Il terremoto del 6 aprile in Abruzzo


 

Morti, feriti, sfollati, attività domestiche, artigianali e industriali distrutte o rovinate: è questo lo scenario del terremoto in Abruzzo. La situazione della prima emergenza oggi appare quasi superata ma adesso inizia la gestione ordinaria del dopo terremoto, di una sistemazione meno precaria degli sfollati, della ricostruzione delle abitazioni civili, degli uffici pubblici, del patrimonio culturale e artistico-religioso. Gli scavi dei primi giorni sono stati continui, senza soste, con turni fra i soccorritori come deve essere, a mano e con piccoli mezzi e strumenti, senza ruspe e escavatori, solo con autogru per sollevare dove era necessario i pezzi di solaio e di colonne più pesanti. Senza creare ulteriori danni alle eventuali persone sommerse. A L’Aquila e nei paesini e frazioni più distanti. Numerose sono state le persone estratte vive dagli edifici crollati. La stima è di oltre 5000 soccorritori, provenienti da varie parti d’Italia, uomini e donne della protezione civile che hanno lavorato senza sosta.

La fase di emergenza (o fase acuta) è quella in cui tutti gli sforzi vengono concentrati per cercare di individuare chi manca all’appello, chi potrebbe trovarsi tra le macerie. Va avanti alcuni giorni, a volte anche una o due settimane. L’obiettivo quindi è quello di salvare il maggior numero possibile di vite umane. Nei primi giorni i dati dei dispersi, dei feriti e dei morti sono sempre provvisori, in continua evoluzione. Oltretutto le scosse continuano e generalmente si tratta di scosse di assestamento, di minore forza rispetto alla scossa principale. Però questo terremoto è in parte anomalo sotto questo aspetto, infatti anche le scosse dei giorni successivi al 6 aprile sono state abbastanza forti (tra 4 e 6 gradi Richter): hanno causato ulteriori crolli e qualche altro morto, anche fra i soccorritori. L’energia accumulata nel sottosuolo lungo le microfaglie appenniniche continua a scaricarsi e le scosse si spostano rispetto all’epicentro della scossa principale. Queste scosse cosiddette "di assestamento", invece di calare sfiorano l’intensità della scossa principale. Perciò è più corretto definirle "repliche". Sono state molte centinaia, lungo tutta la catena appenninica abruzzese. Tutti gli eventi sono seguiti 24 ore su 24 dal centro nazionale terremoti di Roma, istituito dopo gli errori organizzativi e i ritardi del terremoto dell’Irpinia nel 1980. Progressivamente si sono aggiunte anche le nuove tecnologie con software che elaborano velocemente le informazioni raccolte dai sismografi. I dati dalle varie regioni arrivano attraverso i canali satellitari, internet, intranet, telefono, vengono organizzati nella sede romana e trasferiti in altre regioni, per ridondanza, per scongiurare danni da eventuali blackout. Le prime elaborazioni sono: la localizzazione rapida del terremoto, la stima della magnitudo, una prima stima dei possibili danni sul territorio. Tutto questo, con le nuove tecnologie, è possibile pochissimi minuti dopo l’evento sismico. Anche oggi, nell’area interessata dai danni alle persone e alle cose, tensione e paura sono sempre ai massimi livelli. Si parla di circa 30.000 sfollati, senza casa. Di tanto in tanto, quando le condizioni lo permettono, alcuni vengono accompagnati a quel che resta delle abitazioni per recuperare qualcosa: abiti, documenti, denaro. Oppure si cerca di governare o trasferire le bestie: mucche, cavalli, pecore. Ci si informa ancora sulla situazione dei parenti, dei conoscenti degli altri paesi colpiti. Oggi è giornata di lutto nazionale: in queste ore, mentre scrivo, c’è il funerale di Stato per i circa 270 morti accertati. Ma anche questo dato, e soprattutto quello di coloro che non potranno rientrare nelle loro abitazioni cambia di giorno in giorno. Ci saranno maggiori certezze solo dopo una verifica tecnica sugli edifici di tutte le zone colpite dal sisma. Sono state allestite numerose tendopoli, sia a l’Aquila sia nelle zone circostanti. Molte persone sono state trasferite negli alberghi sulla costa adriatica. I più però preferiscono rimanere vicino alle loro case, ai loro affetti, alla loro terra-madre anche se per tanti ormai è matrigna, vicino alle loro attività, nelle tende o nelle automobili. Come in tutti i sismi il rischio sciacallaggio è sempre elevato, ma le forze dell’ordine vigilano. Un terremoto che capita in piena notte, quando tutti dormono determina più vittime: al buio non sempre si ha il tempo di lasciare il letto e uscire all’aperto o ripararsi sotto una struttura portante dell’edificio. Nonostante i commenti benevoli dei mass media sull’efficienza  dei soccorsi, non mancano le lamentele degli abitanti dei piccoli centri nei dintorni del capoluogo di regione, che hanno visto i primi soccorritori molto tempo dopo la scossa principale, senza riuscire ad intervenire efficacemente per aiutare quelli rimasti sotto le macerie. Onna, una frazione dell’Aquila di circa 350 abitanti, è il simbolo di questo sisma. Qui è stato registrato l’epicentro. Qui le vittime, in % rispetto al numero di abitanti sono le più numerose: circa 40, l’11,4%. Il paesino è crollato quasi totalmente e essendo morti numerosi abitanti è difficile anche fare una lista dei dispersi. Senza considerare che in alcuni centri risiedevano persone non registrate, clandestini, a cui è difficile dare un nome e che è difficile inserire in una mappa dei dispersi o dei salvati. La testimonianza di alcuni giornalisti dimostra che anche la Protezione Civile intervenuta da diverse regioni ha organizzazioni e velocità diverse: alcuni campi sono stati allestiti in tempi brevi e sono perfettamente organizzati, altri meno, purtroppo. Le lamentele maggiori degli abitanti sull’organizzazione, oltre ai tempi di intervento, hanno riguardato il freddo della notte passata sotto le tende. Evidentemente nella fretta di intervenire, nell’emergenza, non è stato considerato abbastanza il clima dell’Appennino abruzzese. In altri casi mancano i bagni chimici e senza bagni il disagio non può che aumentare, per tutti, anche per gli stessi soccorritori. Secondo altri i bagni ci sono, sono sufficienti ma nei primi giorni non sono stati ancora distribuiti fra le diverse zone colpite.

