Negli ultimi anni i costi delle varie forme di energia sono aumentati di continuo. Quelli dei prodotti alimentari di base, anche. Le speculazioni finanziarie hanno contribuito in modo determinante a questi aumenti che gravano soprattutto sulle famiglie meno abbienti. Quest’estate notavo che nella nostra città, negli ipermercati, la maggioranza dei carrelli in coda alle casse contenevano uno o più confezioni di acqua imbottigliata. Nei periodi di crisi molte persone cercano dove tagliare le spese del proprio bilancio familiare. Sono sorpreso che tanti ancora continuino a comprare acqua imbottigliata ad un prezzo esorbitante, se paragonato a quello dell’acqua di rubinetto. Purtroppo da qualche decennio si è persa la cultura dell’acqua potabile di casa. La pubblicità martellante delle televisioni sulle acque imbottigliate (a mio parere come giro d’affari è seconda solo alla pubblicità delle automobili) induce i consumatori a credere che quella dell’acquedotto non sia buona o comunque crea verso di essa un clima di diffidenza. Senza considerare il grande affare di filtri e depuratori di ogni tipo che dovrebbero essere applicati ai rubinetti. Eppure le società di gestione degli acquedotti (per Torino la SMAT) e le ASL garantiscono controlli e sicurezza che nessuna società di imbottigliamento può garantire. Questo doppio controllo è una garanzia di qualità, freschezza e potabilità.
Bisogna sfatare anche la convinzione diffusa in tanti cittadini sulla “durezza” dell’acqua di rubinetto. Questa caratteristica viene evidenziata dalle incrostazioni di calcare (CaCO3) sui sanitari e in alcuni elettrodomestici: lavatrici, lavastoviglie, ferro da stiro. La durezza è determinata dalla concentrazione di sali solubili disciolti, soprattutto carbonati di calcio e di magnesio e dipende dalle caratteristiche geologiche della zona di provenienza dell’acqua. È un parametro che si misura in gradi francesi e, secondo l’O.M.S., per il nostro organismo è consigliato un valore compreso tra 15 e 50 gradi. Questi stessi valori sono stati recepiti anche dalla normativa italiana, inoltre secondo l’Istituto Superiore di Sanità la durezza dell’acqua non è pericolosa per l’organismo e non è la causa principale di calcoli renali e biliari. Perciò se bisogna fare molta attenzione al bilancio familiare e alle spese, quella per l’acqua imbottigliata è superflua. Nel mondo siamo i maggiori consumatori di acqua in bottiglia a tutto vantaggio di poche multinazionali. In Italia i principali produttori di quest’acqua sono quattro: Nestlé, San Benedetto, Uliveto e Ferrarelle, ciascuno con diversi marchi.
Negli ultimi anni ci sono state numerose campagne messe in atto da associazioni di consumatori (Altroconsumo soprattutto) e da alcuni enti istituzionali a favore dell’acqua di rubinetto. Poi la grande raccolta di firme dell’ultimo anno, contro il tentativo di una parte politica di privatizzare l’acqua degli acquedotti, ha creato un clima di attenzione e vigilanza verso questo bene pubblico fondamentale.
Le acque minerali in bottiglia più diffuse e commercializzate sono quelle oligominerali, le altre si trovano meno perché hanno poco mercato. La classificazione in minimamente mineralizzate, oligominerali e ricche di minerali si basa sulla quantità di residuo fisso (r.f.) che, per legge, deve essere riportato in etichetta insieme agli altri parametri in mg/l delle sostanze disciolte. Le acque oligominerali hanno un r.f. compreso tra 50 e 500 mg/l.
Nella tabella: valori massimi e valori guida delle sostanze naturali più comuni nelle acque imbottigliate.
Per chi vuole approfondire il discorso e consultare le tabelle della qualità delle acque di molte città italiane o solo di Torino:
http://www.altroconsumo.it/acqua/acqua-minerale-o-del-rubinetto-s107192.htm