociò il maschio originario con gli occhi bianchi con una femmina eterozigote di F1 . Quali risultati ottennero? Dei 435 moscerini discendenti, 216 erano femmine (il 49,9%) e 218 maschi (il 50,1%), ma 88 femmine avevano gli occhi bianchi, come pure 86 maschi. Si arrivò alla conclusione che il gene per il colore degli occhi è presente solo sul cromosoma X mentre il cromosoma Y possiede pochissimi geni (a causa delle sue ridotte dimensioni, si scoprì in seguito).

     Quindi alcuni caratteri ereditari dipendono dal sesso, perché i geni che li determinano sono contenuti nei cromosomi sessuali e la loro trasmissione ai figli non segue in modo regolare le leggi di Mendel. Per le sue scoperte e quelle del suo gruppo di lavoro, Morgan ricevette il premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1933 e i suoi studi costituiscono un capitolo fondamentale della storia della genetica.

     Quali sono nell’uomo le principali malattie genetiche legate al sesso? Daltonismo, emofilia, distrofia muscolare di Duchenne, sindrome del X fragile, favismo. C’è da aggiungere che Morgan per diversi anni fu scettico, se non apertamente contrario alle teorie di Mendel, riprese e confermate da altri studiosi. Non credeva neanche nell’associazione tra cromosomi sessuali e ereditarietà legata al sesso. “Dovette” convincersi sotto le pressioni degli altri componenti del gruppo di ricerca e dall’analisi dei risultati.

     Gli studi con l’uso delle drosophile continuarono con altri ricercatori. In particolare un collaboratore di Morgan, Hermann Joseph Muller (1890-1967), studiò gli effetti dei raggi X e di altre radiazioni sui moscerini e notò che in essi aumentava la velocità delle mutazioni genetiche. Queste ricerche aprirono la strada ad altri studi e confermarono il pericoloso ruolo delle radiazioni come agenti mutageni. Anche Muller vinse il premio Nobel per la medicina, nel 1946. Riguardo allo scetticismo di Morgan, Muller nel 1934 scrisse: “…lentamente e contro la sua volontà, Morgan fu costretto a dare spazio alla duplice pressione dei fatti e delle argomentazioni.”

     Anche gli studi di Alfred Henry Sturtevant (1891-1970), già studente nel laboratorio di Morgan, si basarono sui moscerini. Sturtevant scoprì che i geni, oltre ad essere localizzati sui cromosomi, occupano posizioni ben determinate in una sequenza lineare.

Per approfondimenti: “Unexpected features of Drosophila circadian behavioural rhythms under natural conditions”; Stefano Vanin, Supriya Bhutani, Stefano Montelli, Pamela Menegazzi, Edward W. Green, Mirko Pegoraro, Federica Sandrelli, Rodolfo Costa & Charalambos P. Kyriacou; doi:10.1038/nature10991

http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Hunt_Morgan

Storia della scienza, Collana diretta da Paolo Rossi, Vol. 6, Gruppo Editoriale L’Espresso, 2006.

Le due immagini di Drosophila, vista anteriore e laterale, sono tratte da: http://it.wikipedia.org/wiki/Drosophila_melanogaster

 

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