Ma quali sono le fasi di intervento per una catastrofe da terremoto?

  • Una prima ricognizione e raccolta di dati dagli strumenti e dalle comunicazioni provenienti dalle zone colpite, anche attraverso i radioamatori per calcolare l’entità dei danni.
  • Il piano di emergenza del Centro di coordinamento nazionale che chiede alla Protezione Civile, a istituzioni locali e ad associazioni di volontariato la disponibilità di uomini e mezzi.
  • Le Regioni contribuiscono in modo diverso, secondo le disponibilità e la distanza dalla zona in cui intervenire, fornendo colonne mobili costituite da un insieme di risorse: camion, tende, cucine da campo, bagni, coperte, autobotti per l’acqua potabile, generatori di corrente, stufe per il riscaldamento, materiali sanitari, postazioni mediche, medicinali, materiali vari per i bambini, ambulanze, ospedali da campo. Colonne di viveri, anche per i soccorritori, gru e ruspe che intervengono quando c’è la certezza che sotto le macerie non ci sono più persone da salvare.
  • Il coordinamento degli interventi è affidato alla Protezione Civile, col suo centro nazionale e le sedi regionali. Dovrà organizzare il cambio delle squadre impegnate nel soccorso per avere sempre la massima efficienza.

Naturalmente tutto deve essere già predisposto e rodato in precedenza. Per essere sempre pronti sono necessarie esercitazioni nel corso dell’anno, per le diverse tipologie di intervento perché l’Italia non è solo a rischio sismico: eventi vulcanici e soprattutto alluvioni e frane sono frequenti.  In genere bisogna evitare gli interventi spontanei di persone, non organizzate, provenienti da luoghi lontani dall’area del disastro. Il rischio molto concreto è quello di arrivare con le migliori intenzioni ma, di fatto senza autonomia logistica ed organizzativa, senza strumenti adeguati, più che soccorritori si diventa ospiti, aumentando le problematiche già presenti sul territorio.

Gli esperti dell’INGV, che già seguivano le scosse "premonitrici", (che premonitrici non sono state considerate perché non è stato messo in atto alcun intervento) a partire dal 6 aprile, hanno installato gli strumenti di rilevazione lungo la faglia tettonica che ha scatenato il sisma. Decine di strumenti per seguire l’andamento delle altre fasi del terremoto nei minimi dettagli.

Nei giorni che hanno preceduto il sisma, un tecnico che lavora al Centro Ricerche del Gran Sasso, Gianpaolo Giuliani, aveva dato l’allarme, allertando il Sindaco de L’Aquila e la Protezione Civile, senza però fornire dati convincenti. Anzi, è stato denunciato dalla Protezione Civile per "procurato allarme". Intanto il sisma c’è stato. Ha solo indovinato? Sarà arduo anche per il giudice decidere sul "procurato allarme".  Come me, tanti vogliono saperne di più. Le sue previsioni si basavano sull’analisi della quantità di radon sprigionato dal sottosuolo della zona interessata poi dal terremoto. Nel mondo ci sono molti studi su questo gas: è considerato da molti un precursore dei terremoti, specie quando i fenomeni sono particolarmente forti. Ad esempio in Islanda, dove i fenomeni sismici e vulcanici sono all’ordine del giorno (ricordiamo che quest’isola si trova sulla dorsale Medio-Atlantica), spesso in forme violente e spettacolari, il radon è uno dei parametri di riferimento per monitorare le aree sismiche. Nelle ore precedenti i grandi sismi, in Giappone, Cina, India Taiwan, California, Italia (San Giuliano, 2002), sono state sempre rilevate forti concentrazioni di radon provenire dal sottosuolo. Ma come e quando il radon possa essere considerato un mezzo di previsione attendibile è tutto da dimostrare dettagliatamente. Se qualcuno ha dati scientifici in questo senso, andrebbero condivisi con gli altri ricercatori. Senza timore di "perdere" la scoperta. Uno dei pilastri del metodo scientifico ideato da Galilei è proprio la ripetibilità dell’esperimento. Se un test non può essere rifatto, i risultati ottenuti potrebbero essere stati soltanto un caso, in altre parole valgono nulla! Tutti speriamo invece che i terremoti catastrofici si possano effettivamente prevedere. Ma cos’è questo radon?

