Il flop delle vaccinazioni per l’influenza A H1N1


I dati riguardano il Piemonte: si aspettavano code di persone davanti agli ambulatori preposti alle vaccinazioni contro l’influenza A ma non è successo. Solo una piccola percentuale degli aventi diritto (le cosiddette categorie a rischio, più operatori sanitari e forze dell’ordine) ha deciso di vaccinarsi. Del resto è capitata la stessa cosa in altre regioni italiane. In particolare, entro fine novembre 2009, su 65.000 operatori sanitari se ne sono vaccinati circa 6.000, il 9,2% . Su 11.000 bambini previsti, i vaccinati sono stati circa 1.600, il 14,5%. Per quanto riguarda gli adulti a rischio fino a 65 anni, circa 206.000, se ne sono vaccinati solo 7.300, il 3,5%. Delle donne incinte, di cui non si conosce il numero, ne sono state vaccinate solo 250. Nel nostro Istituto alcuni ragazzi e ragazze per ogni classe si sono ammalati. Nessuno ha fatto il vaccino. La conseguenza di tutto ciò è un numero enorme di vaccini che rimane inutilizzato e non si sa bene dove conservarli. Inoltre che fine faranno le altre dosi di vaccino che erano state prenotate? Solo in Piemonte, si tratta di altre 90.000 dosi. Non si sa neanche dove stoccarle. Se consideriamo l’Italia intera, sono state acquistate 24 milioni di dosi dalla Novartis e altri 24 milioni sono quelle prenotate dal Ministero della Sanità. Ne sono state utilizzate meno di un milione, circa 900.000 e la campagna di vaccinazione terminerà nel mese di febbraio. Che fine faranno gli altri 23 milioni di dosi di vaccini? Quanto sono costate? Secondo i dati pubblicati dalla stampa: 184 milioni di euro sono passati dalle casse dello Stato alla Novartis. Chi ha sbagliato le previsioni? C’è stata anche polemica politica con la richiesta di un’inchiesta parlamentare ma non c’è stata. Ci sarà? Si parla addirittura di “saldi” di questi vaccini. Qualche Paese, come la Francia li aveva rivenduti sottocosto ad uno Stato africano ma, a causa delle polemiche che ne sono seguite la vendita è stata annullata (almeno secondo le notizie di stampa). Come già indicato alcuni mesi fa, la paura provocata e gli allarmi diffusi (non so se deliberatamente oppure no) per l’influenza A sono stati solo un grosso affare per molte aziende, soprattutto di farmaci e disinfettanti, a danno dei cittadini preoccupati.

All’origine della diffidenza anche alcune sostanze contenute nei vaccini (mercurio o thiomersal, squalene o adiuvante MF59), la scarsa sperimentazione e il dato di fatto che l’influenza “suina” è risultata meno pericolosa dell’influenza “normale”.

Le persone non sono convinte dell’efficacia, della necessità e soprattutto della sicurezza di questo vaccino. In altre parole hanno paura anche del vaccino stesso.

