Ancora sulla amata Luna

uid_1228ef8320a.100.100     In questo duplice anniversario (40 anni dell’allunaggio e 400 anni delle prime osservazioni di Galilei col telescopio), segnalo che anche nella letteratura si trovano moltissimi riferimenti alla Luna. Circoscrivendo la ricerca solo alla letteratura italiana, sono molti gli autori che nelle loro opere hanno descritto emozioni e stati d’animo riferendosi al nostro satellite. Nelle righe che seguono, c’è la descrizione di 400 anni fa fatta da Galileo, seguita dal testo di alcuni poeti e scrittori italiani.

Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni; così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti.
….Per maggior chiarezza divido l’emisfero in due parti, più chiara l’una, più scura l’altra: la più chiara sembra circondare e riempire tutto l’emisfero, la più scura invece offusca come nube la faccia stessa e la fa apparire cosparsa di macchie… e queste non furono viste da altri prima di noi.

Galileo Galilei, Sidereus nuncius (1609)

Una luna grande e bianchissima illuminava il mondo. Il forte, le rupi, la valle pietrosa al nord erano inondati di luce meravigliosa, risplendeva perfino la cortina di nebbie ristagnanti all’estremo settentrione.
La luna cammina cammina, lenta ma senza perdere un solo istante, impaziente dell’alba.

Dino Buzzati “Il deserto dei Tartari” (1939)

Era un autunno sereno; approssimandosi il plenilunio di novembre mi trovai a discorrere un pomeriggio con Makiko riguardo al luogo più adatto per osservare la luna tra i rami degli alberi. Io sostenevo che nell’aiola sotto il ginko il riflesso sul tappeto di foglie cadute avrebbe diffuso il chiarore lunare in una luminosità sospesa. […] La ragazza replicò che era da preferire il laghetto, in quanto la luna autunnale, quando la stagione è fredda e secca, si specchia sull’acqua con contorni più netti di quella estiva, spesso alonata di vapori.

Italo Calvino “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979)

La luce della luna, penetrando dal ponte, illuminava quel luogo.
Forse, se il cielo pietoso non mi invierà soccorso, Voi non leggerete mai la lettera che ora vi scrivo, e arso come una face dalla luce di questi mari io mi farò oscuro agli occhi vostri, siccome una Selene che, troppo ahimè goduto della luce del suo Sole, a mano a mano che compie il suo viaggio oltre la curva estrema del nostro pianeta, derubata del soccorso dei raggi dell’astro suo sovrano, dapprima si assottiglia a immagine della falce che recide la vita, poi, sempre più illanguidita lucerna, del tutto si dissolve in quel vasto ceruleo scudo ove l’ingegnosa natura forma eroiche imprese ed emblemi misteriosi dei suoi segreti.
La bella luna che descrive in quelle notti lo rinfranca… La prima volta che la vide fu una sera in cui gli apparve in vesti scure, velata come una Luna pudica che si nascondesse dietro al raso delle nubi. … Amare è come fare un Bagno di Luna. I raggi della luna sono quelli del sole, riflessi sino a noi. ….  Umberto Eco, “L’isola del giorno prima” (1994)

“Dottor Stuhlinger, cosa si prova a guardarla [la Luna]?”.
“Non lo so” disse. “Non l’ho mai capito. Una volta chiesi a von Braun cosa provasse, lui, a guardarla. E anche lui mi rispose: non lo so, non l’ho capito. Però tutti e due ci trovammo d’accordo sul fatto che staccarsi dal telescopio dava dispiacere. Un grosso dispiacere.”

Oriana Fallaci,  “Se il sole muore” (1965)

Che fai tu luna in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor tu non sei paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
[…]

Giacomo Leopardi,  “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” (1829)

[…] Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giù dà colli e dà tetti,
al biancheggiar della recente luna. […]                                              Giacomo Leopardi,   
“Il sabato nel villaggio” (1829)

Si possono facilmente trovare altri riferimenti alla Luna in: Dante, Petrarca, Manzoni, D’Annunzio, Pavese (la luna e i falò) ecc. Nella musica, poi i riferimenti sono altrettanto numerosi: Mina (tintarella di luna), Gianni Togni (luna), Fred Buscaglione (guarda che luna), Angelo Branduardi (la luna), Renzo Arbore (luna rossa), Loredana Berté (e la luna bussò) …

Comunque, il brano che preferisco è il canto XIV, ancora di Leopardi,  composto a Recanati, molto probabilmente nel 1820. Fu pubblicato la prima volta con altri idilli (L’infinito, la sera del dì di festa, …) nel 1826, prima a Milano e poi a Bologna.

Alla Luna       

O graziosa luna, io mi rammento

che, or volge l’anno, sovra questo colle

io venia pien d’angoscia a rimirarti:

e tu pendevi allor su quella selva

siccome or fai, che tutta la rischiari.

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci

il tuo volto apparia, che travagliosa

era mia vita: ed è, né cangia stile,

o mia diletta luna. E pur mi giova

la ricordanza, e il noverar l’etate

del mio dolore. Oh come grato occorre

nel tempo giovanil, quando ancor lungo

la speme e breve ha la memoria il corso,

il rimembrar delle passate cose,

ancor che triste, e che l’affanno duri!

Note:

graziosa: piena di grazia

or volge l’anno: un anno fa

venia: ero solito venire

pendevi: eri sospesa nel cielo

nebuloso: velato

luci: occhi

che: poiché

mi giova: mi è cara

la ricordanza: il ricordo del dolore di allora

grato occorre: torna caro

ancor che: anche se

triste: cose tristi

e che: anche se

Sta a voi cercare tanti altri riferimenti e scegliere quello preferito!