Il radon è un gas nobile, VIII gruppo del Sistema Periodico, chimicamente non reattivo, ha peso atomico 222, numero atomico 86, simbolo Rn. Per il peso elevato (tanto per fare un confronto, il piombo ha peso atomico 207!) tende a rimanere all’interno delle rocce in cui si trova. Si sprigiona soltanto se queste sono sottoposte a rotture. Il radon è radioattivo, prodotto dall’uranio attraverso il decadimento del radio 226. Al contrario del radio 226 però, che impiega 1000 anni per dimezzarsi, il radon ha un rapido decadimento: si dimezza in soli 3,28 giorni. Il rilevamento del gas quindi deve avvenire poco dopo la sua fuoriuscita dalle rocce, nelle acque termali o in altri gas che fuoriescono dal suolo, come la CO2. Il radon tuttavia si trova solo nelle rocce che contengono uranio, pertanto la non fuoriuscita di radon non indica necessariamente che non sia in arrivo una scossa tellurica, anche forte: potrebbe semplicemente essere assente in quella tipologia di rocce. E’ vero però che esistono anche altri segnali che possono essere considerati premonitori, ad esempio le scosse premonitrici o il calo del livello dell’acqua nei pozzi. Però, secondo la letteratura scientifica, un susseguirsi di numerose scosse non forti, dovrebbe liberare lentamente l’energia accumulata nel sottosuolo e scongiurare le scosse forti. Quindi siamo in un ramo della scienza dove le certezze non sono molte. Più che di prevedibilità, secondo la maggioranza degli studiosi, si può parlare di probabilità di un evento sismico di grandi proporzioni in una regione a rischio sismico. Un altro dato su questo sisma conferma alcune attese dei geofisici: il terremoto dell’Abruzzo è arrivato in un momento di "bassa o minima marea terrestre" [notizia del TG Leonardo dell’8-04-09]. Infatti l’attrazione gravitazionale del sistema Terra-Luna, influisce sulle maree delle acque (mari e oceani) ma anche sulle maree solide (della terraferma), molto meno o per nulla evidenti alle nostre osservazioni e agli strumenti ma non per questo meno sollecitate dal campo gravitazionale del nostro pianeta e del suo satellite. Quando la Luna è  a 90° su un punto della superficie terrestre, rispetto al baricentro Terra-Luna individuato a circa 1700 km sotto la superficie terrestre, siamo al minimo di marea solida. Naturalmente questo non permette di generalizzare: non tutti i luoghi sismici in situazione di minimo di marea terrestre avranno un terremoti, però quasi tutti i terremoti si verificano quando c’è anche questa condizione. Possiamo dire che la situazione gravitazionale di abbassamento o compressione, "favorisce" l’innesco dell’evento sismico, le cui onde sono generate da fratture all’interno della crosta terrestre, a varie profondità.

Intanto a 4 giorni dal sisma iniziano le polemiche: il cemento scadente delle nuove costruzioni (anche dell’ospedale) crollate, ricostruire negli stessi luoghi o nelle vicinanze? Altre sicuramente ce ne saranno per la gestione dei fondi della ricostruzione. I "furbetti", i disonesti e i delinquenti sono sempre in prima linea quando sentono l’odore dei soldi. E queste categorie di persone hanno un olfatto finissimo, come quello dei cani. Senza alcuna offesa per gli amici cani. L’Aquila avrà bisogno di solidarietà ma tornerà ad essere regina dell’Appennino, è più di una speranza.

 

Link:

Carta sismica dell’Italia:

http://zonesismiche.mi.ingv.it/mappa_ps_apr04/italia.html 

mappa degli ultimi terremoti in Italia:

http://cnt.rm.ingv.it/~earthquake/index_web_cnt.php

terremoti recenti (cartina):

http://www.ingv.it/real-time-monitoring/terremoti%20recenti

video sul terremoto dell’Irpinia del 1980:

http://www.youtube.com/watch?v=jyRPiIl9V8I

video sul terremoto in Abruzzo, aprile 2009:

http://lukalove.myblog.it/tag/terremoto%20video%202009

per segnalazione un terremoto:

http://www.haisentitoilterremoto.it/

3 pensieri riguardo “Il terremoto del 6 aprile in Abruzzo”

  1. Ho visto la scheda per segnalare un terremoto. Può compilarla chiunque? Anche se non è completa di tutti i dati?

    Certo. Gli strumenti a disposizione dell’INGV permettono di registrare anche i moltissimi terremoti non avvertiti dalla popolazione, però non dicono nulla degli effetti sulle cose e sulla popolazione. Perciò tutte le segnalazioni che arrivano dalla popolazione delle zone colpite sono preziose. (De Fusco)

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