Al MRSN di Torino “La scimmia nuda”, storia naturale dell’umanità

uid_125f374a192.100.100     Il percorso inizia con alcuni personaggi piemontesi che si sono occupati di Darwinismo: soprattutto Filippo De Filippi che, nel 1864, con una lezione pubblica nel Teatro di Chimica in via Po, per primo affrontò in Italia il “delicato” problema dell’origine dell’uomo. De Filippi è stato il primo zoologo evoluzionista a Torino, fece sue le ipotesi di Darwin e le divulgò. In pratica fu anche il primo a portare il Darwinismo in Italia. L’impatto iniziale del Darwinismo nell’ambito scientifico e, soprattutto in quello sociale, è stato di rifiuto sdegnoso. Per molti aspetti non è accettato neanche oggi. I motivi sono diversi, soprattutto perché si scontrano con idee e dogmi religiosi, anche se per molti aspetti le due concezioni del mondo dei viventi possono coesistere. Anche De Filippi, come Darwin, ha fatto un viaggio, a bordo di un piroscafo (Magenta), nell’emisfero australe per lo studio delle forme viventi. Oltre a De Filippi, sono stati dedicati pannelli anche al ruolo avuto a Torino da altri studiosi: ad esempio lo zoologo Franco Andrea Bonelli (1784-1830), il naturalista e medico venariese Michele Lessona (1823-1894) che, per primo tra l’altro, ha tradotto alcuni scritti di Darwin, il geologo Bartolomeo Gastaldi (1818-1879), gli antropologi Giacomini e Sperino. Dopo il 1860 si incominciò a parlare in parallelo di uomini e scimmie non solo studiandone le caratteristiche morfologiche ma applicandovi i principi dell’evoluzione esposti da Darwin. Il percorso espositivo continua con lo studio delle caratteristiche degli scimpanzé e le varie misurazioni che venivano effettuate, ad esempio con il “mandibulimetro”. Prosegue con gli studi e le immagini su alcune popolazioni umane e i risultati ottenuti alla luce della teoria evoluzionistica. Ci sono riferimenti alla numerosità e complessità delle specie che si sono alternate sulla Terra dall’origine delle prime forme di vita ad oggi e riferimenti al tempo geologico. Naturalmente il cuore della mostra è costituito dalla parte riguardante gli ominidi e l’uomo sapiens, con particolare attenzione ad alcune sue caratteristiche: la posizione eretta, il pollice opponibile, lo sviluppo del cervello e conseguentemente del cranio, il linguaggio. Non viene tralasciato neanche l’aspetto sessuale e riproduttivo e ci sono riferimenti al patrimonio genetico che ci accumuna e che ci differenzia dagli altri primati. L’attenzione di visitatori grandi e piccoli poi viene attirata anche da video, pannelli e qualche manipolazione. Insomma non è difficile capire che tutti gli animali, uomo compreso, non sono stati creati così come li vediamo adesso. Una mostra da vedere, osservare e ricordare. Si potrà visitare ancora solo fino al 10 gennaio 2010, salvo proroghe, gratuitamente.

Si tratta di una delle tante iniziative a Torino in occasione del bicentenario della nascita di Darwin e del centocinquantesimo anniversario della pubblicazione dell’origine delle specie.

Al museo, oltre a questa e ad altre mostre (ad esempio quella sulle meteoriti), si possono osservare anche animali impagliati o meglio, tassidermizzati. Cosa significa tassidermia? È proprio la preparazione a scopo di studio e di divulgazione delle pelli degli animali, in particolare mammiferi e uccelli. Come si effettua? Innanzitutto c’è bisogno di un animale morto e poi prima di fare qualsiasi intervento vengono prese tutte le sue misure (altezza, lunghezza, diametro del torace, del ventre …). Poi si tratta di ripulire la pelle di tutta la parte interna e di ossa, grasso, tendini, ecc., conciarla e trattarla con sostanze conservanti, ad esempio a base di arsenico, per impedire che venga attaccata dai parassiti e che vada in decomposizione. Successivamente la pelle viene imbottita rispettando le forme e le dimensioni originarie e montata su un’armatura preparata con la posa che si vuole venga assunta dall’animale tassidermizzato: mentre cammina, è acquattato, è in volo, preda un altro animale, ecc.. Alla fine del processo rimane solo la pelle e il pelo (o le piume e le penne se si tratta di uccelli) imbottiti. Quindi il termine “imbalsamato” non è corretto e si riferisce al processo che utilizzavano gli egizi per la preparazione delle mummie per mezzo di balsami e unguenti vari.  Quasi tutti gli animali del museo sono stati tassidermizzati, in qualche caso invece gli animali o loro parti vengono conservati in contenitori trasparenti contenenti formalina o alcol e con chiusura ermetica.

Per approfondimenti sugli studiosi citati:

http://www.gpso.it/Bonelli.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Lessona

http://it.wikipedia.org/wiki/Bartolomeo_Gastaldi

Per sapere quali mostre sono attualmente in corso:

http://www.regione.piemonte.it/museoscienzenaturali/mostre/temporanee.htm